La fregata tedesca Hessen rivela i limiti dell’operazione Ue nel Mar Rosso  

 

Battesimo del fuoco per la fregata tedesca Hessen (classe Sachsen, Type 124) operativa nelle acque del Mar Rosso nell’ambito dell’Operazione Eunavfor Aspides dell’Unione Europea. Il 27 febbraio la fregata ha respinto un attacco condotto da droni lanciati dalle milizie Houthi dallo Yemen anche se non è stato precisato se gli ordigni fossero diretti contro la nave militare o contro una nave mercantile.

E’ la prima volta che una nave tedesca effettua un intervento a fuoco in quest’area dove navi francesi, britanniche e statunitensi hanno già colpito missili e droni Houthi.  La Bundeswehr ha reso noto che la Hessen ha abbattuto due droni in rapida successione: il primo con il cannone OTO 76/62 e il secondo con il sistema missilistico a corto raggio RIM-116 Rolling Airframe Missile (RAM).

I due droni sarebbero stati “riconosciuti dal sistema radar e avevano una portata diversa… ecco perché sono state utilizzate due armi diverse” ha fatto sapere il ministero della Difesa. Non è la prima volta che i droni-suicidi (munizioni circuitanti) degli Houthi riescono ad avvicinarsi pericolosamente alle navi militari tenuto conto che in gennaio un cacciatorpediniere statunitense classe Arleigh Burke ne ha abbattuto uno con il sistema di difesa di punto (CIWS) a canne rotanti Mk15 Phalanx.

I due droni sono stati abbattuti a distanza di 20 minuti l’uno dall’altro, ha detto il portavoce del ministero della Difesa tedesco Michael Stempfle precisando che i droni sono stati identificati in zone diverse dal sistema radar della fregata.

Il Comando Centrale degli Stati Uniti (CENTCOM), in un aggiornamento la sera del 27 febbraio aveva rilevato che aerei statunitensi e una non specificata “nave da guerra della coalizione” avevano abbattuto “cinque veicoli aerei senza pilota (UAV). Le forze del CENTCOM hanno identificato questi UAV provenienti dalle aree dello Yemen controllate dagli Houthi e hanno stabilito che rappresentavano una minaccia imminente per le navi mercantili, la Marina americana e le navi della coalizione nella regione. Queste azioni proteggeranno la libertà di navigazione e renderanno le acque internazionali più sicure e più sicure. sicuro per la Marina americana e le navi mercantili”, recitava il comunicato.

La sera precedente, il 26 febbraio, la Hessen aveva aperto il fuoco contro un UAV ad alta quota ritenendolo ostile ma che invece si era rivelato essere un MQ-9 Reaper statunitense (numerosi velivoli di questo tipo sono basati a Camp Lemmonier, a Gibuti). Il 29 febbraio il ministero della Difesa tedesco aveva commentato l’incidente senza fornire particolari, comunicando che “il caso è stato risolto in quanto non si trattava di un drone ostile, come è diventato chiaro soltanto in seguito”.

Due missili Standard 2 (SM-2) sono stati lanciati contro il bersaglio, “ma non hanno funzionato”, ha dichiarato Stempfle. Successivamente si è capito che l’obiettivo sconosciuto del drone in questione era un MQ-9 Reaper americano che non aveva il transponder per l’identificazione amico-nemico (IFF, Identification Friend-Foe) acceso poiché era impegnato nell’ambito di un’operazione esclusivamente statunitense “contro il terrorismo”. Gli Houthi sono riusciti ad abbattere già due MQ-9 dall’inizio della crisi nel Mar Rosso.

Il capo di Stato maggiore della Marina tedesca, l’ammiraglio Jan Christian Kaack, ha difeso l’equipaggio della fregata dichiarando che “la procedura è stata da manuale, il drone era stato chiaramente classificato come ostile”. Il viceammiraglio ha aggiunto che si sarebbe comportato “esattamente come il comandante” della Hessen che ha ordinato di aprire il fuoco, il capitano di fregata Volker Kuebsch.

 

Aspetti critici

Secondo quanto riferito dallo Spiegel, entrambi i missili Standard SM-2 hanno rivelato difetti tecnici durante l’impiego, elemento che apre inquietanti interrogativi circa l’efficienza dei sistemi di difesa navale tedeschi contro le minacce aeree. Inoltre la Marina Tedesca avrebbe difficoltà a ripianare le scorte di missili SM-2, non più in produzione.

“Abbiamo scoperto solo ora che una parte delle munizioni della fregata Hessen non può più essere acquistata perché non c’è più la capacità industriale corrispondente”, ha affermato Florian Hahn, portavoce per la politica di difesa del gruppo parlamentare CDU/CSU all’opposizione. “Quindi, quando le scorte sono esaurite, la Marina non può più rifornirle e deve ritirare la fregata. Il Parlamento ha approvato la missione nel Mar Rosso senza sapere che c’era ovviamente un problema di munizioni con la fregata classe 124″.

Certo la Hessen potrebbe ricevere altri missili di quel tipo in dotazione alla Marina ma, ammesso che il loro numero e il livello di efficienza sia superiore a quello rilevato dai due ordigni impiegati, questo significherebbe disarmare progressivamente le altre fregate.

L’emittente radiotelevisiva NDR ha riferito che la Hessen è salpata dalla sua base a Wilhelmshaven “completamente equipaggiata” per quanto riguarda le “tre diverse tipologie di missili” (Standard SM2, RAM e Harpoon). Tuttavia, quando tali armi saranno esaurite, il rifornimento di un tipo sarà “soltanto minimo” mentre per gli altri due sarà pari a zero.

Il comandante della Seconda Flotta della Marina Tedesca in cui è inquadrata la Hessen, l’ammiraglio Axel Schulz, ha ammesso che l’unità non potrà restare nel Mar Rosso “a tempo indefinito” e venir ripetutamente rifornita. Il numero di missili disponibili è infatti “limitato”. Pertanto, ha evidenziato Schulz, quando le munizioni saranno state “tutte utilizzate la missione della fregata sarà terminata”.

La carenza di munizioni grava su tutta la Marina Tedesca (e su molte altre forze navali e militari europee), così come la carenza di personale. Nella Marina Tedesca gli equipaggi sono “soltanto al 50 per cento” dell’organico previsto, ha ricordato Schulz, con l’impossibilità di far operare tutte le navi contemporaneamente.  Come nota NDR, a causa della carenza di personale i marinai tedeschi vengono mandati sempre più spesso in missione e “oltre 230 giorni in mare in un anno non sono rari”. Condizioni che rendono sempre più difficile reclutare personale tenuto conto che la crisi negli arruolamenti grava su tutto l’Occidente al pari dell’esodo del personale specializzato dalle forze armate.

Del resto la crisi del Mar Rosso e l’ampio impiego di droni, munizioni circuitanti, missili da crociera e balistici da parte degli Houthi evidenzia anche l’ampio consumo di munizioni imposto alle navi delle flotte multinazionali. Da ottobre la sola US Navy ha lanciato circa 100 missili terra-aria Standard SM-3 contro missili e droni Houthi, la fregata francese Languedoc ha abbattuto diversi droni Houthi ed è stata rifornita di missili Aster 15 grazie ad un aereo da trasporto A-400 inviato in tutta fretta a Gibuti mentre il cacciatorpediniere HMS Diamond (Type 45) della Royal Navy, protagonista dell’abbattimento di alcuni  droni Houthi, è stato recentemente rifornito di missili nella base di Gibilterra prima di tornare nel Mar Rosso.

​Oltre alla carenza di munizioni un ulteriore aspetto critico è rappresentato dalla sovrapposizione delle missioni anglo-americana ed europea a cui sui aggiungono le operazioni “antiterrorismo” che gli Stati Uniti conducono in modo autonomo da Gibuti sul territorio dello Yemen. Come è già accaduto in Afghanistan, gli Stati Uniti operano unilateralmente in un’area operativa in cui agiscono anche forze alleate complicando così il coordinamento e lo scambio di informazioni.

Non è poi chiaro inoltre perché una nave della flotta Ue dell’Operazione Aspides debba aprire il fuoco se non direttamente minacciata o per difendere navi europee. Gli Houthi minacciano solo le navi anglo-americane (anche mercantili in risposta agli attacchi delle forze di Londra e Washington) e israeliane o coinvolte con gli interessi di Israele.

Diverse fonti militari valutano infatti che l’incidente del Reaper dimostri lo scarso coordinamento tra le operazioni Aspides a guida UE e Poseidon Archer (parte di Prosperity Guardian) a guida statunitense attive nel Mar Rosso: entrambe le missioni hanno come obiettivo la sicurezza e la garanzia della libertà di navigazione nell’area ma mentre Aspides ha natura esclusivamente difensiva, Poseidon Archer prevede il bombardamento delle posizioni degli Houthi in Yemen.

Il vice segretario aggiunto alla Difesa americano per gli affari in Medio Oriente, Daniel Shapiro, ha rivelato il 28 febbraio che le forze statunitensi hanno colpito 230 obiettivi nello Yemen dall’inizio della campagna e altri sono stati colpiti dai velivoli britannici.

La partecipazione del cacciatorpediniere italiano Caio Duilio all’Operazione Aspides, di cui l’Italia avrà il comando della forza in mare, verrà discussa e presumibilmente approvata in parlamento il 5 marzo all’interno del Decreto Missioni che autorizza le operazioni militari oltremare per il 2024.

 

Considerazioni

Le carenze nel munizionamento navale delle nazioni NATO/UE, non compensabili in tempi brevi al pari di quelle registrate nel settore terrestre, rischiano di mettere in forse la sostenibilità nel tempo della missione nel Mar Rosso (la UE prevede una durata non inferiore a un anno)  contro la minaccia portata dalle milizie Houthi, le cui potenzialità offensive non sembrano peraltro essere state scalfite in modo significativo dalla campagna di attacchi anglo-americani sul territorio dello Yemen in atto ormai da alcuni mesi.

Il rischio è quindi di compromettere la residua credibilità militare dell’Europa già emersa in tutti i suoi limiti di sostenibilità del supporto all’Ucraina impegnata in un conflitto convenzionale contro la Russia.

Il bellicismo ostentato nelle dichiarazioni dei leader europei cozza con la cruda realtà delle risibili capacità belliche, sul mare come sui campi di battaglia terrestri, e impone di chiedersi perché un’Europa “disarmata” punti su soluzioni muscolari alle crisi in atto invece di mettere in campo robuste iniziative diplomatiche.

@GianandreaGaian

Foto: US DoD, Bundeswehr, Telegram e Luca Gabella

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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