Le missioni militari italiane all’estero nel 2025

 

“Sono attualmente in corso 39 missioni e operazioni internazionali, per una consistenza media di 7.750 unità, un contingente massimo autorizzato pari a 12.100 unità, e un onere finanziario complessivo che ammonta a 1,48 miliardi, divisi tra 980 milioni per il 2025 e 500 milioni per il 2026”. Lo ha detto il capo di Stato maggiore della Difesa, generale Luciano Portolano, nel corso dell’audizione davanti alle commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato il 25 marzo scorso.

Una relazione analitica su quanto fatto nel 2024 anche al fine di giustificare una proroga delle missioni internazionali in corso e gli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione nelle aree di interesse per il 2025.

Portolano a evidenziato due esigenze: “Sostenere la dimensione collettiva della sicurezza in ambito euro-atlantico e disporre autonoma capacità difensiva del territorio nazionale in un contesto di crescente ipercompetizione internazionale“.

Per tenere fede agli impegni dettati dall’Alleanza per garantire prontezza di risposta in caso di crisi, saranno necessarie “forze ad alta e altissima prontezza operativa“, ha sottolineato il Capo di Stato Maggiore della Difesa riportando i numeri della scheda contenuta nella Delibera che prevede “una forza massima di 2.867 unità, 339 mezzi terresti, 4 navali e 15 aerei in grado di gestire eventuali situazioni emergenziali e le esigenze operative NATO”.

Le 39 tra missioni e operazioni internazionali (17 prorogate contro le 36 dell’anno precedente) prevedono una consistenza media di 7.750 unità, un contingente massimo autorizzato di 12.100 unità, e un onere finanziario complessivo che ammonta 980 milioni per il 2025, a cui si aggiungerebbero 500 milioni per il 2026 per un totale di 1,48 miliardi di euro ripartito su due annualità.

Aree di interesse, in uno scenario geopolitico definito “particolarmente complesso” che, per l’Italia, sono, secondo “il Mediterraneo, i Balcani, il Fianco Est della Nato, il Medio Oriente, il quadrante Sahel/Golfo di Guinea e il Corno d’Africa”.

Senza perdere di vista la rivalità per l’accesso alle risorse e gli effetti del cambiamento climatico. Aree influenzate dalla presenza di Russia e Cina i cui interessi, per “aumentare la loro sfera di condizionamento, strappando l’influenza occidentale“, si estendono dal Mediterraneo Allargato verso i Balcani dove le due potenze “stanno rafforzando il loro peso alimentando le dispute tra Serbia e Kosovo“, quindi in Africa dove “è in corso un processo di riconfigurazione degli allineamenti e degli equilibri di potere, con una crescente diversificazione delle partnership di Cina e Russia. In questo senso, la stabilità della Libia per noi rimane prioritaria, attesa la rilevanza sotto i profili migratori, energetico, securitario, e la permanente situazione di stallo politico in cui versa“.

Portolano ha messo in rilievo l’impegno nel Mar Rosso, con l’operazione Aspides, che consente la salvaguardia e la sicurezza del traffico marittimo da e per il Mediterraneo attraverso Suez e quindi con un forte impatto sull’economia del Paese, minacciato dagli Houthi: “Si tratta di un’operazione fortemente voluta. Si potrebbe pensare di integrarla con l’operazione anti pirateria Atalanta, in quanto complementari e quindi si potrebbe pensare ad unico comando”. 

In Niger invece l’obiettivo “è evitare un effetto contagio che possa favorire la destabilizzazione dell’area trasformando la cintura saheliana in uno strumento ibrido puntato verso l’Italia e l’Ue. Di fronte al disimpegno di diverse nazioni occidentali nell’area, pensiamo che sia opportuno continuare la collaborazione bilaterale con il Paese, che è crocevia di tutti i flussi migratori, facendo acquisire all’Italia un ruolo di interlocutore privilegiato“, ha aggiunto il capo di Stato maggiore.

“La Russia genera in Africa le future posizioni per attività non solo in quel continente ma anche sul lato sud dell’Alleanza. Ecco perché con la presidente Meloni e il ministro Crosetto diciamo che va posta una attenzione particolare al fianco sud, che oggi è affetto da sfide ma domani esse potrebbero essere minacce pericolose per i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo”.

Circa l’intervento italiano a Gaza, Portolano ha sottolineato che “l‘operazione Levante è stata avviata per sostenere la popolazione civile palestinese a seguito dello scoppio del conflitto Israele-Hamas”.

Quanto alla missione UNIFIL “l’Italia ha svolto un ruolo fondamentale in Libano durante la crisi, in occasione della presenza israeliana nell’area sud, con interventi duri e decisi del ministro Crosetto sulla postura dell’Unifil. Il problema è che UNIFIL ha un mandato adeguato ma manca di strumenti, ovvero di regole di ingaggio, che consentano alle forze sul terreno di assolvere pienamente il loro compito. Queste regole devono essere cambiate”.

Portolano ha infine confermato il rinnovo dell’Operazione Strade Sicure sul territorio nazionale. “Strade Sicure nacque in un momento di crisi, d’emergenza. Ora c’è da chiedersi se l’emergenza continua. Al momento abbiamo 6.000 unità più 800 per Stazioni Sicure. Ho parlato di recente coi ministri Crosetto e Piantedosi: quest’anno manteniamo il livello di 6.800 unità. L’anno è giubilare, ci sono i campionati di tennis, potrebbero insorgere situazioni di emergenza” ha spiegato. In prospettiva però “vorrei dare a Strade Sicure una maggiore efficacia cambiando le dinamiche di impiego, riducendo i numeri ma con una maggiore capacità ed efficacia.

Per esempio il pattugliamento dinamico si confà molto al nostro modo di essere, così invece di una ambasciata e una stazione noi potremmo coinvolgere tre ambasciate in un’area, e 5-6 punti sensibili, sempre sulla base delle indicazioni dei prefetti“.

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I termini di presentazione della relazione analitica sulle missioni in corso sono stati posticipati dal 31 dicembre al 31 gennaio dell’anno successivo. Un passaggio che va quindi a impattare sull’intero percorso sia di rinnovo delle missioni già in essere, sia su quelle nuove da avviare.

la Legge 168 è stata fortemente voluta dal Ministro della Difesa Guido Crosetto con l’obbiettivo di rendere più adeguato il contesto normativo che regola la partecipazione del nostro Paese a missioni all’estero, almeno così come fino a ora regolato dalla Legge 145 del 2016.

Il provvedimento approvato definitivamente dal Senato nell’ottobre scorso, interviene proprio su alcuni punti specifici della stessa Legge 145, con tali modifiche che diventano quindi immediatamente operative in questo 2025. Due in particolare quelle più significative.

La prima introduce un elemento di flessibilità che consente di prevedere in anticipo le possibili “interoperabilità” in termini di personale e assetti operativi tra missioni diverse ma nella stessa area geografica.  In virtù delle evoluzioni dei singoli scenari dunque, il personale già operativo sul terreno (o comunque già autorizzato) può essere destinato a rafforzare un’altra missione pur sempre in zone limitrofe.

Il tutto, peraltro, con annesso impatto sui documenti stessi presentati al Parlamento; sotto forma di una riorganizzazione/raggruppamento delle schede esplicative. Il secondo elemento di novità è rappresentato dalla istituzione delle “Forze ad alta e altissima prontezza operativa”.

Più in particolare, con la Legge 168 viene infatti stabilito che nelle deliberazioni con le quali il Governo chiede al Parlamento l’autorizzazione alla partecipazione alle missioni internazionali, l’esecutivo stesso possa individuare dei contingenti di forze con le caratteristiche appena menzionate. Queste ultime diventano così a loro volta impiegabili laddove dovessero verificarsi delle crisi improvvise e/o o situazioni d’emergenza

Con una novità ulteriore, questo tipo di evento è infatti caratterizzato da una specifica procedura Parlamentare. In caso di loro effettivo impiego, il Consiglio dei Ministri sarà infatti chiamato a deliberare in merito (previa comunicazione al Presidente della Repubblica) e la deliberazione trasmessa alle Camere; queste ultime, entro 5 giorni, ne autorizzano l’impiego o (nel caso) ne negano l’autorizzazione.

 

Il contesto

Nella “Relazione analitica sulle missioni internazionali in corso e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, riferita all’anno 2024, anche al fine della relativa proroga per l’anno 2025” si legge: «l’Italia oggi si trova in un mondo sempre più complesso, in cui con l’intensificarsi della competizione strategica porta a una situazione di “continuum of competition” e tensione internazionale permanente.»

Oltre ai domini tradizionali, questa fase di rinnovata contesa tra Stati si esprime attraverso salti importanti dal punto di vista tecnologico e dalla crescente presenza nei nuovi domini quali quello spaziale e cibernetico. Ai quali vale la pena di aggiungere quello che pur non essendo ancora un dominio vero e proprio, riveste comunque un’importanza sempre maggiore, cioè quello informativo-cognitivo.

In questo contesto, l’Italia resta ovviamente concentrata sulla propria aerea di interesse geografico prioritario: il “Mediterraneo Allargato”, non disdegnando certo il proprio interesse verso l’Indo-Pacifico dove la presenza militare italiana è sempre meno sporadica.

Una concentrazione e un’azione che si esprimono nel solco tracciato da specifiche linee guida stabilite dall’autorità politica:

  • perseguire gli interessi nazionali attraverso la partecipazione alle missioni delle diverse organizzazioni internazionali di rifermento (NATO, UE e ONU), conferendo priorità alla sicurezza energetica, alla sicurezza in Europa, alla stabilità dell’Africa e alla centralità del Mediterraneo.
  • perseguire gli interessi nazionali ma in questo caso attraverso specifiche missioni bilaterali.
  • esprimere una presenza militare coerente con il perseguimento/conseguimento degli obiettivi nazionali nell’ambito dei quadranti strategici per il nostro Paese e cioè il Mediterraneo, i Balcani Occidentali, il Fronte Est dell’Alleanza Atlantica, il Sahel e il Golfo di Guinea, Il Corno D’Africa e l’Oceano Nord Occidentale nonché, infine, il Medio Oriente.

Nel solco dunque di scelte consolidate e nel quadro di missioni e operazioni i cui compiti principali sono rappresentati dalla funzione deterrenza (in particolare sul Fianco Est della NATO), di stabilizzazione/Capacity building in praticamente in tutti gli altri quadranti e dalla sicurezza delle linee di approvvigionamento (soprattutto energetiche) nel Medio Oriente e nello stesso Mediterraneo.

 

La nuova “missione” per il 2025

Di fatto, il 2025 non registra l’avvio di nessuna missione vera e propria anche se la “Deliberazione del Consiglio dei ministri in merito alla partecipazione dell’Italia a ulteriori missioni internazionali” una novità la propone.

E cioè l’avvio della esperienza legata alle già ricordate “Forze ad alta e altissima prontezza Operativa” (Scheda 15-BIS/2025), destinate come detto a fornire un più rapido ed efficace intervento nei Paesi in cui operano personale e contingenti nazionali, nonché (anzi, soprattutto) di supporto alle forze rientranti nelle “Allied Reaction Forces” (ARF) della NATO.

Nel dettaglio, la Deliberazione per il 2025 individua un numero massimo delle unità di Personale mobilitate pari a 2.867 militari, con 359 mezzi terrestri, 4 navali e 15 aerei.

Una ulteriore particolarità di questo nuovo dispositivo è che il suo finanziamento non origina nel fondo apposito istituito nello Stato di Previsione del Ministero dell’Economia e delle Finanze, bensì in uno specifico capitolo di spesa sempre appositamente costituito allo scopo ma, in questo caso, direttamente in quello del Ministero della Difesa.

Per completezza, esso vale 156 milioni di euro per ciascuno degli anni che vanno dal 2025 a 2027. Proprio per quest’anno l’esigenza finanziaria è indicata in una cifra appena inferiore ai 30 milioni.

Escludendo questo nuovo impegno atipico che non rappresenta una nuova missione vera e propria, evidentemente emerge che quest’anno non ne saranno avviate per l’appunto di davvero nuove. Scelta dettata forse dall’attuale già rilevante mole di impegni delle Forze Armate e dalle possibili evoluzioni della crisi in Ucraina tra ipotesi di negoziati e di schieramenti di contingenti militari multinazionali.

Anche il dato relativo al Personale impiegato restituisce un confronto all’insegna della stazionarietà dei numeri: 12.109 unità di personale massimo e 7.751 unità in media dispiegati in missioni all’estero. A questi vanno teoricamente aggiunti quelli potenzialmente impiegabili dal bacino di “Forze ad alta e altissima prontezza Operativa” mentre l’anno scorso, quegli stessi valori erano stati rispettivamente pari a 12.000 e 7.895.

Per quanto riguarda i costi, e considerando quelli di stretta competenza del solo Ministero della Difesa, oltre a quelli delle diverse missioni si ricorda che il conto finale deve anche tenere conto degli stanziamenti legati alle “Esigenze comuni a più teatri operativi delle Forze Armate” (scheda 15/2025) per un totale di 82,4 milioni.

Queste sono a loro volta costituite dalle spese di “Assicurazione, trasporto, infrastrutture”, con 79 milioni e dagli “Interventi disposti dai Comandanti dei contingenti militari delle missioni internazionali” per 3,4 milioni.

Ricapitolando dunque le missioni militari per il 2025 avranno un costo complessivo di 1.480,2 milioni per quanto di pertinenza del Ministero della Difesa (in leggero calo rispetto ai 1.492 milioni del 2024) più i circa 30 milioni per le “Forze ad alta e altissima prontezza Operativa”).

Al fine poi fornire un più puntuale quadro informativo, si ricorda anche di quei 1.480,2 milioni, 977,1 fanno riferimento a quote di spesa relative all’adempimento di obbligazioni esigibili nell’anno 2025 mentre i restanti 503,1 si riferiscono invece al 2026.

Per quanto tecnicamente di competenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri, per completare il quadro degli stanziamenti appare comunque opportuno ricordare anche il “Supporto info-operativo delle Forze Armate” svolto dall’AISE (cioè l’Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna), con uno stanziamento di 32 milioni (scheda 16/2025).

Quale informazione finale sempre dal punto di vista finanziario, si aggiunga che l’insieme dei provvedimenti inseriti nelle deliberazioni (compreso dunque quanto di competenza per missioni civili e interventi vari) porta il totale dell’impegno finanziario per il 2025 a crescere ancora fino a 1.895,9 milioni di euro (mentre nel 2024 era stata toccata la cifra di 1.825,4 milioni).

Come si era accennato in un passaggio iniziale, il documento presentato dal Governo per il 2025 si caratterizza per la novità di raggruppare in una unica scheda anche più missioni che fanno riferimento a una stessa aerea geografica. Per dare un termine di riferimento più preciso rispetto alle modiche introdotte, si pensi che l’anno scorso le schede missioni riferite al Ministero della Difesa erano, tra nuove e vecchie, 37 mentre quest’anno sono 15 (più una).

Peraltro, c’è da dire che le premesse di quella che sarebbe stata la tendenza attuale c’erano già l’anno scorso con l’avvio della missione navale Aspides nel Mar Rosso che aveva portato alla creazione di una sorta di unico dispositivo aeronavale, comprendente tutti gli assetti operanti sì in più missioni ma comunque nella stessa regione.

E anche le diverse missioni civili UE con annessa presenza militare erano state già raggruppate in un’unica scheda. Ebbene, è da evidenziare che questa novità estesa ora a tutto quello che accade nel 2025 ci restituisce un quadro all’insegna di una discreta (e inopportuna) opacità.

Ciò che accade infatti è che nella stessa scheda finiscano con l’essere ricomprese diverse missioni, a loro volta facenti riferimento a contesti/ambiti diversi. Anzi, talvolta, addirittura ad aree geografiche differenti. In questo modo diventa impossibile proporre la tradizionale scomposizione del numero dei militari a seconda che la missione si svolga in ambito nazionale o multinazionale; così come non è possibile attribuire il numero di militari effettivamente impiegati in una determinata regione.

L’unica operazione che rimane possibile è quella dell’attribuzione della organizzazione di riferimento per le diverse missioni, il cui totale è comunque di 35 (più quella legata alla novità delle “Forze ad alta e altissima prontezza Operativa”, più le 12 civili in ambito UE ma tali da prevedere comunque la presenza di Personale Militare).

Nel dettaglio, 8 di queste sono in ambito NATO, 7 in ambito Unione Europea, 5 in ambito ONU e 3 nell’ambito di una coalizione, Le restanti 12 sono nazionali, 2 delle quali non sono comunque vere e proprie missioni bensì basi/hub logistici.

Per tornare invece rapidamente al tema dei numeri dei militari impegnati, lo schema dovrebbe essere rimasto sostanzialmente inalterato, con le missioni NATO che assorbono la maggior parte dei militari seguite da quelle su base nazionale, poi quelle UE e, da ultimo, quelle ONU e quelle in ambito coalizione pressoché appaiate.

Analogamente, anche il dato della ripartizione geografica dovrebbe rispecchiare quello dello scorso anno, con l’Europa che vede la quota più elevata di militari impegnati, seguita da Asia e l’Africa.

 

Missioni in Europa

Le missioni riferite tecnicamente all’Europa dal Documento presentato al Parlamento sono raggruppate in 2 sole schede. La prima fa riferimento all’impiego di un dispositivo militare nei Balcani Occidentali, Kosovo e Bosnia Erzegovina in particolare (scheda 1/2025).

In essa risultano dunque ricompresi l’impegno in ambito NATO denominato “Joint Enterprise” (e incentrato proprio sul Kosovo) più la EUFOR Althea in Bosnia Erzegovina (quest’ultima, ovviamente, in ambito EU). Il numero massimo dei militari autorizzati è di 1.848 unità, con 689 mezzi terrestri più 5 aerei per un costo di 150,5 milioni.

Sommando quindi le 2 missioni per come erano presentate in maniera separata lo scorso anno, emerge un leggero incremento dei militari autorizzati.

La seconda (scheda 2/2025) fa invece riferimento alla “Partecipazione nazionale alle iniziative NATO, UE, di coalizione e bilaterali di supporto all’Ucraina” e consiste nella missione di assistenza militare, sostegno e addestramento delle Forze Ucraine condotte dalla Unione Europea, ovvero EUMAM Ucraina, più la partecipazione alla simile iniziativa NATO denominata “NATO Assistance and Training for Ukraine” (NSATU).

Per questi impegni è previsto lo schieramento di un massimo di 213 unità di personale, per un costo di 14,8 milioni a fronte degli 80 militari autorizzati lo scorso anno per la sola EUMAM Ucraina.

Destreggiandosi poi in una disposizione un po’ “caotica”, si deve arrivare alla scheda 9/2025 per trovare nuovamente missioni che si svolgono sul teatro Europeo, in realtà molto allargato.

Con questa scheda si dispone infatti la proroga dell’impiego di alcuni dispositivi aeronavali per iniziative di presenza, sorveglianza e sicurezza negli spazi marittimi Europei e Atlantici. Dunque, con ordine, l’operazione “Mediterraneo Sicuro” (su base nazionale), quella in ambito NATO “Sea Guardian”, quella in ambito UE nota come EUNAVFORMED Irini, il dispositivo sempre NATO per la sorveglianza aeronavale dell’area Sud dell’Alleanza e (oltre a tutte queste missioni incentrate sul Mediterraneo) anche la nostra presenza navale nel Golfo di Guinea (e qui, evidentemente siamo negli spazi marittimi Atlantici, ovvero in Africa).

Il totale dei militari autorizzati è di 2.039, con 11 mezzi navali e 18 aerei; il tutto per un costo di 234,7 milioni. A questo proposito, si osserva un deciso aumento degli organici rispetto al 2024.

Nuovo salto in avanti e nella sezione dedicata al “Potenziamento dispositivi nazionali, della NATO, UE e dell’ONU” troviamo la prosecuzione del dispiegamento di un dispositivo aereo nazionale per il potenziamento dell’ “Air Policing /Air Shielding” della NATO e quello per il potenziamento della sorveglianza dello spazio aereo dell’Alleanza stessa (scheda 11/2025), Qui sono 375 i militari impegnati, con 15 mezzi aerei a un costo di 105,2 milioni e con numeri finali perfettamente coincidenti con quelli del 2024.

La scheda 12/2025 fa infine riferimento all’insieme di impegni assunti dal nostro Paese con la NATO, per il suo rafforzamento sul Fianco Est (in ambito “Forward Land Forces”, cioè presenza militare terrestre avanzata) che si traduce nello schieramento di nostri assetti in Slovacchia, Bulgaria, Romania, Ungheria, Lettonia, Estonia, Lituania, Polonia.

Un totale di ben 2.323 militari, ai quali si aggiungono 1.046 mezzi terrestri e 9 aerei, per un costo complessivo di 188,2 milioni. Numeri che sostanzialmente ricalcano quelli del 2024 e che confermano questo schieramento come il più importante dal punto di vista numerico.

 

Asia

La rassegna della nostra presenza militare in questa regione si apre con la proroga dell’impiego di un dispositivo militare nell’area del Libano e del Mediterraneo orientale, dispiegato peraltro in numerosi Paesi (Libano, Israele, Cisgiordania e Giordania), più nel Mar Mediterraneo stesso (scheda 3/2025).

Si tratta della presenza in Libano nell’ambito della missione ONU denominata UNIFIL (United Nations Interim Force Lebanon) e della “Missione Bilaterale di addestramento” (MIBIL) su base nazionale. A esse si aggiunge la MIADIT incentrata sull’addestramento delle forze di sicurezza Palestinesi che si svolge nella Cisgiordania.

Il totale dei militari autorizzati è di 1.650, con 376 mezzi terrestri, 1 navale e 7 aerei; per un costo di 177,6 milioni. L’anno scorso (senza MIADIT, ancora sospesa) il numero di militari era invece di circa 1.400.

La scheda 4/2025 fa riferimento alla Proroga dell’impiego di un dispositivo militare (incluso il personale del Corpo militare volontario della Croce Rossa) in Iraq e nel Medio-Oriente con un lunghissimo elenco di Paesi interessati (Iraq, Kuwait, Giordania, Siria, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Bahrain, USA e Golfo Arabico).

Nel dettaglio, si sta parlando della “Partecipazione nazionale alla coalizione internazionale di contrasto a Daesh” in Iraq, alla “NATO Mission in Iraq” (NM-I) e al dispositivo militare logistico dispiegato in varie zone del Golfo (e non solo) per le esigenze connesse alle missioni internazionali in Medio Oriente e Asia.

Il totale dei militari autorizzati è di 1.270, con 202 mezzi terrestri e 14 aerei mentre il costo è di 272,8 milioni (cioè, l’impegno economicamente più oneroso). Il volume di militari impiegati rimane dunque in linea con quello del 2024.

A seguire (scheda 5/2025), l’Operazione Levante che è destinata a fornire un dispositivo militare per il contributo nazionale a seguito del conflitto tra Israele e Hamas: 252 militari autorizzati con 10 mezzi terrestri, 1 navale e 4 aerei; il tutto per un costo di 3,7 milioni (e un numero di militari in aumento rispetto al 2024).

Come già accaduto per l’Europa, per completare il quadro delle missioni operanti nell’area occorre poi tornare a fare il solito salto in avanti, più precisamente nella sezione dedicata al “Potenziamento dispositivi nazionali, della NATO, UE e dell’ONU”.

Qui troviamo il rinnovo delle iniziative di presenza, sorveglianza e sicurezza nell’area del Mar Rosso e dell’Oceano Indiano Nord-Occidentale (scheda 10/2025).

Il riferimento è alla riorganizzazione operata lo scorso anno a seguito dell’avvio della missione di protezione del traffico mercantile contro la minaccia Houthi. Nel 2025, la nostra presenza si esprime attraverso la missione anti-pirateria EUNAVFOR Atalanta che opera al largo della Somalia e quella EUNAVFOR Aspides per l’appunto nel Mar Rosso (entrambe in ambito UE).

A queste si aggiungono le iniziative multinazionali “Combined Maritime Forces” (CMF) che abbraccia gli spazi marittimi della regione intorno alla Penisola Arabica e “Multinational Force and Observers” (MFO) nel Sinai. Qui sono 806 i militari autorizzati, con 6 mezzi navali e 11 aerei per un costo di 105,5 milioni.

Anche in questo caso, si segnala un aumento dei militari autorizzati rispetto allo scorso anno. Fermo restando che l’attribuzione di questa scheda all’Asia rimane anche discutibile, visto che le missioni in essa racchiuse si svolgono in acque/spazi di confine con l’Africa e la stessa Atalanta fa riferimento proprio a questo continente.

Un’ultima notazione su questo impegno: la differenza rispetto al 2024 costituita dalla avvenuta chiusura lo scorso giugno della “European Maritime Awareness in the Strait of Hormuz” (EMASoH), operazione Agenor, missione Europea con annessa partecipazione Italiana che si svolgeva nel Golfo Persico.

 

Africa

La prima missione riguardante il continente Africano riguarda la proroga dell’impiego di un dispositivo militare nazionale per attività di assistenza, supporto e cooperazione nell’area del Nord-Africa, quindi principalmente in Libia e Tunisia (scheda 6/2025).

Questa presenza si concretizza nella missione bilaterale di assistenza e supporto (MIASIT) e nella missione “United Nations Support Mission in Libya” (UNSMIL), entrambe per l’appunto in Libia; nella “Missione bilaterale di cooperazione in Tunisia” e nella iniziativa NATO “Implementation of Enhancement of the Framework for the South”.

In totale, 233 militari autorizzati (in linea con i numeri dell’anno scorso) con 10 mezzi terrestri e un costo di poco meno di 23 milioni di euro.

La scheda 7/2025 riguarda invece l’impiego di un dispositivo militare nell’area dell’Africa Occidentale, con un elenco di Paesi interessati davvero importante (Niger, Nigeria, Mali, Mauritania, Chad, Burkina Faso, Senegal, Ghana, Costa d’Avorio, Guinea, Togo, Ghana e Benin).

Nel concreto si parla della “Missione bilaterale di supporto con la Repubblica del Niger” e di quella simile nel Burkina Faso con 550 militari, 23 mezzi terrestri e 5 aerei, per un costo complessivo di 75,1 milioni. Anche in questo caso, i numeri sono in linea con quelli del 2024.

Con l’occasione si ricorda che nel frattempo è terminata anche la missione EUMPM (European Union Military Partnership Mission) nel Niger in cui erano presenti militari Italiani. Si passa dunque al Corno d’Africa (scheda 8/2025), caratterizzato da anni da una presenza Italiana piuttosto articolata (in Somalia, Gibuti, Etiopia, Eritrea e con una propaggine fino al Mozambico).

Il nostro Paese è infatti presente nella missione EUTM Somalia (European Training Mission), in quella “bilaterale di addestramento delle forze di polizia Somale, Gibutiane e delle Forze Gibutiane”, quindi con la “base militare nazionale a Gibuti” (per le operazioni nella regione) e, infine, nella “Missione di formazione e addestramento” EUMAM in Mozambico (che, come la EUTM Somalia, ovviamente avviene in ambito UE).

Il numero massimo di militari autorizzati è di 481 unità, con 44 mezzi terrestri per un costo di 42,7 milioni mentre si registra un leggero incremento di personale rispetto al 2024.

 

Potenziamento dispositivi nazionali, della NATO, UE e dell’ONU.

In questa sezione sono raccolte dunque una serie di missioni che si svolgono in aree geografiche diverse e/o in contesti diversi. Oltre quindi alle schede 10/2025, 11/2025 e 12/2025 già raggruppate nelle rispettive regioni di competenza (le prime 2 in Europa, la seconda in Asia/Africa) non resta che analizzare le ultime 2 in assoluto per questo 2025.

Si comincia con quella che fa riferimento a impegni militari propriamente detti, che si traducono nella partecipazione di personale delle Forze Armate a diverse missioni di monitoraggio ONU (scheda 13/2025).

Nel dettaglio, la “United Nations Peacekeeping Force in Cyprus” (UNFICYP) a Cipro, la “United Nations Military Observer Group in India and Pakistan” (UNMOGIP) al confine tra i 2 Paesi e la “United Nations Mission for the Referendum in Western Sahara” (MINURSO) nel Sahara Occidentale. I numeri sono modesti, 9 militari e un mezzo terrestre (in linea con quelli dell’anno scorso) per un costo di 900 mila euro.

La rassegna si conclude infine con una ulteriore scheda, facente invece riferimento a una serie di missioni che sono sì civili (istituite dall’Unione Europea) ma che prevedono comunque la presenza anche di Personale Militare delle Forze Armate (scheda 14/2025).

L’elenco è particolarmente lungo: EUAM Iraq, EUBAM Libia, EUBAM Rafah ed EUPOL COPPS (entrambe dunque nei territori Palestinesi), EAUM RCA (Repubblica Centroafricana) EUCAP Sahel Mali, EUCAP Somalia, EULEX Kosovo, EUMM Georgia, EUAM Ucraina, EUM Armenia, EUPM Moldova.

Quindi 12 in tutto, che prevedono complessivamente l’impiego di 52 militari con 8 mezzi terrestri, per un costo di poco meno di 3 milioni. Anche per quest’ultimo impegno, non si registrano particolari variazioni rispetto al 2024.

Foto: Difesa.it e EUBAM Libia

 

Giovanni MartinelliVedi tutti gli articoli

Giovanni Martinelli è nato a Milano nel 1968 ma risiede a Viareggio dove si diplomato presso l’Istituto Tecnico Nautico per poi lavorare in un cantiere navale. Collabora con Analisi Difesa dal 2002 occupandosi di temi navali in generale e delle politiche di Difesa del nostro Paese in particolare. Fino al 2009 ha collaborato con la webzine Pagine di Difesa.

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