La “svolta” di Zelensky: cambiare i vertici ucraini per restare in sella

 

Dopo tante voci, smentite dal ministero della Difesa e dai consiglieri presidenziali, circa la volontà di rimuovere in tempi brevi il capo di stato maggiore delle forze armate, generale Valery Zaluzhny, la “svolta” del presidente ucraino è emersa pubblicamente nell’intervista al direttore del TG 1 RAI Gianmarco Chiocci andata in onda la sera del 4 febbraio.

Un’intervista in cui Zelensky non ha risposto direttamente a una specifica domanda sulla rimozione di Zaluzhny ma ha ammesso di valutare un ampio rinnovamento dei vertici dello stato riconoscendo, per la prima volta, l’insuccesso della controffensiva sviluppatasi tra giugno e novembre dello scorso anno e persino che oggi la guerra è in una fase “di stallo”.

Ammissione singolare considerato che quando lo stesso termine venne utilizzato da Zaluizhny in un’intervista a The Economist, poche settimane or sono, l’ira del presidente obbligò il generale a ritrattare tutto mostrando cieca fiducia nella vittoria e nella riconquista dei territori perduti.

“E’ una questione che riguarda le persone che devono guidare l’Ucraina, sicuramente un reset, un nuovo inizio è necessario, ho in mente qualcosa di serio, che non riguarda una singola persona ma la direzione della leadership del paese”, ha affermato il presidente nell’intervista a Chiocci.

I primi segnali di questo reset sembrano essere già definiti e potrebbero non riguardare solo i vertici militari. Dopo le indiscrezioni circolate nei giorni scorsi circa il rifiuto di Zaluzhny di lasciare l’incarico per assumere il ruolo di consigliere di Zelensky, ieri il deputato della Verkhovna Rada, Evgeny Shevchenko, ha affermato che Zaluzhny ha accettato di venire pensionato (a 50 anni) e di assumere l’incarico di ambasciatore nel Regno Unito.

“Secondo le mie fonti, Zaluzhny ha accettato di diventare ambasciatore in Gran Bretagna, è molto probabile che ci vada, e sappiamo che coloro che lasciano il Paese come ambasciatori diventano pensionati dal punto di vista politico”, ha affermato Shevchenko in una intervista su Youtube con Vadim Karasev, direttore dell’Istituto ucraino per le strategie globali. Nessuno dei personaggi partiti per fare gli ambasciatori all’estero “è mai tornato alle sue posizioni precedenti, questa è una tradizione ucraina, e mi dispiace deludere i fan di Zaluzhny”, ha proseguito il deputato sottolineando che se Zaluzhny rimanesse in Ucraina e cominciasse a costruire una carriera politica avrebbe prospettive buone, molto buone”.

L’ipotesi di un incarico da ambasciatore a Londra per il generale non è confermata nel momento in cui scriviamo, ma sarebbe in linea con altre rimozioni effettuate in precedenza in ambito Difesa come quella del ministro Oleksji Reznikov, rimosso nel settembre scorso insieme a diversi vice ministri e dirigenti del ministero della Difesa dopo essere stato coinvolto in diversi casi di corruzione ma che non è mai stato processato né gli sono stati confiscati i cospicui beni che gli consentono a quanto sembra di vivere in Gran Bretagna dove pare possieda diversi immobili.

Secondo diverse indiscrezioni anche Zaluzhny avrebbe accumulato ingenti risorse economiche all’estero e il suo eventuale trasferimento a Londra consentirà a Zelensky di liberarsi di un pericoloso rivale, considerata la grande popolarità di cui gode il generale (maggiore di quella di Zelensky mentre un recente sondaggio ha evidenziato che oltre il 70% degli ucraini non gradirebbe il siluramento del comandante) e le voci di una sua possibile candidatura alle elezioni presidenziali poi cancellate dallo stesso Zelensky.

Con Zaluzhny verrebbero rimossi tutti i vertici militari a lui vicini: una “pulizia” iniziata già da tempo ma che sembrerebbe ora colpire il tenente generale Serhii Shaptala (nella foto a lato), capo dello staff di Zaluzhny secondo quanto riportava ieri la Ukrayinska Pravda. Secondo il giornale online ucraino, che cita fonti militari e governative, Shaptala e Zaluzhny verranno rimossi dai rispettivi incarichi “a metà di questa settimana”.

La mattina del 5 febbraio Zaluzhny ha postato una foto su Facebook per fare gli auguri di compleanno a Shaptala. “Sarà ancora molto difficile per noi, ma sicuramente non ci vergogneremo mai. Felice che in questa vita e durante la guerra ci fossi tu accanto a me, uomo per cui l’Ucraina è veramente al di sopra di tutto. Buon compleanno, amico! Noi crediamo nel meglio. Ce lo siamo già meritato”.

Sempre ieri il ministro per gli Affari dei Veterani dell’Ucraina, Yulia Laputina, ha presentato le sue dimissioni dall’incarico senza spiegarne le ragioni che potrebbero secondo alcune indiscrezioni risultare legate ad alcune inchieste legate a malversazioni nell’utilizzo dei fondi per i reduci di guerra. La Laputina aveva il grado di maggiore generale dei servizi di sicurezza interna (SBU) ed è possibile che abbia preferito dimettersi prima dell’annuncio della sua rimozione, come del resto aveva fatto anche il ministro Reznikov.

Il rinnovamento imposto da Zelensky potrebbe avere l’obiettivo di utilizzare le figure rimosse come capri espiatori cui attribuire la responsabilità delle sconfitte di Bakhmut e Marynka, il sanguinoso fallimento della controffensiva e le attuali difficoltà militari lungo tutto il fronte e in particolare ad Avdiivka, la città del Donbass forse più fortificata in assoluto dalle truppe ucraine e in cui le forze russe sono penetrate in forze negli ultimi giorni dopo averla quasi circondata.

Un’ipotesi che spiegherebbe perché oggi Zelensky ammetta sconfitte, fallimenti e lo “stallo” nelle operazioni che fino a ieri negava redarguendo chiunque osasse parlarne.

L’operazione di maquillage del presidente potrebbe avere il supporto di Washington (ma forse non quello di Londra) non solo perché è difficile attribuire una così ampia autonomia decisionale al leader di una nazione che dipende in tutto e per tutto dal supporti militare e finanziario di USA ed Europa ma anche perché le rimozioni sembrano concretizzarsi subito dopo la visita a Kiev di Victoria Nuland.

Il sottosegretario statunitense che ha gestito per le amministrazioni Obama e poi Biden tutti gli sviluppi decisivi per l’Ucraina, dalla rivoluzione/golpe del Maidan (memorabile all’epoca la sua espressione “L’Unione Europea si fotta!”) all’audizione al Congresso in cui nel 2016 ammise che gli USA controllavano direttamente il governo ucraino con propri consiglieri nei ministeri di Kiev  fino alle fasi cruciali dell’attuale conflitto.

Di certo l’iniziativa di Zelensky si presta a molti rischi e potrebbe forse rivelarsi azzardata poiché la rimozione di Zaluzhny e del suo staff rischiano di demoralizzare ulteriormente le già provate forze armate ucraine che soffrono crescenti carenze di truppe, mezzi, armi e munizioni e stanno gradualmente arretrando su quasi tutti i fronti sotto la costante e metodica progressione delle forze russe.

Ino0ltre sostituire Zaluzhny potrebbe non essere agevole considerato che secondo media anglo-sassoni avrebbero già rifiutato l’offerta sia il capo di stato maggiore dell’esercito in carica dal 2019, generale Aleksandr Sirksy (58 anni) sia il capo dei servizi di intelligence militare Kirillo Budanov (38 anni).

L’opinione pubblica ucraina, che lo stesso Zelensky riconosce ormai stanca della guerra, potrebbe far crollare ulteriormente il già indebolito consenso nei confronti del presidente specie dopo che, sempre ieri, Zelensky ha proposto al Parlamento di estendere la legge marziale e la mobilitazione generale in Ucraina, fino a maggio. Provvedimento necessario in guerra ma che cozza con le gravi difficoltà che Kiev incontra nel reclutare altri militari dopo le carneficine dei mesi scorsi.

Critiche al “rimpasto” e alla rimozione del vertice militare giungono anche dal mondo politico ucraino. Il sindaco di Kiev, Vitali Klitschko, si è schierato ieri contro la destituzione di Zaluzhny, dichiarando su Telegram che “è stato in gran parte grazie a Zaluzhny che gli ucraini hanno creduto nelle Forze Armate, nelle quali oggi c’è massima fiducia. Oggi l’Ucraina combatte per la sua sopravvivenza, la cosa principale è la capacità di combattimento, la coerenza dell’esercito e l’unità della società. E’ questo il fine dei cambiamenti di cui si parla? La società non ne è sicura. Basta intrighi politici e lotte interne”.

@GianandreaGaian

Foto: Ministero Difesa ucraino

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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