Pasticci di guerra: Macron vuole forze NATO in Ucraina, Scholz ammette che ci sono già

 

Si fa sempre più evidente e grave il corto circuito dell’Europa e dei suoi leader di fronte agli sviluppi del conflitto in Ucraina, Sviluppi favorevoli a Mosca, certo non graditi in Occidente, ma di fronte ai quali l’Europa sembra sfilacciarsi e i suoi leader non sembrano mostrare la necessaria freddezza.

L’ultimo disastro politico e comunicativo vede protagonisti il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere Olaf Scholz. Quest’ultimo, sotto pressione da parte degli allearti e dell’opposizione che vorrebbero indurre il governo di centro-sinistra a inviare a Kiev i missili da crociera aviolanciabili Taurus, “cugini” dei franco-britannici SCALP e Storm Shadow (in servizio anche con l’Aeronautica italiana), ha ribadito il rifiuto a fornire a Kiev queste armi a lungo raggio (500 chilometri) per non ampliare il rischio di escalation con Mosca qualora tali missili venissero impiegati da Kiev per colpire obiettivi sul territorio della Federazione Russa.

Il 26 febbraio, dopo il vertice degli alleati a Parigi, il cancelliere ha spiegato che i missili Taurus “hanno una gittata molto lunga” e che “ciò che i britannici e i francesi riescono a fare in termini di controllo dell’obiettivo, non può essere fatto in Germania” che “non deve diventare una parte in guerra e i soldati tedeschi non devono in alcun modo e in alcun momento essere associati agli obiettivi che possono essere raggiunti” da tali missili

Un’affermazione che ha ufficialmente rivelato il ruolo dei tecnici e consiglieri militari francesi e britannici nel programmare e assistere l’impiego dei missili da crociera consegnati all’Ucraina. Notizia peraltro non certo nuova dal momento che in due anni di guerra sono emerse diverse prove e molti indizi circa la presenza di consiglieri militari, tecnici e contractors di numerose aziende del settore Difesa, oltre a unità di forze speciali e “volontari” provenienti da nazioni aderenti alla NATO sono presenti in Ucraina con diversi compiti (i “volontari” anche di combattimento) e diversi di essi sono stati uccisi o feriti in scontri a fuoco e altri, secondo Mosca, in bombardamenti missilistici contro centri di comando e controllo ucraini.

Inoltre droni, aerei-radar e da guerra elettronica di diverse forze aeree alleate volano spesso appena fuori dallo spazio aereo ucraino per aiutare le forze di Kiev a colpire obiettivi in Crimea e Russia evitando coinvolgimenti ufficiali nel conflitto.

Le dichiarazioni di Scolz hanno offerto l’occasione al ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov, di dichiarare che “in Ucraina non ci sono solo mercenari stranieri ma anche ufficiali professionisti, tra cui britannici e francesi”.

 

L’intercettazione dei vertici della Luftwaffe

Oltre alle reazioni di Londra e Parigi, di cui riferiamo qui sotto, i guai per Scholz giungono anche dal fronte interno. Ieri un portavoce del ministero della Difesa ha confermato oggi l’autenticità dell’audio di 30 minuti pubblicato il 1° marzo da Russia Today in cui quattro alti ufficiali della Luftwaffe (l’ispettore capo – grado che equivale a capo di stato maggiore – tenente generale Ingo Gerhartz (nella foto qui sotto), il brigadier generale Frank Graefe, il capo delle operazioni aeree e i tenenti colonnelli Fenske e Fronstedt del comando aereo operativo di Gatow) parlavano della fornitura dei missili Taurus (50 più altri 50) e del loro impiego per distruggere il Ponte di Crimea con 10 o 20 missili dopo aver fornito a Kiev i dati necessari.

Nella conversazione è stata confermata la presenza in Ucraina di personale britannico per l’impiego dei missili Storm Shadow (a questo link la trascrizione completa dell’audio rivelato da Russia Today) e si quattro ufficiali hanno dibattuto sui tempi necessari per fornire i Taurus, addestrare il personale ucraino e renderli operativi.

“Secondo la nostra valutazione, è stata intercettata una conversazione delle forze aeree”, ha dichiarato il portavoce precisando che “se siano state apportate modifiche alla versione registrata o trascritta che circola sui social media, non possiamo dirlo con certezza in questo momento”.

Il generale Gerhartz, nel giugno 2022, aveva dichiarato che “per una deterrenza credibile, abbiamo bisogno sia dei mezzi sia della volontà politica di attivare la deterrenza nucleare se necessario” avvertendo il presidente russo Vladimir Putin a “non scherzare” con la Nato.

Berlino teme che la registrazione intercettata e divulgata dai russi possa far parte di una “fuga di notizie” più ampia che riguarda la Luftwaffe e altri comparti della Difesa o forse anche esterni ad essa, come ha riferito Der Spiegel citando fonti non meglio precisate. La conversazione si è svolta sulla piattaforma WebEx, che è “relativamente facile” da intercettare, ha sottolineato il giornale. Una delle persone coinvolte nella conversazione si sarebbe collegata tramite un telefono cellulare, dato che in quel momento si trovava a Singapore. Sia le forze armate tedesche sia il ministero della Difesa tengono spesso colloqui online sulla piattaforma WebEx, secondo Der Spiegel.

La conversazione, avvenuta il 19 febbraio, mette in forte imbarazzo Scholz, il ministro della Difesa Boris Pistorius e l’intero governo tedesco per almeno tre ragioni:

  • la scarsa sicurezza adottata nelle comunicazioni dei vertici militari tedeschi fattisi intercettare dai russi su un canale non protetto: circostanza che, unita alle considerazioni di tipo politico, potrebbe costringere Berlino a rimuovere gli ufficiali coinvolti
  • i vertici della Luftwaffe discutono di fornitura e impiego dei missili Taurus contro obiettivi in territorio russo rivelando il consenso del ministro Pistorius e commentando le resistenze di Scholz alla cessione di tali armi a Kiev. Elemento che mette in ombra l’autorità del cancelliere e lascia spazio alle speculazioni, incoraggiate da Mosca, circa la reale dipendenza dei vertici militari tedeschi dalle potenze anglosassoni della NATO più che da Berlino. Non a caso nei giorni scorsi canali militari Telegram russi avevano fatto trapelare la fornitura segreta dei primi 25 Taurus all’Ucraina, avanguardia di lotti ben maggiori da imbarcare su una dozzina di velivoli Sukhoi Su-24M (di provenienza sconosciuta) in fase di aggiornamento in Polonia proprio per imbarcare tali ordigni. Indiscrezioni che aggiungevano come la fornitura segreta a Kiev fosse stata concordata con Washington e sarebbe stata in seguito fatta trapelare ai media statunitensi.
  • Scholz e i vertici della Luftwaffe rivelano la presenza in Ucraina di militari francesi e britannici per l’impiego dei missili SCALP/Storm Shadow ma anche informazioni sensibili come la carenza di missili da difesa aerea, inclusi i Patriot, degli ucraini.

 

La reazione di Londra

A Londra l’ex ministro della Difesa britannico Ben Wallace(nella foto sotto) è stato particolarmente duro nei confronti del cancelliere tedesco. “Il comportamento di Scholz ha dimostrato che egli è l’uomo sbagliato per la sicurezza europea, nel lavoro sbagliato al momento sbagliato”, ha dichiarato Wallace all’Evening Standard. Secondo l’ex ministro britannico, da parte di Scholz c’è stato un “uso pericoloso dei fatti, ma anche di fatti spesso sbagliati”.

“Molte volte la Germania è stata l’ultima ad aiutare l’Ucraina. In ogni fase hanno dovuto essere spinti a fare qualsiasi cosa” ha commentato Wallace, concludendo: “Questa non é la leadership da seguire”. Un’affermazione molto critica, quasi ostile, che non sembra tenere conto che in termini finanziari e di equipaggiamenti militari il contributo tedesco all’Ucraina è superiore a quello britannico.

Il deputato conservatore Tobias Ellwood, ex presidente della Commissione Difesa ha definito le dichiarazioni di Scholz “un palese uso improprio delle informazioni dell’intelligence che è deliberatamente mirato a distogliere l’attenzione dalla riluttanza della Germania a dotare l’Ucraina del proprio sistema missilistico a lungo raggio”. Secondo Alicia Kearns, presidente della Commissione Esteri della Camera dei Comuni “i commenti di Scholz sono irresponsabili e uno schiaffo in faccia agli alleati” mentre un portavoce del governo britannico aveva precedentemente chiarito che “l’uso da parte dell’Ucraina del sistema missilistico a lungo raggio Storm Shadow e il processo di selezione degli obiettivi sono responsabilità delle forze armate ucraine”.

Affermazioni ben poco credibile considerato che tali missili sono stati integrati sui velivoli Su-24M ucraini a tempo di record ed è difficile credere che vengano gestiti esclusivamente da personale ucraino. Del resto il Times ha recentemente raccontato per l’ennesima volta della presenza di forze britanniche in Ucraina.

 

La boutade di Macron

Resta comunque paradossale come i leader europei si muovano in ordine sparso con dichiarazioni e proclami in libertà ma anche silenzi imbarazzati e imbarazzanti. Impossibile non notare che mentre il presidente francese Emmanuel Macron, evidentemente senza essersi prima confrontato con i partner UE e NATO, dichiarava di «non escludere» l’invio di militari della NATO in Ucraina per combattere al fianco delle truppe di Kiev, il cancelliere tedesco affermava che militari francesi e tedeschi erano già presenti in Ucraina.

“Non c’è stato alcun accordo per l’invio ufficiale di soldati sul campo, ma non possiamo escludere nulla” ha detto Macron aggiungendo che bisogna “rendersi conto che siamo sempre stati in ritardo di sei-otto mesi” nel sostegno militare all’Ucraina. Neppure la boutade di Macron ha avuto molta fortuna, bocciata immediatamente come irresponsabile dall’opposizione del Rassemblement Nationale di Marine Le Pen nel parlamento francese e che ha indotto tutte le nazioni aderenti all’Alleanza Atlantica a negare vi siano piani di questo tipo o si discuta l’invio di truppe in Ucraina.

Il governo italiano in una nota ha ribadito il fermo sostegno all’Ucraina ma questo «non contempla la presenza sul territorio ucraino di truppe di Stati europei o NATO». Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha detto che «non saranno mandate truppe» da parte di paesi europei o dai membri della NATO.

Hanno preso posizioni simili i governi di Spagna, Svezia, Polonia e Repubblica Ceca ma anche Bulgaria, Croazia, Olanda e Lituania (quest’ultima favorevole solo a inviare istruttori a Kiev) mentre anche il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, ha detto che «non ci sono piani» per l’invio di truppe della NATO in Ucraina.

Da Mosca hanno fatto infine sapere che una simile iniziativa verrà considerato una ulteriore escalation contro la Russia che, come Putin ha sottolineato, dispone delle armi necessarie a colpire l’Europa.

Se le dichiarazioni di Macron sembrano da un lato voler sottolineare un maggiore “bellicismo” di Parigi rispetto al passato (confermato anche dall’invio di bombe guidate per aerei, missili e munizioni circuitanti), dall’altro sul piano militare non hanno molta credibilità.

Il 27 febbraio il ministro della Difesa francese, Sebastien Lecornu, ha sottolineato che “è fuori questione fare la guerra alla Russia” annunciando che Parigi riuscirà a fornire ogni mese all’Ucraina circa 3mila proiettili d’artiglieria, pari al fabbisogno di circa mezza giornata di fuoco delle truppe ucraine. Anche il ministro degli Esteri Stephane Sejourné ha rettificato le parole di Macron precisando che la presenza di truppe occidentali in Ucraina non porterebbe a un superamento della “soglia di belligeranza” nel conflitto contro la Russia se limitata ad alcune operazioni, come quelle riguardanti lo sminamento o la cyberdifesa.

 

Le tensioni tra Parigi e Berlino

Nel corto circuito dell’Europa di fronte al conflitto in Ucraino vanno inserite anche le crescenti tensioni tra Macron e Scholz, Secondo l’agenzia Bloomberg stanno “mettendo a rischio” il corso del conflitto in Ucraina. Lo scontro, si è inasprito dopo che Macron ha pubblicamente ipotizzato l’invio di truppe a sostegno di Kiev suscitando una vivace reazione a Berlino e ponendosi “contro la volontà espressa da Scholz”, secondo quando riferito da un funzionario citato da Bloomberg che ricorda come il cancelliere tedesco sia stato tra i primi a escludere in modo categorico l’invio di truppe.

“Macron considera Scholz un leader senza coraggio e senza ambizione, che non riesce a pensare oltre il breve termine”, ha detto un funzionario francese, secondo cui i due leader hanno avuto un rapporto difficile “fin dal primo giorno”. Anche stretti collaboratori del cancelliere hanno confermato che i due “non vanno d’accordo” poiché “a Berlino, Macron è visto come una figura monarchica, più brava a diffondere grandi visioni che a realizzarle”.

Secondo quanto riportato da Bloomberg “lo scontro tra gli alleati dell’Ucraina avviene in un momento difficile per Kiev: con i paesi europei che non riescono a rispettare gli impegni riguardo alle munizioni d’’artiglieria e gli aiuti degli Stati Uniti bloccati al Congresso, i funzionari ucraini temono che le truppe russe possano sfondare le loro difese entro l’estate”.

 

Armi come i vaccini

In questo contesto si inseriscono le dichiarazioni di Ursula von der Leyen al Parlamento Europeo circa la necessità che l’Europa si rafforzi con acquisti congiunti di armi e munizioni, come si fece coi i vaccini per il Covid 19, appaiono come un puro esercizio retorico. Innanzitutto il parallelo con i vaccini non sembra molto felice considerato che il presidente della Commissione Ue non ha mai spiegato le sue intese con Pfizer e gli acquisti con contratti segreti di un numero abnorme di vaccini rispetto alla popolazione europea. Quando le sono stati chiesti chiarimenti in proposito ha poco elegantemente affermato di aver perso le e-mail scambiate per raggiungere gli accordi e ratificare i contratti.

Gli acquisti congiunti di armamenti tra le nazioni europee sono un sogno perseguito a chiacchiere da anni ma in concreto la stessa Germania ha chiuso molti programmi congiunti con la Francia per acquistare aerei e missili americani o israeliani. La Polonia, impegnata in un massiccio programma di riarmo, acquista armi americane, britanniche e sudcoreane, non certo europee.

Per rinnovare le forze aeree la gran parte delle nazioni europee acquista F-35 ed F-16 americani, non aerei europei quali Typhoon e Rafale mentre in Est Europa gli statunitensi stanno fornendo ampie quantità di mezzi, elicotteri e carri armati di seconda mano.

Il presidente von der Leyen vanta l’accordo per produrre in Europa i missili da difesa aerea Patriot, che sono però statunitensi, quando appare chiaro che per potenziare davvero le capacità produttive e di innovazione dell’industria della Difesa europea dobbiamo garantirle pere molti anni un ricco mercato domestico mentre in realtà sta accadendo esattamente il contrario.

Concretamente, nessuna nazione europea dispone di armi e munizioni sufficienti a far fronte con reparti di rilevante entità a un conflitto come quello in corso in Ucraina per più di qualche settimana, tenuto conto che le forniture all’Ucraina negli ultimi due anni hanno svuotato i magazzini: per ripianarli agli standard pre-guerra solo la Germania dovrà spendere più di 40 miliardi di euro e con i ratei produttivi dell’industria della Difesa europea occorreranno anni.

Inoltre vanno valutate anche le inefficienze e le carenze di fondi e personale che in tutta Europa rendono non operativi molti sistemi d’arma e mezzi terrestri, aerei e navali, Resta poi da chiedersi se in Occidente ci siano nazioni pronte a sopportare tra i propri militari, in termini politici e sociali, i tassi di perdite che si registrano tra le truppe di Mosca e Kiev, cioè migliaia di morti e feriti ogni mese.

Considerazioni che dovrebbero sconsigliare l’esasperato e ostentato bellicismo delle dichiarazioni dei leader europei, incompatibile con le risibili capacità belliche, consigliando invece di puntare sulla ricerca di soluzioni negoziate tramite iniziative diplomatiche.

 

Anche Budanov è un filo-russo?

Proclami e slogan valgono ben poco se non trovano riscontri nella realtà. Lo si è visto anche con la morte di Aleksey Navalny, attribuita senza esitazioni in tutto l’Occidente agli sgherri di Putin benché non vi fossero prove certe sulle cause della scomparsa dell’oppositore detenuto nel nord della Siberia. Fiaccolate, commemorazioni, atti di accusa al presidente russo (definito “un figlio di…” da Joe Biden) ma a rovinare tutto ha provveduto il capo dei servizi segreti ucraini , il tenente generale Kyrilo Budanov (nella foto sotto), che in 20 secondi ha messo KO tutta la narrazione degli alleati occidentali dell’Ucraina.

Budanov ha affermato il 25 febbraio (nove giorni dopo la morte di Navalny) che Il dissidente russo ”è morto per un coagulo di sangue”.  “Si tratta di una morte naturale, la notizia è più o meno confermata. Potrei deludervi, ma quello che sappiamo è che è morto davvero per un coagulo di sangue”.

Difficile etichettare come “putiniano” Budanov le cui parole però confermano la versione fornita da Mosca che ha attribuito la morte di Navalny a un’embolia e poi ad una trombosi, quindi una tesi compatibile con la presenza di un coagulo di sangue. L’intelligence ucraino e il suo capo smentiscono quindi che il dissidente sia stato avvelenato con l’agente nervino Novichok o ucciso con un pugno al cuore, tesi in base alle quali la vedova di Navalny e tutto l’Occidente avevamo puntato il dito contro Mosca e Putin.

La dichiarazione di Budanov in pochi secondi ha screditato gli Stati Uniti e la UE che hanno varato nuove sanzioni contro esponenti russi strumentalizzando la morte del dissidente con ampie dosi di propaganda e disinformazione con l’obiettivo di complicare a Putin la campagna elettorale per le elezioni presidenziali.

Lo confermano due elementi: il primo è che le parole di Budanov sono state ignorate dai governi occidentali ma anche (ed è più grave) dalla gran parte dei media che le hanno tenute nascoste o a bassa visibilità. La seconda è che la morte di Navalny non ha portato alcun vantaggio a Putin. Anzi, è vero il contrario poiché l’intero Occidente ha condannato la morte del dissidente attribuendola immediatamente a un omicidio commissionato dal Cremlino mentre anche all’interno della Russia vi sono state manifestazioni e proteste represse dalle forze dell’ordine.

 

Le liste di proscrizione care a Zelensky  

Il corto circuito che sta colpendo l’Europa alle prese col conflitto in Ucraina non risparmia neppure l’Italia dove nessuna figura istituzionale ha ritenuto di dover ammonire il presidente ucraino Volodymyr Zelensky che in conferenza stampa ha annunciato che redigerà e consegnerà a governo e media una lista dei filo-russi e filo-putiniani italiani chiedendo che vengano “zittiti”.

Sarebbe stato confortante che qualcuno da Roma ricordasse al presidente ucraino che in Italia, a differenza di quanto accade in Ucraina, non si mettono in carcere i “filo-russi” (un reportage del Guardian, del tutto ignorato o quasi in Italia, ne ha riferito ampiamente) né giornalisti (che a volte muoiono in carcere come lo statunitense Gonzalo Lyra), non si chiudono giornali e televisioni né non si mettono fuori legge i partiti di opposizione ma soprattutto in Italia è ancora garantita dalla Costituzione la libera espressione di idee e opinioni.

Comprensibile che concetti simili siano difficilmente spiegabili a chi considera eroe nazionale Stepan Bandera, che fece deportare e sterminare ebrei e polacchi: una figura a cui in Ucraina dedicano piazze e monumenti, ragion per cui quando Zelensky parla di liste di proscrizione qualche brivido corre lungo la schiena.

Pur comprendendo le condizioni storiche in cui il nazionalismo ucraino si è sviluppato, strettamente avvinghiato al Terzo Reich, il “culto” di Bandera nell’Ucraina di oggi impone di rispondere a Zelensky chiedendo con quali metodi si dovrebbero “zittire” i filo-russi italiani?

Senza arrivare a ipotizzare soluzioni estreme (o finali) si dovrebbe forse incidere sulla loro fronte la parola “orco” (sinonimo di russo) come documentato nella citata inchiesta del Guardian?

Oppure sarebbe sufficiente cucire loro una stella rossa (o una foto di Putin) sulla giacca, in modo che tutti li possano riconoscere? Metodi che di certo Bandera approverebbe e del resto Kiev ha già da tempo istituito il famigerato sito Myrotvorets in cui elenca i “nemici dell’Ucraina”, connazionali e stranieri.

A Roma qualcuno avrebbe almeno potuto provare a spiegare all’uomo a cui abbiamo dato armi, denaro e credibilità che in Italia non è reato essere filo-ucraini, filo-cinesi, filo-americani, filo-francesi o filo-marziani come non lo è neppure essere filo-russi. Non esiste neppure una legge che vieti di essere fans di Putin, o di Zelensky.

Certo noi non siamo in guerra con la Russia (lo ha ribadito anche il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani confermando la contrarietà di Roma a inviare militari italiani in territorio ucraino) e semmai in Italia abbiamo sempre avuto abbondanza di filo-stranieri ma una cronica carenza di filo-italiani.

Duole però sottolineare che non solo la politica ma neppure gran parte dei media (d’altra parte qualche giornale italiano nel recente passato aveva già pubblicato liste di proscrizione dei “filo-russi”), pur con qualche lodevole eccezione, hanno condannato nel nome della libertà di espressione la pessima performance di Zelensky e la sua goffa ingerenza nei diritti degli italiani e negli affari dell’Italia. Peraltro non nuova se si ricordano gli attacchi a Silvio Berlusconi formulati esattamente un anno or sono a Kiev alla presenza del premier Giorgia Meloni.

A volte quando i comici interpretano ruoli drammatici rischiano di scivolare nella farsa.

@GianandreaGaian

Foto: Ministero Difesa Ucraino, Presidenza Ucraina, UK MoD, Bundesweher, Governo Tedesco,  MSC, The Guardian e Commissione UE

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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