La Tunisia crocevia del terrorismo jihadista

di Diego Minuti  ANSA – L’intelligence occidentale sembra ormai puntare alla Tunisia come al Paese che, piu’ degli altri del Nord Africa protagonisti della ”primavera araba”, abbia creato il terreno piu’ fertile per i movimenti jihadisti. Una conferma viene anche dalle indagini della Sicurezza francese che, sgominata una cellula integralista, s’e’ trovata davanti piu’ d’un’elemento che porta dritto alla Tunisia. Il Paese e’ lacerato come non mai tra i sostenitori dell’islam, nelle sue varie sfaccettature, e gli assertori della laicita’ dello Stato, che dovrebbe mettere al riparo da derive terroristiche. Ma al momento gli indizi vanno tutti in direzione di una entrata a pieno titolo della Tunisia nello scacchiere integralista. E la conferma viene anche da indagini in Francia su islamici, come Jeremy Louis-Sidney, convertito, che, lo hanno scoperto gli inquirenti transalpini, ha fatto almeno un soggiorno, definito sospetto, in Tunisia. Anche se le autorita’ tunisine si affannano a smentire, ogni qualvolta questa ipotesi viene ventilata, l’esistenza nel Paese di campi per l’addestramento di terroristi, il sospetto rimane forte, anche perche’ sono molte le zone che si prestano a questa ”vocazione”. Come quelle desertiche che, sebbene quotidianamente pattugliate, sono praticamente impossibili da controllare efficacemente. Dalle indagini in Francia stanno spuntando conferme a quel che si sospetta in Tunisia, cioe’ il crescente ruolo che, nella galassia estremista, ha acquistato Ansar el Sharja, che ha accentuato il suo respiro transnazionale, come conferma l’esistenza di un gruppo con lo stesso nome che, in Libia, ha costituito una milizia armata considerata pericolosissima. Ansar el Sharja (”difensore della Sharja”) e’ da tempo nel mirino delle autorita’ tunisine, anche se solo di recente la pressione su di esso e’ stata accentuata con l’arresto del suo numero due, Hassen Brik. Ma il fascino che esercita soprattutto tra i giovali salafiti e’ enorme perche’ il suo ideologo, Abu Iyad, ricercato dal giorno dell’assalto all’ambasciata Usa, e’ latitante, dopo avere sbeffeggiato chi gli da’ la caccia. La Tunisia, dopo gli schiaffi inferti dalla diplomazia occidentale per la mancata sicurezza delle sedi diplomatiche, sta cercando di strigere il cerchio intorno ai potenziali terroristi, ma e’ impresa che al momento ha portato ben pochi risultati, alimentando ancora di piu’ l’ipotesi che sia diventata terra d’accoglienza per gli jihadisti in cerca di una patria o, piu’ prosaicamente, di un luogo dove svernare in attesa di tempi migliori. Lo starebbero facendo dei miliziani libici, potrebbero averlo fatto anche reduci dall’Afghanistan che, arrivati alla chetichella, sono facilmente riconoscibili in Tunisia per avere mantenuto l’abbigliamento usato per combattere accanto ai talebani. Ma tutto questo ha un costo che gli islamici integralisti tunisini non possono certo sostenere. Ma non c’e alcun problema. Come ha detto Yves Bonnet, ex funzioario della Dst francese, queste reti islamiche attingono ai proventi del traffico di droga, ”ma anche al denaro saudita e quatariota”

Foto Studente salafita protesta a Tunisi (Getty Images)

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