Più gas russo in Austria mentre la Turchia produce più acciaio della Germania

 

Ci sono notizie che, al di là delle chiacchiere di molti leader, rendono chiaramente l’idea della contraddittoria e ambigua situazione in cui versa oggi l’Europa rispetto ai temi energetici, ai rapporti con la Russia e al declino economico della UE. Una di queste ce la fornisce il sito d’informazione Euroakitv che il 13 febbraio ha rivelato che dipendenza dell’Austria dal gas russo è aumentata dall’80% al 98% dall’inizio della guerra in Ucraina.

Quando la Russia attaccò l’Ucraina il 24 febbraio 2022, l’Austria importava l’80% del suo gas naturale dalla società statale Gazprom, cifra che oggi è salita al 98%. Il ministro dell’Energia austriaco, Leonore Gewessler (nella foto EPA), sollecita un’azione rapida per invertire questa situazione.

“La diversificazione delle nostre importazioni di gas procede troppo lentamente e culmina in una nuova quota record di gas naturale russo pari al 98% nel mese di dicembre 2023”, ha dichiarato il 12 febbraio alla stampa il ministro dei Verdi a Vienna. Più che diversificazione lenta dal fas russo si dovrebbe però parlare di totale dipendenza dell’Austria dalle forniture di Mosca.

Come riporta l’articolo infatti “la cifra del 98% rappresenta un aumento enorme rispetto al 17% raggiunto nell’ottobre 2022, quando la stessa Russia ha limitato i flussi di gas verso l’Europa. Ma la tendenza si è presto invertita e la quota del gas russo era già tornata al 43% nell’agosto dello scorso anno”.  Euroaktiv rileva che “l’elevata quota di gas russo è in parte dovuta al rapido calo del consumo di gas in Austria – da 100 TWh a 75 TWh nel 2023, secondo i dati del ministero dell’Energia. Un altro motivo sono i vincoli contrattuali.

L’utility austriaca OMV si è impegnata a stipulare un accordo “take-or-pay” con Gazprom per un massimo di 60 TWh all’anno, quasi sufficienti a soddisfare l’intera domanda di gas del Paese. Queste forniture, contrattualizzate nel 2018 fino al 2040, hanno probabilmente un prezzo più conveniente rispetto alla vicina Germania, che deve fare affidamento sui mercati globali per garantire le spedizioni di gas naturale liquefatto (GNL).

Di fatto quindi l’Austria ha aumentato l’import di gas russo via gasdotti perché spende molto meno degli altri partner Ue che si affidano a gas soprattutto liquido reperito sul mercato a prezzi ben più alti.

“C’è abbastanza gas naturale non russo, ma le compagnie energetiche non lo acquistano”, ha detto Gewessler confermando che le importazioni da Paesi diversi dalla Russia sono più costose. Nel 2022, l’Austria ha importato gas per circa 7 miliardi di euro. Nel 2023, considerato il calo dei prezzi, si prevede che tale cifra ammonterà a circa 3 miliardi di euro.

Inoltre, sottolinea Christoph Dolna-Gruber, dell’Agenzia nazionale per l’energia austriaca, “le importazioni attraverso la Germania sono soggette a una tassa sullo stoccaggio del gas pari a 1,86 €/MWh mentre l’Italia prevede di imporre una tariffa di 2,19 euro/MWh per le esportazioni di gas a partire dal primo aprile 2024”.

Il ministro Gewessler non ha esitato ad affermare ancora una volta che “con le nostre bollette energetiche stiamo finanziando indirettamente una guerra atroce in Ucraina” ma è curioso che a lamentarsene sia il  ministro dell’Energia di una nazione che ha scelto, in piena guerra in Ucraina e per convenienza, di rendere pressocché totale la propria dipendenza dal gas russo he, come ricorda quasi ogni giorno il report di Gazprom, viene pompato in Europa dai gasdotti ucraini al ritmo costante di 42/43 milioni di metri cubi al giorno.

La linea di transito attraverso l’Ucraina rimane l’unica via per la fornitura di gas russo ai Paesi dell’Europa occidentale e centrale dopo la distruzione dei gasdotti Nord Stream ma Kiev ha annunciato che anche questa verrà interrotta a fine anno.

L’Ucraina non intende infatti prolungare l’accordo quinquennale con Gazprom sul transito del gas russo verso l’Europa, né firmarne un altro, come ha detto il ministro dell’Energia ucraino, German Galushchenko. “Posso confermare che non abbiamo intenzione di stipulare ulteriori accordi o estendere l’attuale”, che scadrà il 31 dicembre 2024.

La UE prevede però di eliminare il gas russo entro il 2028 mentre una revisione del 2023 condotta da Bruxelles ha rilevato che Vienna non ha ancora nemmeno iniziato a pianificare l’uscita dal gas russo. Non si può quindi escludere che a fine anno le tensioni tra alcune nazioni dell’Est Europa e l’Ucraina non si limiteranno solo alle questioni legate alle importazioni di cereali ucraini.

 

Più acciaio turco che tedesco

L’impatto della crisi energetica legata a quantità e prezzo si riflette an che sulla produzione di acciaio come conferma la notizia che all’inizio del 2024 la produzione della Turchia ha superato quella della Germania, maggiore produttrice di acciaio d’Europa. La Türkiye Steel Producers Association (TCUD) ha registrato un notevole aumento del 24,7% nella produzione di acciaio grezzo nel gennaio 2024 rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, raggiungendo 3,2 milioni di tonnellate.

Cone riferisce la stampa turca, questo traguardo segna il rientro della Turchia tra i primi dieci produttori di acciaio al mondo, posizionandola al settimo posto a livello globale. L’aumento della produzione segue un periodo di ripresa caratterizzato dalla riduzione dei costi di produzione dell’energia (grazie alle intese per lev forniture con la Russia) e ad un aumento della capacità di circa 4,5 milioni di tonnellate.

Questa ripresa della produzione è iniziata nella seconda metà del 2023, con aumenti del 25,4% e del 21,2% rispettivamente a novembre e dicembre. L’aumento del consumo interno di acciaio, che ha registrato un più 19,5% nel gennaio 2024 arrivando a 3,5 milioni di tonnellate, è stato accompagnato da una crescita significativa delle esportazioni di prodotti siderurgici turchi che sono aumentate del 23,0% in quantità e del 10,1% in valore rispetto a gennaio 2023, raggiungendo rispettivamente 894,7 mila tonnellate e 662,1 milioni di dollari.

L’ascesa della Turchia fino a diventare il più grande produttore di acciaio in Europa e il suo settimo posto a livello globale segnala un passo avanti significativo nelle sue capacità industriali, dimostrando resilienza e crescita strategica di fronte alle sfide.

@GianandreaGaian

Foto EPA e TCUD

 

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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