Zelensky vs Zaluzhny: duello tra primedonne mentre l’Ucraina va a fondo

 

Dopo molti mesi di tensioni e sgarbi reciproci il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si appresterebbe a rimuovere dall’incarico il capo di stato maggiore delle Forze armate ucraine, generale Valery Zaluzhny, 50 anni, in carica dal marzo 2022, cioè da subito dopo l’inizio dell’attacco russo.

Dopo i tanti “rumors” filtrati in proposito dall’Ucraina negli ultimi mesi, il Financial Times ha sentito sulla vicenda quattro fonti “ben informate” che nonostante la smentita del ministero della Difesa di Kiev sostengono che il presidente abbia offerto al generale un incarico come suo consigliere.

Un escamotage utile a Zelensky per togliere di mezzo un ufficiale molto popolare tra la popolazione e i militari (che sarebbe stato con ogni probabilità candidato favorito alle elezioni presidenziali di quest’anno se Zelensky non le avesse annullate adducendo come motivazione lo stato di guerra) ma al tempo stesso tenendolo nel suo staff per non dare l’impressione di avere un atteggiamento ostile nei suoi confronti. Elemento che rischierebbe di compromettere la residua popolarità del presidente.  Un sondaggio del dicembre scorso rivelò che l’88% degli ucraini ha fiducia in Zaluzhny rispetto al 62% conquistato da Zelensky.

Zaluzhny, sempre secondo le fonti del FT, avrebbe rifiutato. Due fonti hanno detto che il presidente ha chiarito al comandante che “indipendentemente dal fatto che avesse accettato il ruolo, sarebbe stato rimosso dalla sua posizione attuale”, scrive il giornale. Le quattro persone a conoscenza della vicenda hanno affermato che la decisione di rimuoverlo è già stata presa ma Zaluzhny ma non è detto che venga attuata immediatamente, specie dopo la fuga di notizie, per non inficiare l’immagine di Zelensky.

Divenuto popolarissimo dopo le controffensive che nel 2022 permisero agli ucraini di riconquistare la regione di Kharkiv e parte di quella di Kherson, Zaluzhny cominciò a perdere i favori del presidente dopo aver contestato la decisione tutta politica di sacrificare le migliori brigate di veterani per l’inutile difesa di Bakhmut, caduta in mano ai militari e ai contractors russi del Gruppo Wagner nel maggio 2023. Le tensioni tra i due si intensificarono sui temi sulla gestione della nota controffensiva ucraina sviluppatasi tra giugno e novembre dello scorso anno e risoltasi in un “flop” pagato a caro prezzo in termini di decine di migliaia di morti e feriti e molti mezzi e armamenti perduti.

I malumori del generale per la gestione politica della controffensiva emersero nettamente in novembre quando Zaluzhny ammise il fallimento della controffensiva affermando che la guerra era arrivata a uno “stallo”, costringendo la presidenza ad ammonirlo poiché Zelensky stava continuando a sostenere ad ogni occasione utile che il contrattacco sarebbe continuato. Zaluzhny ha poi affermato in diverse occasioni che le forze ucraine dovrebbero assumere un assetto difensivo, non essendo più in grado di sostenere azioni d’attacco: fumo negli occhi per Zelensky che continua a teorizzare controffensive che permetteranno di riconquistare tutti i territori perduti (circa il 20 per cento della superficie dell’Ucraina) oltre alla Crimea.

Inoltre i due si sono scambiati reciproche accuse, scaricando sull’altro ogni responsabilità, circa la paternità del programma di reclutamento di un altro mezzo milione di militari, necessari per continuare la guerra ma il cui arruolamento è talmente impopolare che potrà avvenire solo per coercizione (qualora possibile) poiché in tutta l’Ucraina è impossibile trovare un numero considerevole di uomini tra i 18 e i 60 anni che intendano combattere. Senza dimenticare anche le difficoltà di Kiev ad addestrare vestire, equipaggiare, armare e retribuire i militari.

Nonostante siano ai ferri corti, la ragione per cui il generale non è stato ancora rimosso potrebbe anche essere legata alla fiducia nei suoi confronti espressa in Occidente da tutti i principali alleati di Kiev. Secondo il Times, Zelensky aveva già licenziato lunedì Zaluzhny, ma si è trovato costretto a fare marcia indietro sotto “le pressioni degli alti comandanti militari e dei partner internazionali” ma pure perché nessuno degli alti ufficiali a cui si è rivolto per sostituirlo ha accettato l’incarico.

Secondo le fonti del Times avrebbero rifiutato l’offerta sia il capo di stato maggiore dell’esercito in carica dal 2019, generale Aleksandr Sirksy (che guidò la difesa di Kiev all’inizio della guerra e in seguitò la controffensiva nell’area di Kharkiv – nella foto sotto), che il capo dei servizi di intelligence militare Kirillo Budanov, appena 38 anni.

Secondo quanto scrive il Washington Post, Zelensky ha annunciato a Zaluzhny, di volerlo destituire e il decreto presidenziale di rimozione dall’incarico è imminente. Fonti ucraine riferiscono che il presidente avrebbe detto al generale che il popolo è stanco della guerra mentre l’assistenza internazionale si è ridotta sensibilmente e quindi un nuovo comandante potrebbe dare un nuovo slancio alle forze militari e al morale dell’opinione pubblica. I media ucraini hanno riferito, citando fonti vicine al generale, che Zelensky lo avrebbe invitato a dimettersi ma lui avrebbe rifiutato.

L’impressione è quindi che il presidente vedrebbe nel generale il perfetto capro espiatorio su cui scaricare le responsabilità di tutti i fallimenti militari di Kiev di cui Zaluzhny ha fatto capire chiaramente di ritenere responsabile proprio Zelensky.

Del resto Zelensky da mesi cerca di depotenziare il generale colpendo i suoi più stretti collaboratori, alcuni dei quali sono stati cacciati dagli incarichi che ricoprivano e un altro è deceduto per l’esplosione “accidentale” di una bomba a mano mentre si trovava in casa.

A Mosca il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha affermato che “il regime di Kiev ha molti problemi, lì è tutto sbagliato” sottolineando che la “fallita controffensiva ed i problemi al fronte stanno portando ad un aumento delle tensioni interne in Ucraina che aumenteranno man mano che l’operazione militare speciale continuerà con successo”.

In questa intricata vicenda, potrebbe non essere casuale che siano arrivati a Kiev gli ispettori generali del Pentagono, del Dipartimento di Stato e dell’USAID, incaricati di indagare su malversazione e sottrazione di miliardi di dollari di aiuti statunitensi in denaro e armi (oltre 40 mila pezzi di armamento) misteriosamente scomparsi in Ucraina.

Un’indagine che potrebbe consentire alla presidenza di Kiev di accusare Zaluzhny di corruzione o quanto meno di negligenza per toglierlo di mezzo, magari all’estero dove anche il generale come lo stesso Zelensky, molti ministri, alti ufficiali e personalità di spicco possiedono denaro e immobili di pregio.

E’ il caso dell’ex ministro della Difesa Oleksi Reznikov, fedelissimo di Zelensky destituito in seguito a uno scandalo di corruzione che colpì anche tutti i sei viceministri e gran parte del suo staff. Accuse che non hanno impedito a Reznikov né di sfuggire a un procedimento giudiziario né di vivere nel lusso tra il Regno Unito e la Costa Azzurra.

Infine, considerando le disastrose condizioni economiche, la totale dipendenza dagli (ora scarsi) aiuti dell’Occidente persino per pagare stipendi pubblici e pensioni, il tracollo della fiducia di militari e civili nei vertici istituzionali non si può escludere che la sfida Zelensky-Zaluzhny che ha come posta il consenso (e il potere) finisca in realtà per coinvolgere e appassionare poco o nulla l’esausto popolo ucraino.

@GianandreaGaian

Foto Ministero Difesa Ucraino e Presidenza Ucraina

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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