Se Macron è l’unico a dire che “il re è nudo”

 

In questi giorni il presidente Macron è stato oggetto di moltissime critiche e di facili ironie a causa delle sue dichiarazioni relative alla verosimile esigenza di inviare soldati dei paesi NATO in Ucraina per supportare le ormai esauste forze di Kiev. Dichiarazioni che, dopo le reazioni tedesche, il presidente francese ha dovuto smorzare (nella foto sopra Macron con il cancelliere Olaf Scholz e il premier polacco Donald Tusk).

Non sono a priori un fan né della Francia né dell’attuale amministrazione parigina: tra l’altro, nel 2022 ho restituito la decorazione francese concessami in Bosnia nel 1996, come segno di protesta per alcune infelici dichiarazioni del governo d’oltralpe in merito alla nostra politica migratoria, dichiarazioni che consideravo offensive per l’Italia.

Peraltro, in un’Europa di ciechi o, più probabilmente di opportunisti che si fingono ciechi, Macron mi ricorda il bambino che, nella famosa fiaba di Hans Christian Andersen, gridava “il re è nudo”!

Certo: il re è nudo! Tutti hanno gli strumenti per rendersene conto, ma nessuno osa dirlo e allora si ironizza su chi si è azzardato ad esporre una semplice verità. Le dichiarazioni di Macron rispondono a sue esigenze di politica interna in vista delle imminenti elezioni europee? Possibile, ma così è anche per i leader politici che paiono ostinatamente negare l’evidenza di quanto indicato dal presidente francese.

C’é da sentirsi vagamente presi in giro da quei leader europei e ministri italiani che dichiarano che noi non siamo in guerra contro la Russia.

Da più di due anni l’Italia, insieme a molti partner NATO (ma non la Turchia né, con alcuni distinguo, l’Ungheria) e UE (l’Ungheria sempre con alcuni distinguo), partecipa attivamente a una guerra economica contro Mosca. Guerra economica di cui le leadership politiche occidentali avevano sopravvalutato (o avevano finto di sopravvalutare) gli effetti sulla capacità russa di continuare a sostenere lo sforzo militare in Ucraina. Argomento da noi affrontato già a giugno 2022 (vedi Le sanzioni economiche non incidono sulle operazioni militari russe – Analisi Difesa)

Soprattutto, però, siamo di fatto in guerra contro la Russia perché sosteniamo politicamente, economicamente e militarmente l’Ucraina nel conflitto. Tra l’altro, paesi NATO e UE forniscono addestramento alle unità ucraine, ne supportano le azioni fornendo loro intelligence e con la donazione dei nostri stessi sistemi d’arma.  Tutto tranne, sino ad ora, inviare soldati NATO sul campo. O, almeno, soldati con la propria uniforme in quanto sotto le “mentite spoglie” di volontari (per i russi ”mercenari” probabilmente stanno già operando militari di alcuni paesi nostri alleati.

Diversi esponenti politici USA ed europei continuano inoltre a dichiarare che “staremo accanto all’Ucraina sino alla vittoria” e che “non possiamo permettere alla Russia di vincere”.

Per cui, è evidente che anche gli europei, inclusi gli italiani, sono di fatto in guerra contro la Russia. Solo che finora non abbiamo combattuto questa guerra con l’invio di nostri soldati sul terreno, ma ci siamo limitati a supportare, armare e, forse, illudere i soldati ucraini (vedi USA e NATO hanno illuso l’Ucraina? – Analisi Difesa)

A 25 mesi dall’inizio del conflitto, la Russia non ha vinto, ha visto frustrate le sue speranze iniziali sia di una campagna lampo sia di far implodere dall’interno il governo Zelensky. Soprattutto, non è ancora riuscita a conquistare Odessa, a collegarsi alla Transnistria e a chiudere ogni possibilità di accesso al mare per Kiev, che era uno dei suoi obiettivi strategici prioritari.  Vero.

Peraltro, neanche l’Ucraina è di fatto riuscita a riprendere il controllo non dico dei suoi territori “pre-2014”, ma neanche della gran parte di quelli occupati dai russi dopo il 2022. La tanto attesa e pubblicizzata controffensiva ucraina non ha purtroppo portato a significativi avanzamenti sul terreno. Però, ha comportato ugualmente ingenti predite di uomini, armi e mezzi. Perdite, soprattutto quelle umane, che Kiev ha molte più difficoltà di Mosca a ripianare.

Sul terreno, intanto, i russi stanno continuando gli sforzi offensivi in atto che tendono a destabilizzare le ormai provate linee difensive ucraine.  Nel contempo, sono anche stati riportati movimenti verso il fronte di nuove riserve russe. Ciò evidentemente in preparazione di una nuova offensiva che verosimilmente Mosca potrebbe lanciare quando le condizioni primaverili potranno essere più favorevoli alla condotta di operazioni corazzate.

Offensiva che gli ucraini difficilmente potrebbero contrastare efficacemente senza un importante supporto di sistemi d’arma tecnologicamente avanzati e di massicci quantitativi di munizioni che statunitensi ed europei devono rendere disponibili. Anche ove tali aiuti venissero forniti con tempestività e senza restrizioni in termini di volumi (a costo di rendere vulnerabili gli stessi paesi donatori), resta il problema del fattore umano e della possibilità per Kiev di ripianare con personale combat ready e motivato le perdite sinora subite. È vero che anche i russi hanno il problema del ripianamento delle perdite, ma loro possono attingere a un bacino di popolazione ben maggiore.

Come avevamo scritto già il 15 febbraio 2023 (vedi Ucraina un anno dopo: ci avviciniamo a un bivio? – Analisi Difesa):“ Il rischio sempre più palpabile è che si stia avvicinando il momento in cui potrebbe apparire insufficiente il supporto (in termini di aiuti economici e militari) che l’Occidente sta fornendo a Kiev.

Ove tale ipotesi si dovesse verificare, l’Occidente dovrebbe scegliere tra due opzioni entrambe difficili e non prive di conseguenze pesantemente negative durature negli anni. Potremmo, cioè, essere posti di fronte alla scelta tra rimanere fedeli ai principi irrinunciabili finora dichiarati in tutte le sedi politiche o abbandonare gi ucraini al loro destino. Nel primo caso potrebbe essere necessario affiancare con propri uomini i soldati ucraini sul terreno, anche in quelle trincee di sangue, dolore e ignoto eroismo che pensavamo per sempre confinate nei libri di storia.

Oppure abbandonare gli ucraini al loro destino, come d’altronde è stato fatto con i sudvietnamiti, con gli iracheni dopo l’abbattimento di Saddam, con i libici dopo l’abbattimento di Gheddafi, con i curdi, con gli afghani. Insomma, bene o male, ormai il mondo si è abituato alla breve durata dei nostri ‘irrinunciabili ideali’ di solidarietà.”

Oggi rischiamo davvero di essere quasi giunti al momento di fare quella scelta. Inoltre, siamo chiamati a tale scelta in una fase in cui l’avanzata elettorale di Trump in USA ci fa temere che lo Zio Sam si stia preparando a scaricare interamente su noi europei l’onere di supportare Kiev. D’altronde, ormai Washington ha già conseguito alcuni significativi benefici dal conflitto e potrebbe ritenersi soddisfatto: ha interrotto i rapporti politici e commerciali tra Europa energivora e Russia e ha di fatto imposto una battuta d’arresto alla “locomotiva europea” che stava correndo troppo.

Siamo sinceri, nessuno si stupirebbe se “The Donald”, tornato nello Studio Ovale, dicesse: “L’Ucraina è in Europa, le è stato assicurato un rapido accesso alla UE: che se la cavino gli europei cui per 75 anni il contribuente USA ha già fornito la sicurezza mentre loro si arricchivano”.  In questo contesto e con tali prospettive, continuare a fare gli struzzi, dichiarando da un lato che “non siamo in guerra contro la Russia” e nel contempo che “non possiamo permettere a Putin di vincere” e che “resteremo accanto a Kiev sino alla vittoria” potrebbe significare rifiutare di ammettere che “il re è nudo”.

Macron ha lanciato un allarme serio, cui sarebbe onesto attribuire la giusta attenzione anche se, in prossimità delle elezioni, è sicuramente un allarme indigesto per buona parte degli elettori che non si sono resi conto o che fingono di non essersi accorti che “a loro insaputa” sono già in guerra contro la Russia.

In un futuro ormai imminente potrebbe non essere più sufficiente limitarsi a fornire supporto agli ucraini standosene seduti in salotto. A quel punto o si decide di schierare i nostri soldati sul terreno o si obbliga di fatto Kiev a trattare e accettare la pace. Pace che non sarà né “giusta” né “ingiusta”, bensì, come sempre è stato, sarà dettata solo dalle posizioni sul terreno.

Siamo pronti a combattere per “i nostri principi”? Comunque sia, basta decidersi ed essere realistici e, soprattutto, essere onesti con noi stessi e con gli ucraini.

Foto: AFP,  Ministero della Difesa Russo e Ministero della Difesa Ucraino

 

Antonio Li GobbiVedi tutti gli articoli

Nato nel '54 a Milano da una famiglia di tradizioni militari, entra nel '69 alla "Nunziatella" a Napoli. Ufficiale del genio guastatori ha partecipato a missioni ONU in Siria e Israele e NATO in Bosnia, Kosovo e Afghanistan, in veste di sottocapo di Stato Maggiore Operativo di ISAF a Kabul. E' stato Capo Reparto Operazioni del Comando Operativo di Vertice Interforze (COI) e, in ambito NATO, Capo J3 (operazioni interforze) del Centro Operativo di SHAPE e Direttore delle Operazioni presso lo Stato Maggiore Internazionale della NATO a Bruxelles. Ha frequentato il Royal Military College of Science britannico e si è laureato con lode in Scienze Internazionali e Diplomatiche a Trieste.

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