Truppe russe in Niger, dove restano anche i militari italiani

 

Istruttori militari ed equipaggiamento rissi sono arrivati ieri a Niamey, in Niger, nel quadro della nuova cooperazione sulla sicurezza con Mosca stabilita dall’accordo di cooperazione militare siglato il 5 dicembre 2023 durante la vista a Niamey di una delegazione russa guidata dal vice ministro della Difesa, Yunus-Bek Yevkurov (nelle foto sopra e sotto).

Secondo quanto riportato dalla tv pubblica nigerina Télé Sahel, la Federazione russa equipaggerà le forze del Niger e “installerà un sistema di difesa anti-aerea” capace “di garantire il controllo totale del nostro spazio aereo”, ha aggiunto la tv mostrando le immagini dell’aereo russo atterrato all’aeroporto di Niamey. I consiglieri militari russi, il cui numero non è stato precisato ma stimato in un centinaio, “assicureranno una formazione di qualità” ai militari nigerini “per un utilizzo efficiente del suddetto sistema”.

“Siamo qui per addestrare l’esercito nigerino e per sviluppare la cooperazione militare tra Russia e Niger”, ha detto uno degli istruttori intervistato dall’emittente televisiva statale nigerina RTN citata in Italia da Agenzia Nova.

Non è ancora chiaro quale sistema di difesa aerea verrà gestito dai consiglieri militari russi in Niger ma potrebbe trattarsi dei Pantsir S2 già in dotazione alle forze armate libiche (LNA del generale Khalifa Haftar) algerine ed etiopiche: in ogni caso i sistemi russi costituiranno il primo embrione di difesa aerea missilistica della nazione africana.

Il 26 marzo scorso, il capo del regime militare del Niger, il generale Abdourahamane Tiani, aveva avuto un colloquio telefonico con il presidente russo Vladimir Putin per discutere del “rafforzamento” di questa cooperazione. Il Niger, come il Burkina Faso e il Mali (nazioni riunite nella Alleanza degli Stati Sahel guidate da giunte militari che hanno rotto le relazioni storiche con la Francia e stretto relazioni politiche e militari con la Russia), affronta da anni ricorrenti violenze jihadiste perpetrate da gruppi legati ad al-Qaeda e all’Isis.

 

Le minacce

Questi gli ultimi scontri di rilievo. Il 21 marzo scorso quando 23 militari sono stati uccisi e 17 feriti in un’imboscata in Niger occidentale durante un’offensiva vicino al confine con il Burkina Faso e il Mali. Secondo il ministero della Difesa nigerino nello scontro oltre 100 “terroristi” hanno attaccato un’unità’ dell’esercito tra Teguey e Bankilare usando “bombe fatte in casa e veicoli suicidi”. In seguito all’agguato circa 30 terroristi sono stati “neutralizzati”. I raid dell’esercito erano “pianificati per rassicurare la popolazione locale” presa di mira da gruppi armati coinvolti in “omicidi, estorsioni e furti di bestiame”, ha affermato il ministero.

La scorsa settimana 6 soldati nigerini sono stati uccisi da una bomba nella zona di Inates, vicino al Mali in uno scontro in cui, secondo l’esercito, sono stati uccisi almeno una decina di “terroristi” in attacchi aerei su entrambi i lati del confine.

La giunta golpista nigerina del resto teme anche un’azione militare da parte delle nazioni della Comunità degli Stati dell’Afruca Occidentale (CEDEAO o ECOWAS), minaccia che sembra progressivamente scemare rispetto ai mesiu successivbi il golpe del 26 luglio scorso.

 

Niamey caccia anche gli americani

Dopo la definitiva estromissione dei militari francesi delle missioni di sicurezza dell’Unione Europea, il Niger ha annunciato in marzo anche la cessazione “con effetto immediato” degli accordi di cooperazione militare con gli Stati Uniti che schierano un migliaio di militari con velivoli a pilotaggio remoto armati MQ9 Reaper, elicotteri e aerei da trasporto C-130J a Niamey (Base 101) e nella base di Agadez (Base 201 – nella foto sotto).

In un messaggio trasmesso il 19 marzo dalla televisione nazionale il colonnello Amadou Abdramane – portavoce della giunta militare di Niamey – aveva annunciato l’interruzione dell’accordo relativo allo status delle forze armate Usa e del personale civile del dipartimento di Difesa Usa nel territorio nigerino, definendo la presenza militare statunitense “illegale” e in violazione di “tutte le regole costituzionali e democratiche”. Non solo: secondo Niamey è illegittimo e “ingiusto” lo stesso accordo, che sarebbe stato “imposto unilateralmente” dagli Stati Uniti, tramite una “semplice nota verbale”, il 6 luglio 2012.

La vice portavoce del Pentagono, Sabrina Singh, ha ammesso il 18 marzo che la delegazione statunitense in visita in Niger ha espresso “la preoccupazione” di Washington in merito ai “crescenti legami” del Paese con Russia (militari ed economici) e con l’Iran (a cui Niamey potrebbe vendere uranio). “Stiamo lavorando per trovare il modo di far rimanere le truppe statunitensi nel Paese”, aveva aggiunto ma è difficile che oggi truppe e velivoli statunitensi possano restare in Niger, vicino a militari, sistemi di difesa aerea e certo di intelligence russi.

 

Opportunità per l’Italia

Anche se le forze statunitensi non hanno ancora sgombrato le due basi a Niamey e Agadez, appare molto probabile che presto le uniche presenze militari straniere in Niger resteranno quella russa e quella italiana considerato che la giunta nigerina non ha mai espresso il desiderio di allontanare la missione italiana in Niger (MISIN) che vede circa 250 militari italiani addestrare esercito e Gendarmeria (nelle foto sotto).

I buoni rapporti bilaterali sono stati confermati anche dalla recente visita a Niamey del direttore dei servizi segreti esteri italiani (AISE) generale Giovanni Caravelli, visita resa pubblica e ampiamente pubblicizzata dai media nigerini.

Il 20 marzo il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, nell’audizione presso le Commissioni riunite Esteri e Difesa della Camera e la Commissione Esteri e Difesa del Senato, ha riferito che nel contesto di instabilità del Sahel il futuro ruolo dell’Italia e dell’Unione europea dipende soprattutto “dalla capacità di ridefinire la nostra strategia, salvaguardano i nostri interessi e valori”. Serve un approccio “pragmatico e flessibile, perché non é con il disimpegno che si costruisce la nostra sicurezza”, ha aggiunto.

“L’impegno italiano nel Sahel é’ cresciuto costantemente nel contrasto al terrorismo e ai traffici criminali” e il Niger “è stato al centro” di tale dinamica ha proseguito Tajani.

Lo stesso giorno anche il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha detto in audizione parlamentare che l’Italia lavora per portare avanti la cooperazione con il Niger anche dopo il colpo di Stato di luglio, come già aveva fatto proseguendo le attività di costruzione della base aeroportuale di Niamey.

Ieri il comandante del Comando operativo di vertice interforze (COVI), Francesco Paolo Figliuolo, in audizione davanti alle commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato ha spiegato che “prosegue l’impegno della Difesa nel Sahel, dove lo sforzo operativo è focalizzato principalmente sul Niger. L’Italia ha una posizione di interlocutore privilegiato nel Paese, che continua ad essere il crocevia di tutti i flussi migratori sia dal Sahel sia dal Corno d’Africa.

Il Niger è un’area di priorità e interesse nazionale, per tale motivo e nella considerazione che un’eventuale uscita delle nazioni occidentali dal Paese lascerebbe spazi di manovra all’allargamento della presenza di altri attori della regione anche malevoli, riteniamo di primaria importanza consolidare la nostra presenza con la missione bilaterale MISIN”. “Complessivamente – ha aggiunto – nel Sahel prevediamo di impiegare un contingente massimo di quasi 800 unità, un’unità navale e fino a 6 assetti tra aerei e elicotteri”.

La decisione italiana di mantenere la presenza militare in Niger costituisce un’opportunità non solo per ampliare l’influenza nazionale in quella regione al di fuori dei consueti schemi di alleanze in ambito occidentale ma anche per monitorare da vicino la penetrazione in tutti i settori di Russia, Cina e Turchia sempre più marcata in Africa.

Non è improbabile che una futura base logistica russa in Niger venga costituita intorno all’aeroporto internazionale di Niamey dove si trova anche quella italiana.

Nonostante la scontata irritazione della Francia per il ruolo ricoperto dall’Italia in una regione da cui Parigi è stata espulsa da diverse sue ex colonie nel giro di pochi anni, in prospettiva il Niger potrebbe rivestire il ruolo di ”apripista” per lo sviluppo e consolidamento del “Piano Mattei” varato dal governo italiano per promuovere la cooperazione con le nazioni africane.

Nella sua stesura programmatica il piano non prevede assetti militari e di sicurezza che risultano invece aspetti che quasi tutte le nazioni africane pongono tra le priorità in ogni accordo di cooperazione con potenze straniere. Come dimostra in modo lampante il caso del Niger.

@GianandreaGaian

Foto: Governo del Niger, AFRICOM, TASS e Difesa.it

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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