Ipocrisie Ucraine

 

Al di là degli insulti reciproci tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky (il presidente ucraino dimentica che gli USA hanno speso per lui una cifra imponente) mi chiedo seriamente se i cittadini europei si rendano conto di come la gestione “europea” della crisi ucraina sia stata – soprattutto negli ultimi tempi – semplicemente assurda e se i media in argomento abbiano dato e diano versione corrette.

Messa all’angolo e minimizzata dai rapporti diretti USA-Russia nonostante le centinaia di miliardi di euro investiti, l’Europa non sembra infatti rendersi conto della (brutta) realtà. Leggere poi che il presidente Zelensky sostenga che Trump starebbe “in una bolla di disinformazioni russe” mi lascia decisamente perplesso pensando al credito che in Europa si è dato e ancora si dà a questo personaggio.

Per cominciare, per mesi e mesi nessuno in Europa ha ammesso quello che scrivo da un anno ovvero che Zelensky è scaduto nel suo mandato e in una drammatica caduta di credibilità interna e che quindi andavano fatte nuove elezioni. “Ma c’è la legge marziale, c’è la guerra” si è sostenuto a Bruxelles.

Una scusa, perché la guerra interessa solo una piccola parte dell’Ucraina e la legge marziale è stata imposta proprio dallo stesso Zelensky. Piuttosto l’Europa dovrebbe chiedersi cosa abbiano prodotto tre anni di legge marziale anche in termine di libertà di espressione in Ucraina, visto che il dissenso è proibito e l’opposizione sparita.

Allo stesso modo i leader europei fanno finta di non sapere (ed ufficialmente non se lo sono mai chiesti) dove vadano a finire buona parte delle loro forniture e in mano a chi sia la gestione degli aiuti, in un paese che si sempre contraddistinto per la sua corruzione.

Così come non ammette che l’esercito ucraino è a pezzi e con il morale sotto le scarpe, la solita candida Europa non ha il coraggio di accettare il sostanziale fallimento delle sanzioni imposte alla Russia, mentre non si è riusciti neppure a mettersi d’accordo per fissare un prezzo comune al gas europeo nonostante la crisi energetica che ha sconvolto l’economia del vecchio continente e i profitti mostruosi degli speculatori (e dei produttori, norvegesi e russi compresi).

Mentre qualcuno vuole mandare soldati europei al fronte (Emmanuel Macron) e all’opposto altri vogliono sospendere ogni aiuto (Ungheria, Slovacchia) ci si dovrebbe chiedere perché l’Europa non ha cominciato a tessere un processo di pace o almeno di “cessate il fuoco” già poche settimane dopo l’aggressione di Vladimir Putin.

Oppure davvero in Europa pensavano che i russi potevano essere militarmente sconfitti?

Ci sono voluti tre anni, decine di migliaia di morti ed immani sofferenze e distruzioni prima di rendersi conto che ad una trattativa bisognava pur arrivarci, e adesso la partita la conduce Trump.

“Ma Putin è come Hitler, pian piano vuol mangiarsi l’Europa! Qui si combatte per la libertà” Stiamo ai fatti: Putin è stato indubbiamente l’aggressore, ma dov’era l’Europa prima del 2022 a far rispettare gli accordi di Minsk anche agli Ucraini e quando mai Putin in questi anni ha preso iniziative contro altri stati europei?

Eppure la Russia è stata intanto circondata dalla NATO che è arrivata ai suoi confini: questa minaccia di aggressione Russa all’Europa non sarà stata soprattutto un’arma mediatica per accusarla di tutto (e spendere più soldi per la difesa?), un po’ come gli hackers che sono sempre “russi”?

Sta di fatto che adesso i governanti europei sembrano stralunati marziani scesi da un’astronave, hanno opinioni antitetiche sull’invio di altre armi o truppe al fronte, si sono messi contro buona parte della loro opinione pubblica nonostante il tamburellare della propaganda mediatica e sono fuori gioco a livello internazionale. In parole povere non sanno cosa fare, il che – come strategia – non è stato un grande successo.

P.S. Va a finire che qualche ragione l’aveva allora il più piccolo degli stati europei, quel Vaticano guidato da Papa Francesco (auguroni!) che invano aveva chiesto un armistizio già dal primo giorno di guerra.

Foto: MAGA, TASS, Ministero degli Esteri russo e MSC

 

Marco ZaccheraVedi tutti gli articoli

Laureato in Economia Aziendale all'Università Luigi Bocconi e in Storia delle Civiltà all'Università del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro, è giornalista pubblicista e dottore commercialista. La lunga carriera politica in Alleanza Nazionale e Popolo delle Libertà lo ha portato a ricoprire diversi incarichi tra i quali consigliere regionale in Piemonte, membro della Camera dei deputati in cui ha fatto parte della commissione Esteri e Difesa, presidente della delegazione italiana alla UEO di Parigi e componente del Consiglio d'Europa a Strasburgo, e sindaco di Verbania. Autore di numerose opere tra cui Diario Romano (2008) e Integrazione (im)possibile? Quello che non ci dicono su Africa, Islam e immigrazione (2018). Impegnato nelle associazioni di volontariato e per la cooperazione internazionale, nel 1981 ha fondato i Verbania Centers, attivi in diversi paesi dell'Africa ed in America del Sud.

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