SESTO CADUTO FRANCESE IN MALI’ MENTRE SI PREPARA LA MISSIONE ONU

Parigi piange il suo sesto caduto nel conflitto in Malì, ucciso il 29 aprile durante un combattimento nell’estremo Nord del Mali, mentre il Consiglio di Sicurezza dell’ Onu ha approvato all’unanimità una risoluzione che prevede l’invio di una nuova forza di pace per ripristinare la democrazia e stabilizzare la parte settentrionale del Paese. La missione, denominata MINUSMA comprenderà 11.200 militari e 1.440 poliziotti internazionali. I caschi blu dovrebbero subentrare alla missione africana attualmente sul territorio a partire dal 1 luglio 2013 assorbendone i circa 8.500 effettivi inclusi i 2 mila soldati del Ciad oggi posti sotto il diretto comando francese. Altre unità sono previste dalla Mauritania e dall’Europa: norvegesi e tedeschi hanno già dato la loro adesione mentre circolano voci su un contributo italiano con alcune centinaia di uomini appartenenti a unità logistiche e alcuni elicotteri. Il Consiglio di Sicurezza dovrà riesaminare la data di dispiegamento della missione entro i prossimi 60 giorni per valutare se un eventuale presenza di terroristi nelle zone dove dovrà operare la missione Onu costringa a ritardare l’invio della forza di pace. La bozza finale della risoluzione autorizza le truppe francesi a intervenire per sostenere i caschi blu dell’Onu in caso di “minaccia grave ed imminente”, e dietro richiesta del segretario generale. Di fatto i caschi blu africani potranno contare su una forza d’urto francese di un migliaio di militari che resterà in Malì ancora a lungo. Il contingente di Parigi, dopo aver raggiunto i 4.500 effettivi, conta oggi 3.850 militari e si ridurrà progressivamente fino a 2 mila quando la MINUSMA assumerà  pienamente le sue funzioni per poi dimezzarsi entro l’estate. La MINUSMA sarà un’operazione gestita nell’ambito del Capitolo 7, con regole d’ingaggio che prevedono l’uso della forza anche per prevenire attacchi terroristici anche se non avrò tra i suoi compiti la lotta ai quaedisti ma solo la protezione della popolazione nelle aree liberate dall’offensiva francese. In pratica questo significa che a combattere i jihadisti nell’estremo nord continueranno a provvedere le truppe francesi (il cui quartier generale sarà a Gao come quello dei caschi blu) insieme ai militari del Ciad che, in virtù della massiccia presenza di forze e del peso operativo nei combattimenti, punta oggi a ottenere il comando della missione ONU rilevando i nigeriani che guidano attualmente la missione africana. La pretesa del Ciad, sostenuta a spada tratta dal presidente Idriss Déby punta a un duplice obiettivo: far pagare all’Onu i costi del contingente e delle operazioni e rimarcare la qualità dei soldati ciadiani rispetto agli altri contingenti africani definiti inadeguati a combattere i quaedisti anche da un recente rapporto del Pentagono. Non è una questione d’immagine, ne va dell’efficacia della missione” ha dichiarato una fonte diplomatica ciadiana.

Il bilancio dell’Operazione Servàl
A metà aprile, dopo tre mesi di operazione Serval , il bilancio dell’intervento francese riportava l’uccisione di 400 miliziani tra i quali il leader jihadista Abu Zeid, e la cattura di altri 26 inclusi 8 minorenni. Includendo i miliziani catturati dalle forze maliane e africane i prigionieri erano in tutto un centinaio. Altrettanti i veicoli distrutti ai tre movimenti islamici che occupavano il nord del Malì mentre nella regione montuosa dell’Adrar des Ifoghas i francesi hanno trovato dozzine di laboratori per la produzione di bombe artigianali e cinture esplosive, 158 depositi di armi e munizioni con 140 armi automatiche, 3 missili antiaerei SA-7 non funzionanti e 90 tonnellate di munizioni. Materiale proveniente per lo più dai depositi dell’esercito del Malì e in misura minore da quelli libici. I francesi hanno cercato di accelerare le operazioni prima dell’avvento della torrida estate che complicherà l amissione anche sul piano logistico visto che già ora, come ha rivelato una fonte francese, occorre approvvigionare i reparti con 20 tonnellate al giorno di acqua, cioè due voli di C-130 Hercules. I mexzzi di comunicazione catturati ai jihadisti hanno confermato poi gli stretti legami con gruppi di miliziani in Niger, nel sud ovest libico e persino con i miliziani Shabab somali che hanno offerto aiuti ad al-Qaeda nel Maghreb Islamico (AQMI)

L’incognita tuareg
Al di là del confronto con i quaedisti, francesi e forze dell’ONU dovranno fare i conti anche con l’indipendentismo tuareg. I separatisti tuareg dell’Mnla, il Movimento Nazionale per la Liberazione dell’Azawad la cui insurrezione l’anno scorso aprì la strada alla conquista del Mali settentrionale da parte delle milizie jihadiste di Ansar Dine, non intendono deporre le armi e nemmeno prendere parte in qualche modo alle elezioni, in programma per il prossimo luglio. Almeno finchè il governo centrale di Bamako non avrà accettato di intavolare trattative. “Il disarmo è fuori discussione”, ha detto nei giorni scorsi Mahamadou Djeri Maga, portavoce dell’Mnla a Parigi. “Si è mai visto un gruppo come il nostro rinunciare alle armi senza negoziati?”.  Approfittando dell’intervento anti-islamista delle forze speciali francesi in gennaio, i tuareg ripresero il controllo di Kidal, città nel nord-est del Paese che considerano la capitale della regione che chiamano Azawad e dove rifiutano di lasciar entrare le forze regolari maliane. I tuareg avevano assunto il compito di garantirne la sicurezza le truppe di Francia e Ciad, che però hanno ormai avviato il ritiro. “Se l’esercito maliano si presenterà a Kidal, non avremo altra scelta che quella di difenderci”, ha ammonito Maiga. “Noi le armi non le abbiamo abbassate”. Finché non ci saremo seduti intorno a un tavolo con i rappresentanti di Bamako e della comunità internazionale che ci forniscano garanzie, e finché i profughi non saranno ritornati a casa, di elezioni noi neppure parleremo”.  La difesa della città di Tessalit da un eventuale attacco da parte delle truppe maliane, è stata affidata dal MNLA ad un ex legionario del colonnello Gheddafi, Ahmed Ag Lamid. La decisione dei vertici del Movimento rientra in un piano che mira a rafforzare il dispositivo di difesa dei centri che i tuareg dell’Mnla controllano, A Kidal invece sono stati fatti arrivare da Tessalit due comandanti, Moulaye Ag kassoudi e Alassane Ag Ghaly, che stanno rafforzando il perimetro esterno della città anche grazie a 17 veicoli pesantemente armati prima dispiegati attorno a Tessalit. Stando sempre alla stampa locale, Ahmed Ag Lamid sarebbe un personaggio molto ambiguo che, una volta abbandonate le file dell’esercito libico, si sarebbe alleato con alcuni ”signori della droga” che operano nell’Africa subsahariana.

Foto: truppe francesi e africane in Malì (EMA)

Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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