Putin a Pyongyang e Hanoi rinsalda le alleanze in Asia  

 

Le visite a Pyongyang e Hanoi di Vladimir Putin ha avuto una vasta eco mediatica non solo nelle tre nazioni coinvolte ma anche in Occidente dove, al netto delle reazioni irritate, sembra maturare la consapevolezza del fallimento del progetto di isolare la Russia e il presidente russo (anche con il mandato della Corte Penale Internazionale) varato all’inizio del conflitto in Ucraina.

Putin e Kim-Jong un hanno stretto un’alleanza politica e militare che va al di là delle forniture di munizioni d’artiglieria (probabilmente scadute o di imminente scadenza) per alimentare le operazioni di Mosca in Ucraina e del supporto tecnologico alle capacità balistiche e aerospaziali di Pyongyang (probabilmente già in essere dalla fine del 2022) ma viene ufficializzata da un vero e proprio trattato.

L’agenzia di stampa ufficiale “Korean Central News Agency” (KCNA) ha pubblicato l’accordo firmato il 20 giugno (pubblicato in italiano da Analisi Difesa) nella capitale dai leader della Federazione Russa e della Corea del Nord, che costituisce un partenariato strategico globale tra i due Paesi, che dagli aspetti militari e geopolitici raggiunge quelli economici e culturali.

Nei 23 articoli del Trattato di cooperazione strategica (di durata illimitata ma revocabile dalle parti con un anno di preavviso) che sostituisce il precedente Trattato di amicizia, buon vicinato e cooperazione siglato nel 2000, vi sono diversi punti di grande valore politico-strategico tra i quali spicca l’impegno reciproco ad offrire assistenza militare “senza indugi” e “mobilitando tutti i mezzi a disposizione” nell’eventualità che uno dei due Paesi venga aggredito militarmente.

Da rimarcare anche il fatto che Corea del Nord e Russia si sono impegnati a non firmare alcun trattato con un terzo Paese che violi i reciproci interessi e a impedire che i loro territori siano utilizzati da alcun paese per danneggiare la sicurezza e la sovranità dell’altro (aspetto che era presente anche nell’accordo del 2009 tra Italia e Libia violato apertamente da Roma con la guerra del 2011).

I due Paesi hanno concordato anche di rafforzare il commercio bilaterale e la cooperazione economica, a sviluppare la cooperazione spaziale e nucleare a uso civile e a contrastare le provocazioni esterne tramite i mezzi d’informazione (paradossalmente la stessa “lotta alle fake news” che l’Occidente sta strutturando contro Russia e Cina).

Sul piano militare il trattato prevede di potenziare le reciproche capacità difensive e di deterrenza per dissuadere parti terze dall’intraprendere conflitti militari. Putin ha affermato ieri che il nuovo documento rispetterà tutti i principi fondamentali del diritto internazionale, non avrà alcun carattere conflittuale e non sarà diretto contro nessuna nazione ma mirerà a garantire una maggiore stabilità nella regione dell’Asia nord-orientale.

Sul piano politico l’impegno comune a combattere “le pratiche neocolonialiste” dell’Occidente, a partire dalle sanzioni, evidenzia quali siano gli avversari di Mosca e Pyongyang. Del resto la visita di Vladimir Putin, conclusa da un invito al “caro compagno Kim Jong-un” a recarsi a Mosca, contribuisce a ricreare anche in Asia il clima da guerra fredda caratterizzato dai blocchi contrapposti.

Curata fin nei dettagli la maestosa  coreografia della visita di Putin; dalle guardie a cavallo ai bambini con i palloncini, dai ritratti giganti dei due leader alla folla radunata sulla Piazza Kim Il Sung fino al dono di due cani di razza coreana Pungsan al presidente russo (nella foto sotto). Da sottolineare il valore simbolico del dono poiché nel 2018, durante la fase di distensione avviata dall’allora presidente Donald Trump,  Kim aveva donato un cane della stessa razza all’allora presidente sudcoreano Moon Jae-in come “dono di pace”.

A conferma del valore di questo accordo,  Kim ha affermato che il livello di “prosperità” degli attuali rapporti bilaterali non era stato toccato nemmeno ai tempi delle relazioni coreano-sovietiche del secolo scorso”. Putin e Kim hanno parlato per ben 11 ore, tra incontro bilaterale con le rispettive delegazioni, due ore di faccia a faccia con i soli interpreti e poi passeggiata, cerimonia del thé e cena”.

Kim ha detto che il patto serve solo a mantenere “la pace e la stabilità nella regione” sottolineando che dimostra come la Russia sia “l’amica e l’alleata più onesta” della Corea del Nord e Putin, insignito della massima onorificenza nordcoreana (l’Ordine di Kim Il Sung) “il più caro amico del popolo coreano”.

Molte le reazioni preoccupate di fronte all’intesa tra Putin e Kim. “Siamo molto preoccupati per il fatto che il presidente russo non abbia escluso una cooperazione tecnico-militare con la Corea del Nord”, ha detto il portavoce del governo di Tokyo, Yoshimasa Hayashi, in dichiarazioni riportate dai media locali. E questa collaborazione, ha aggiunto, potrebbe costituire una “violazione diretta delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite” che peraltro la Russia, membro del Consiglio di Sicurezza, si è impegnata ad ammorbidire.

Sempre in Asia, la Corea del Sud ha espresso rammarico per l’intesa tra Putin e Kim. Il portavoce del ministero degli Esteri Lim Soo-suk, ha ammonito che il Sud “risponderà severamente a qualsiasi azione minacci la nostra sicurezza” mentre il consigliere per la sicurezza nazionale Chang Ho-jin, ex ambasciatore sudcoreano a Mosca, ha detto chiaramente che Seul potrebbe rivedere il divieto di esportare in Ucraina armi letali applicato finora alla luce delle intese strategiche tra Putin e Kim-Jong un. “Abbiamo in programma di riconsiderare la questione del sostegno agli armamenti all’Ucraina”, ha annunciato Ho-ji, decisione che Putin ha detto sarebbe un “errore”.

Le reazioni di Tokyo e Seul confermano l’efficacia della “rappresaglia russa” sulle nazioni extra NATO ma comunque alleate degli Stati Uniti che hanno accettato di sanzionare la Russia e sostenere Kiev. Corea del Sud e Giappone hanno infatti offerto appoggio politico e finanziario all’Ucraina e hanno accettato di produrre più munizioni e missili antiaerei per gli Stati Uniti e altri alleati che hanno così potuto cedere le proprie scorte a Kiev.

Scelta pagata oggi con il coinvolgimento diretto nella nuova guerra fredda e con il cambio di atteggiamento da parte di Mosca: fino a ieri cauto consigliere di Pyongyang improntato alla moderazione e da oggi alleato militare e garante dell’integrità territoriale nordcoreana oltre che fornitore di tecnologie spaziali e militari avanzate.

Rilevante anche sottolineare che la nuova ulteriore escalation della tensione nella Penisola Coreana che si registra oggi, sul finire della presidenza di Joe Biden cozza decisamente con l’eredità di dialogo e rapporti distensivi tra Washington e Pyongyang che aveva lasciato l’Amministrazione Trump. In quest’ottica l’accordo tra Putin e Klim offre nuove frecce all’arco di Trump nella campagna elettorale in corso in vista del voto del 5 novembre.

Non a caso le reazioni più aggressive all’intesa tra Putin e Kim sono giunte dagli Stati Uniti.

Crediamo – ha dichiarato il portavoce del Dipartimento di Stato Matthew Miller durante una conferenza stampa – che l’approfondimento della cooperazione tra Russia e Corea del Nord sia qualcosa che dovrebbe preoccupare molto chiunque sia interessato a mantenere la pace e la stabilità nella penisola coreana, a sostenere il regime globale di non proliferazione, a rispettare le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e, naturalmente, a sostenere il popolo ucraino nella sua difesa della libertà dall’invasione russa”.

Miller ha ribadito le accuse sul trasferimento “illegale” da parte della Corea del Nord di decine di missili balistici e di oltre 11mila container di munizioni alla Russia come dimostrazione di appoggio sul campo di battaglia. “Sappiamo che stanno usando le munizioni nordcoreane per minacciare l’Ucraina e uccidere gli ucraini. Continueremo quindi a fare presente chiaramente le nostre preoccupazioni. Continueremo a chiedere alla Russia di rispettare tutte le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sulla non proliferazione”.

Pyongyang ha sempre negato di aver fornito munizioni o missili alla Russia (che peraltro sono compatibili per tipologia e calibro con quelli russe da cui derivano per la gran parte) ma certo fa sorridere che da USA e nazioni aderenti alla NATO giungano accuse di questo tipo considerando l’ingente molte di armi e munizioni fornite a Kiev.

L’immagine che la propaganda di Washington punta a diffondere è quella di in Putin “disperato” alla ricerca di armi e munizioni in Corea del Nord o in Cina ma in realtà si tratta di una forzatura poiché Mosca ha una produzione bellica in grado di soddisfare i bisogni di guerra e i due paesi asiatici sono tradizionalmente importatori di tecnologia e sistemi d’arma russi, non il contrario.

Ciò detto è possibile che elettronica cinese (e di altra provenienza) dual-use e vecchie munizioni nordcoreane calibro 122 e 152 mm (5 milioni di proiettili secondo l’intelligence sudcoreano) siano state impiegate dai russi (Analisi Difesa pubblicò nell’agosto 2023 immagini di un proiettile da 152mm con iscrizioni n cinese e coreano diffuse dai canali Telegram militari russi) in Ucraina alla stregua dei droni iraniani poi prodotti si licenza in Russia ma queste intese vanno lette nell’ottica di un consolidamento strategico di alleanze in funzione anti-USA idonee a fronteggiare il fallito tentativo di Washington di mettere all’angolo Mosca.

Al tempo stesso appare paradossale che si sottolinei come la poverissima Corea del Nord sia riuscita a fornire ai russi 5 milioni di proiettili di artiglieria i russi impiegando 11 mila container caricati su altrettanti vagoni ferroviari mentre la ricca Europa non sia riuscita negli ultimi 15 mesi a fornire all’Ucraina un milione di proiettili promessi (forse ce la farà entro dicembre).

Dopo la decisione delle potenze occidentali di autorizzare Kiev a colpire con le loro armi il territorio russo Mosca aveva minacciato adeguate rappresaglie e Putin aveva ipotizzato di fornire armamenti analoghi in “regioni del mondo” da dove avrebbero potuto essere utilizzati per colpire “obiettivi sensibili” di Paesi della NATO. “Coloro che forniscono queste armi credono di non essere in guerra con noi – ha accusato Putin in una conferenza stampa notturna – ma ho detto, anche a Pyongyang, che ci riserviamo il diritto di fornire armi ad altre regioni del mondo, tenendo presenti i nostri accordi con la Repubblica popolare democratica di Corea, e non lo escludo”.

Mosca non esclude neppure una revisione della sua dottrina nucleare, tenendo conto che i potenziali avversari “stanno lavorando su questo” con un possibile “abbassamento della soglia per l’uso di armi atomiche”, ha affermato ancora Putin forse riferendosi alle ultime dichiarazioni del segretario generale della NATO Jens Stoltenberg.

Se la Russia esce rafforzata dall’intesa perché consolida la sua posizione nell’Indo-Pacifico e le alleanze con chi vede come ostili gli Stati Uniti e il cosiddetto “occidente globale”, Pyongyang incasserà forniture russe non solo militari o di tecnologie dual-use ma anche in termini di rifornimenti di carburante, cibo, manufatti in grado di migliorare le condizioni di vita della popolazione consolidando così il regime.

L’intesa Putin-Kim, preparata con un lungo lavoro che ha visto almeno 18 delegazioni di stato russe recarsi a Pyongyang negli ultimi 18 mesi (le più rilevanti sono la visita dell’allora ministro della Difesa Sergei Shoigu a Pyongyang nel luglio 2023 e quella di Kim nella Russia Orientale nel settembre dell’anno scorso), è anche il frutto dell’approccio esasperato degli Stati Uniti ai rapporti con Russia e Cina e dell’assenza di una strategia razionale da parte dell’intero Occidente come dimostra anche la reazione rabbiosa di Washington alla visita di Putin in Vietnam, dove è arrivato da Pyongyang.

Incontrando il segretario generale del Partito comunista, Nguyen Phu Trong, il presidente To Lam, il premier Pham Minh Chinh e il capo del Parlamento Tran Thanh Man, Putin ha definito il Vietnam “uno dei partner più affidabili della Russia” e ha firmato una ventina di accordi (anche nel settore militare) per “rafforzare il commercio bilaterale e la cooperazione tra Hanoi e Mosca”, mentre una dichiarazione congiunta parla di “partnership strategica globale”.

Si tratta della prima visita di Putin in Vietnam dal 2017 (in Corea del Nord non andava dal 2000) e ha scatenato l’ira degli USA, divenuti in questi anni principale partner commerciale di Hanoi che però ha aperto sul piano economico anche all’Europa ma continua a guardare a Mosca sul piano delle forniture militari.

“Il Vietnam è interessato allo sviluppo della cooperazione tecnico-militare nei settori aeronautico e delle costruzioni navale e la Federazione Russa è pronta a fornire tutta l’assistenza possibile”, ha detto il capo del Servizio Federale per la cooperazione tecnico-militare Dmitri Shugayev.

“Nessun paese dovrebbe dare a Putin una piattaforma per promuovere la sua guerra di aggressione e consentirgli altrimenti di normalizzare le sue atrocità”, ha detto un portavoce dell’ambasciata americana ad Hanoi mentre Putin ha ringraziato il Vietnam per aver sostenuto “un modo pragmatico per risolvere la crisi” in Ucraina. Hanoi resta infatti neutrale, non condanna l’attacco russo né ha posto sanzioni a Mosca.

@GianandreaGaian

Foto: KCNA, TASS e RIA-Novosti

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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