Elezioni russe e Democrazia

 

Che le elezioni in Russia siano state un plebiscito programmato pro Putin non c’è alcun dubbio e la continua enfasi dei media occidentali a sottolineare ogni episodio che potesse confermarlo ce l’ha solo dimostrato. Credo però che, se anche il voto fosse stato assolutamente libero da ogni condizionamento, Putin – pur con percentuali ovviamente ben più basse – avrebbe però vinto lo stesso, perché ha comunque dietro di sé la maggioranza dei russi e solo chi è in malafede può negarlo.

Ci sono episodi che me lo confermano, oltre a quello che mi dicono gli stessi russi che conosco e che vivono in Italia. Per esempio, davanti al consolato russo di Milano c’era una lunga fila di elettori in attesa di entrare. Una coda visibilmente “pro Putin” ma tutte le TV erano ad intervistare i 3 (tre) oppositori, uno dei quali consigliere comunale radicale di Milano. Nessuno – almeno in Italia – obbligava quelle persone ad andare a votare, se erano lì credo che la gran parte lo fosse di propria spontanea volontà.

Sicuramente Putin usa forme di violenza, repressione e coercizione, forzature e metodi democraticamente inaccettabili verso i suoi concittadini, ma comunque ha veramente l’appoggio della maggioranza dei russi e lo stesso Corriere della Sera con Federico Fubini lunedì lo confermava scrivendo “...Non solo l’esercito russo, a piccoli passi, avanza in Ucraina, anche l’economia pur sotto le sanzioni occidentali che avrebbero potuto essere il tallone d’Achille di Putin in questo momento dà sicuramente fiducia. Nel quarto trimestre del 2023 il prodotto interno lordo era del 5,1% più alto di un anno prima. La disoccupazione viaggia al 2,9%. Perfino l’inflazione in Russia, il vero punto debole di un’economia di guerra sostenuta a pieni giri dal complesso militare-industriale, sembra andare nella direzione giusta (per Putin): in febbraio era in rallentamento e sembra stabilizzarsi attorno al 7,5%…”

Putin fa tranquillamente affari nel mondo e soprattutto con la Cina, vende a tutti il gas salvo che all’Europa e forse sarebbe ora che proprio l’Europa si facesse qualche domanda sulla sua strategia verso la Russia, non vi pare?  Anche perché se – giustamente – si sottolineano le pressioni e le violenze esercitate dallo Zar del Cremlino per condizionare il voto nessuno parla mai dei tanti altri paesi dove le elezioni proprio non ci sono. Se la democrazia non è un optional “à la carte” allora le critiche e le sanzioni andrebbero applicate a tutti.

In Cina, per esempio, nessuno può discutere sul potere del partito comunista: Xi Jinping è stato eletto l’ anno scorso presidente della Repubblica Popolare Cinese per la terza volta consecutiva dalla sessione plenaria della quattordicesima Assemblea Nazionale del Popolo (il “parlamento” cinese) con 2.952 voti a favore e nessuno astenuto o contrario (quindi anche lui si è perfino votato).

A parte chi si è astenuto, in Russia quasi dieci milioni di persone hanno votato contro Putin con voto relativamente segreto, invece su 1.2 miliardi di cinesi non c’è ufficialmente neppure un dissidente (!?) e quelli che sono in galera godono di infinita meno attenzione da parte dei media occidentali.

Ma lo stesso sistema dittatoriale di fatto si applica in decine di paesi del mondo, compresi i nostri “alleati” dall’Arabia Saudita all’Egitto ai Paesi del Golfo, eppure nessuno eccepisce o si stupisce, tantomeno l’Unione Europea nonostante, per esempio, che l’Arabia Saudita stia acquisendo il sistema “tik tok” e le tecnologie per l’intelligenza artificiale, proprio ora che si vogliono mettere fuori legge negli USA: a chi andrà in mano questo enorme potere di controllo?

A proposito di democrazia: a maggio scadrà anche il mandato per il presidente Zelensky in Ucraina, ma di nuove elezioni lì non ne parla nessuno, né si hanno più notizie dei suoi oppositori interni che pur erano numerosi: che fine hanno fatto?

Foto TASS

 

Marco ZaccheraVedi tutti gli articoli

Laureato in Economia Aziendale all'Università Luigi Bocconi e in Storia delle Civiltà all'Università del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro, è giornalista pubblicista e dottore commercialista. La lunga carriera politica in Alleanza Nazionale e Popolo delle Libertà lo ha portato a ricoprire diversi incarichi tra i quali consigliere regionale in Piemonte, membro della Camera dei deputati in cui ha fatto parte della commissione Esteri e Difesa, presidente della delegazione italiana alla UEO di Parigi e componente del Consiglio d'Europa a Strasburgo, e sindaco di Verbania. Autore di numerose opere tra cui Diario Romano (2008) e Integrazione (im)possibile? Quello che non ci dicono su Africa, Islam e immigrazione (2018). Impegnato nelle associazioni di volontariato e per la cooperazione internazionale, nel 1981 ha fondato i Verbania Centers, attivi in diversi paesi dell'Africa ed in America del Sud.

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