L’esercito ucraino sfonda le linee a nord: i russi si ritirano da Kupjansk e Izyum

 

 

(aggiornato alle ore 23.55)

Con un’operazione condotta inizialmente per lo più da forze leggere appoggiate da un robusto supporto d’artiglieria semovente, l’Esercito ucraino ha attaccato a sorpresa le linee russe sul fronte settentrionale nel settore compreso tra le postazioni di fronte a Kharkov e la grande base logistica di Izyum su cui confluiscono dal territorio russo i rifornimenti che consentono di alimentare lo sforzo bellico nel settore settentrionale del fronte del Donbass

L’offensiva avviata il 7 settembre con tre brigate altamente mobili e in parte equipaggiate con veicoli blindati antimina MRAP di fornitura occidentale ha colto di sorpresa i comandi russi e le deboli guarigioni composte per lo più da uomini della Rosvguardia (Guardia Nazionale russa) lasciate a presidiare un fronte ritenuto tranquillo.

Già l’8 settembre Oleksiy Gromov, vice capo del dipartimento operativo dello Stato maggiore delle forze armate ucraine, aveva riferito che in quel settore oltre 20 insediamenti erano stati strappati ai russi e che le forze ucraine si erano incuneate nell’area in mano al nemico per una profondità fino a 50 chilometri” liberando un’estensione di territorio di circa 700 chilometri quadrati.

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Il 9 settembre, mentre i russi cominciavano ad affluire rinforzi per tappare la falla che si sta allargando e impiegano artiglieria e soprattutto aerei ed elicotteri d’attacco per frenare l’avanzata ucraina, la penetrazione ucraina aveva raggiunto i 100 chilometri di profondità raggiungendo il fiume Oskil e venivano conquistate Balaklija (50 chilometri a nord di Izyum, dove i combattimenti si sono protratti fino alle prime ore del 10 settembre) e Shevhenskove raggiungendo le porte di Kupjansk e tagliando così le più importanti linee di comunicazione stradali e ferroviarie tra quest’ultima cittadina e Izyum, a sua volta potenzialmente minacciata da progressi in direzione sud del saliente creato dall’offensiva ucraina.

L’arrivo di unità meccanizzate ucraine, molto più adatte delle forze leggere impiegate nella prima fase dell’offensiva a combattere in ambiente urbano e contro linee difensive fortificate, indicavano la determinazione a conquistare Kupjansk e forse anche Izyum costringendo i russi ad arretrare sensibilmente le loro posizioni e a rinunciare alle operazioni nel settore settentrionale del Donbass che hanno portato le forze di Mosca alle porte di Slovyansk.

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Fonti ucraine hanno riferito che i russi hanno avviato il 9 settembre le operazioni evacuazione dei civili da Kupjansk e Izyum, rivendicato l’uccisione di mille militari di Mosca tra l’8 e il 9 settembre e la conquista in quel settore di un’area di 2.500 chilometri quadrati (per rendere l’idea circa il doppio dell’estensione del Comune di Roma), più che doppia rispetto ai mille chilometri quadrati liberati annunciati dal presidente Zelensky la sera dell’8 settembre.

 

Ultimi sviluppi

Ma l’estensione dei territori ritornati sotto il controllo ucraino si sta ampliando ulteriormente. Mentre scriviamo queste note Kiev ha annunciato di aver riconquistato Kupjansk, citta di circa 30 mila abitanti caduta in mani russe a fine febbraio, notizia confermata anche da canali Telegram russi che seguono da vicino le operazioni sul terreno.

La sua caduta rede difficilmente difendibile Izyum che infatti secondo fonti ucraine sarebbe stata evacuata dai russi nella tarda mattinata di oggi.

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Nel comunicato pomeridiano di oggi il ministero della Difesa russo ha reso noto che le truppe russe si stanno “raggruppando” da Balaklija e Izjum verso il territorio di Donetsk. “A tal fine, entro tre giorni è stata condotta un’operazione per ridurre e organizzare il trasferimento del gruppo di truppe Izjum-Balaklija nel territorio della Repubblica popolare di Donetsk”, ha affermato il ministero secondo cui “più di duemila combattenti ucraini e stranieri, oltre a oltre 100 veicoli corazzati e unità di artiglieria, sono stati distrutti”.

La rapida ritirata russa appare quindi motivata in realtà dalla necessità di evitare l’accerchiamento delle forze concentrate intorno a Izyum: con i militari stanno muovendosi anche migliaia di civili diretti verso il confine russo prima dell’arrivo delle truppe ucraine. “Raccomando ancora una volta a tutti i residenti della regione di Kharkiv di lasciare l’area per proteggere la propria vita e la propria salute”, ha dichiarato oggi il capo dell’amministrazione militare nominata dalla Russia nella regione di Kharkov, Vitaly Gantshev, citato dalla TASS.

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Gli ucraini annunciano avanzate anche sul fronte meridionale dove, nel settore di Kherson, i russi avevano finora contenuto l’offensiva ucraina oltre il fiume Inhulets provocando forti perdite al nemico (10 mila morti e feriti in poco più di una settimana di scontri secondo Mosca) e dove erano affluiti (secondo fonti militari ucraine) 1.300 militari ceceni, già protagonisti di importanti vittorie russe nel Donbass e probabilmente inviati sul fronte meridionale per frenare la controffensiva delle truppe di Kiev.

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Gli sviluppi delle prossime ore indicheranno la possibile evoluzione delle operazioni in questo settore. La mappa dell’ISW di ieri sera, (ormai già vecchia rispetto agli eventi) mostrava chiaramente che se Kiev fosse riuscita a far affluire nelle aree recentemente occupate un numero sufficiente di forze pesanti e dotate di una sufficiente copertura aerea e di difesa terra-aria avrebbe potuto prendere o circondare Izyum, specie se un attacco simultaneo fosse stato  condotto anche dal Donbass.

Al tempo stesso l’avanzata ucraina in profondità offriva potenzialmente ai russi l’opportunità di far affluire rinforzi sufficienti a fronteggiare l’asse di penetrazione del nemico concentrando truppe pesanti a est di Kupyansk e Izyum per tentare di accerchiare le forze ucraine, stimate in 4 brigate, impegnate nelle operazioni.

Gli sviluppi di queste ore con la caduta di Kupjansk e il ritiro da Izyum sembrerebbero piuttosto indicare la volontà di Mosca di arretrare le sue linee di difesa perdendo di conseguenza anche la possibilità di minacciare da nord i centri nodali della difesa ucraina nella provincia di Donetsk incentrati intorno a Slovyansk e Kramatorsk.

 

Valutazioni

Mosca fino ad oggi non ha ammesso la sconfitta nel settore di Izyum né evidenziato le conquiste territoriali nemiche: ieri ha pubblicato un video che mostra l’afflusso di inforzi mentre il bollettino del ministero della Difesa di Mosca del pomeriggio non offriva spunti di rilievo sulla situazione operativa limitandosi a riportare le perdite inflitte al nemico anche nel settore Kharkov dove i russi rivendicavano di aver distrutto alcuni obiettivi ed equipaggiamenti incluso un lanciarazzi campale HIMARS.

Neppure il bollettino di oggi sembrava approfondire la difficile situazione determinatasi nel settore di Izyum e Kupjansk, confermata solo nel tardo pomeriggio da un comunicato del ministero sul canale Telegram del ministero in cui viene reso noto il ritiro delle truppe schierate a Balakleya e Izyum. I soldati, spiega la nota, verranno ridispiegati come rinforzi nel Donbass. Il comunicato spiega che il ridispiegamento ha lo scopo di “raggiungere gli obiettivi prestabiliti dell’operazione militare speciale” e che durante lo spostamento “il nemico è stato attaccato con una potenza di fuoco che ha visto coinvolte aviazione, truppe missilistiche e artiglieria per impedire qualsiasi danno alle truppe russe.

Oltre 2 mila ucraini e miliziani stranieri, così come oltre 100 unità di equipaggiamento corazzato e artiglieria sono state eliminate nelle ultime 72 ore” conclude la nota che elogia i reparti di artiglieria che “hanno dimostrato coraggio in una intensa battaglia con unità ucraine”.

Il ministero della Difesa risso, che sembra quindi voler indicare che la ritirata è stata ordinata e composta,  poco prima aveva riferito di una ridislocazione delle truppe da Balakliya e Izyum “per accrescere gli sforzi in direzione di Donetsk”.

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Se le fonti ufficiali di Mosca puntano a mantenere un basso profilo sulla precaria situazione militare, sui canali social russi e delle repubbliche di Donetsk e Luhansk, non sono mancate notizie, approfondimenti e critiche esplicite rivolte ai comandanti e alla gestione delle operazioni in Ucraina dove si lamenta una costante carenza di truppe che limita o rallenta i successi nelle offensive e lascia settori scoperti alla mercé dell’iniziativa di un nemica le cui capacità risultano decisamente irrobustite, specie alla luce del crescente supporto dei paesi della NATO.

Il problema del resto esiste fin dall’avvio della “operazione speciale” russa in Ucraina, oltre sei mesi or sono ma è apparso in tutta la sua gravità in queste settimane in cui gli ucraini sono passati all’offensiva prima nella regione di Kherson e poi in quella di Izyum/Kharkov, da dove forze russe erano state trasferite d’urgenza verso il fronte meridionale sguarnendo le difese.

Non si può escludere che la ampiamente preannunciata controffensiva ucraina a sud fosse in realtà un grande diversivo per assorbire forze russe da altri settori, al tempo stesso è evidente che il supporto anglo-americano e più in generale di paesi NATO alle operazioni nel settore di Izyum è stato più rilevante.

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Non solo sotto il profilo degli armamenti (lanciarazzi campali HIMARS, obici M777 e munizioni circuitanti statunitensi, semoventi Krab polacchi….) e delle informazioni fornite dalle piattaforme ISR (Intelligence, Sorveglianza e Ricognizione) che hanno permesso di individuare i punti deboli e meno presidiati delle linee russe ma anche nell’organizzazione di brigate leggere altamente mobili con veicoli MRAP per condurre operazioni di penetrazione in profondità in territori nemici scarsamente presidiati.

La vittoria militare consolida il presidente Volodymyr Zelensky nel momento in cui le forti perdite subite sui fronti del Donbass e nella testa di ponte oltre il fiume Inhulets nel Sud sembravano mettere a dura prova la sua linea politica e strategica incentrata sulla riconquista completa dei territori perduti.

Inoltre Zelensky ha potuto presentare i risultati della vittoriosa controffensiva al segretario di Stato statunitense Anthony Blinken e al primo ministro polacco Mateusz Morawiecki, forse non a caso in visita a Kiev proprio ieri e oggi.

 

Conseguenze

Nelle prossime ore sarà possibile prendere in considerazione l’entità completa della sconfitta russa e l’impatto che avrà sulle operazioni in Donbass, sul fronte di Kharkov ma anche sul Fronte Meridionale, specie se cedessero le linee di difesa russe che proteggono la regione e la città di Kherson, anticamera della Crimea.

Kiev potrebbe essere tentata dallo sfruttare il successo conseguito buttando nella battaglia, sui diversi fronti incluso il Donbass, tutte le truppe disponibili per riconquistare più terreno possibile ma su questo tema molto dipenderà anche dalle valutazioni degli anglo-americani che supportano i comandi ucraini.

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Il ritiro da Izyum e la caduta di Kupjansk, probabilmente senza una significativa resistenza, potrebbero indicare la volontà di Mosca di arretrare le posizioni per accorciare le linee in attesa di nuovi rinforzi.

Le informazioni diffuse in serata circa la presenza di avanguardie ucraine  alla periferia di Lisichansk, cittadina della regione di Luhansk, conquistata dai russi ai primi di luglio, indurrebbe a ritenere che le nuove linee russe corrano lungo il fiume Seversky Donetsk (che le truppe di Mosca avevano faticosamente attraversato nei mesi scorsi) o ancora più a est mentre gli ucraini confermano aspri combattimenti contro le forze di Mosca  alla periferia di Lyman, nella regione di Donetsk a sud-est di Izyum.

Il governatore ucraino della regione di Lugansk, Serhiy Haidai, ha detto che i residente alla periferia della cittadina hanno visto arrivare i militari ucraini che avrebbero preso il controllo anche di Kreminna, a nord di Severodonetsk.

La sconfitta potrebbe determinare pesanti conseguenze a Mosca con la rimozione di vertici politici e militari ma soprattutto potrebbe imporre cambiamenti rilevanti nel modo con cui la Russia affronta questa guerra, combattuta finora con forze palesemente insufficienti compensando con l’intenso impiego di corazzati, artiglieria e aeronautica la cronica carenza di truppe.

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La priorità di ridurre al minimo indispensabile perdite e numero di truppe impegnate si è rivelata un limite fin dall’inizio del conflitto pur tenendo in considerazione che probabilmente a Mosca sembrano aver valutato che il tempo giocasse a loro favore, indebolendo gli ucraini e almeno la parte europea degli sponsor di Kiev, alle prese con una gravissima crisi energetica ed economica.

Se il Cremlino ha finora puntato a condurre l’“operazione speciale” limitandone il più possibile l’impatto sulla popolazione e l’economia russa, dopo la sconfitta di queste ore potrebbero crearsi le condizioni per almeno due sviluppi: da un lato il crollo della fiducia dell’opinione pubblica e dell’establishment russi nella dirigenza politica e militare, dall’altro determinare un forte richiamo patriottico alla riscossa nazionale.

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Un contesto che potrebbe favorire l’invio di truppe fresche da altre regioni della Federazione, una maggiore mobilitazione di riservisti e arruolamenti allargati non più su base volontaria fino a giungere alla mobilitazione parziale o addirittura generale che renderebbe però impossibile non definire “guerra” l’operazione in corso in Ucraina.

Un contesto che potrebbe venire favorito dal sempre più evidente e concreto supporto offerto a Kiev da USA, Gran Bretagna, Polonia e altre nazioni NATO non solo in termini di forniture di armi ed equipaggiamenti ma anche di intelligence e presenza sul terreno di consiglieri militari. Un’escalation dell’impegno occidentale che Mosca aveva in più occasioni stigmatizzato fino ad annunciare la scorsa settimana che gli Stati Uniti erano a un passo dal coinvolgimento diretto nel conflitto.

Tale coinvolgimento, unito alle sanzioni imposte dall’Occidente, potrebbero costituire in Russia il collante ideale, anche in termini mediatici e propagandistici, per innalzare necessariamente il livello di mobilitazione contro un nemico che a questo punto non può più essere solamente il governo di Kiev ma l’intero Occidente.

Con tutte le preoccupanti conseguenze del caso.

@GianandreaGaian

Foto: Ministero della Difesa Ucraino, Ministero della Difesa Russo e Institute for the Study of the War

 

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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