Il velivolo da combattimento cinese J-10C punta al mercato asiatico

 

Pechino sembra consolidare la sua posizione come fornitore chiave di tecnologia militare con il caccia multiruolo J-10C/CE al centro dell’attenzione in Asia centrale e sud-orientale, nonostante alcune incertezze politiche.

Il velivolo da combattimento J-10C/CE “Vigorous Dragon”, prodotto dalla Chengdu Aircraft Industry Group, sta emergendo come una pedina fondamentale nelle strategie di modernizzazione delle Forze Aeree in diverse nazioni asiatiche, segnando un’espansione significativa dell’influenza di Pechino nel settore della difesa.

Gli ultimi periodi hanno visto un susseguirsi di notizie, alcune confermate e altre meno, che collegano il velivolo cinese a tre importanti potenziali acquirenti: Uzbekistan, Bangladesh e Indonesia.

L’Uzbekistan, tradizionalmente legato a velivoli di progettazione sovietica come i Su-27 e MiG-29, sembra aver intrapreso un cambio di rotta. Secondo fonti cinesi risalenti allo scorso luglio, Tashkent avrebbe acquistato fino a 24 caccia J-10CE (la versione da esportazione del J-10C), con due unità che sarebbero state già consegnate a giugno.

Sebbene non vi sia una conferma ufficiale né da Pechino né da Tashkent, l’informazione è trattata con serietà dai media cinesi e avvalorata da un video di aprile che ritrarrebbe un presunto pilota uzbeko a bordo di un J-10.

Questa potenziale acquisizione rappresenta una scelta strategica per l’Uzbekistan che in precedenza aveva mostrato interesse per il caccia russo Sukhoi Su-30SM o il francese Dassault Rafale, optando infine per una soluzione che offrirebbe capacità di “4.5 generazione” (con radar AESA e moderni sistemi EW) e che pone il J-10CE come diretto concorrente del Rafale, analogamente a come è stato impiegato dal Pakistan contro l’India, il primo acquirente straniero.

Il Bangladesh ha in programma quello che viene definito il più grande investimento nella sua aviazione dall’indipendenza nazionale: un presunto contratto da 2,2 miliardi di dollari per l’acquisto di 20 J-10C con consegne previste tra il 2026 e il 2027. Questo passo consentirebbe al Paese di ritirare i suoi vecchi F-7 (una variante modernizzata Made in China del MiG-21) e fare un notevole “salto di qualità” tecnologico. La cifra stimata include anche addestramento, manutenzione e infrastrutture.

Tuttavia l’accordo si trova in una fase di incertezza politica: nonostante le dichiarazioni ottimistiche dei media bengalesi, il contratto non sarebbe ancora stato firmato.

Fonti interne suggeriscono che l’Ambasciata cinese non sia propensa alla firma in presenza del governo provvisorio guidato dal Premio Nobel Muhammad Yunus insediatosi dopo il colpo di stato dell’agosto 2024. Questa instabilità avrebbe spinto la leadership dell’Aeronautica Militare bengalese a esplorare opzioni alternative, come i sistemi di difesa aerea e i droni turchi, in particolare con un recente viaggio in Turchia dei suoi vertici.

L’Indonesia si posiziona come il terzo e forse più complesso potenziale acquirente del J-10C nel panorama attuale. Giacarta sembra essere molto vicina alla firma per l’acquisto di 42 caccia cinesi, con il Ministro della Difesa Syafri Syamsoeddin che ha dichiarato il 15 ottobre che «Il J-10 presto volerà a Giacarta.»

L’interesse indonesiano, tuttavia, è noto per la sua propensione a considerare simultaneamente una vasta gamma di opzioni globali.

L’eventuale acquisto del J-10C andrebbe ad aggiungersi infatti ad un già nutrito elenco di impegni e programmi in corso: ordini per 42 Rafale francesi, partecipazione al programma sudcoreano KF-21, un memorandum con Boeing per 24 F-15EX (anche se improbabile), un accordo per 48 caccia turchi KAAN e una recente riapertura della discussione (infinita) sui Su-35 russi. L’approccio indonesiano, che sembra portare a un “nuovo livello” le complesse negoziazioni militari, rende di fatto estremamente difficile prevedere l’esito finale per il caccia cinese.

Appare certamente chiaro che l’ondata di interesse per il J-10C/CE sottolinea la crescente abilità della Cina nel fornire aerei da combattimento moderni a prezzi competitivi e con condizioni di credito vantaggiose, specialmente in Paesi con restrizioni sui fornitori occidentali o russi.

L’Uzbekistan e il Bangladesh, legati per decenni a velivoli sovietici e cinesi meno recenti, vedono nel J-10C un passo avanti decisivo per la loro difesa aerea. L’esito di queste trattative determinerà se il “Vigorous Dragon” diventerà lo standard della “generazione 4.5” nelle nazioni emergenti dell’Asia.

 

Maurizio SparacinoVedi tutti gli articoli

Nato a Catania nel 1978 e laureato all'Università di Parma in Scienze della Comunicazione, ha collaborato dal 1998 con Rivista Aeronautica e occasionalmente con JP4 e Aerei nella Storia. Dal 2003 collabora con Analisi Difesa occupandosi di aeronautica e industria aerospaziale. Nel 2013 è ospite dell'Istituto Italiano di Cultura a Mosca per discutere la propria tesi di laurea dedicata a Roberto Bartini e per argomentare il libro di Giuseppe Ciampaglia che dalla stessa tesi trae numerosi spunti. Dall'aprile 2016 cura il canale Telegram "Aviazione russa - Analisi Difesa" integrando le notizie del sito con informazioni esclusive e contenuti extra provenienti dalla Russia e da altri paesi.

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