POST TRAUMATIC STRESS DISORDER: NUOVO VECCHIO PROTAGONISTA DELLA GUERRA

Un excursus su caratteristiche e storia di questo fenomeno, poco conosciuto eppure in crescita, con un occhio all’impatto sulla società e sulla capacità di combattimento degli eserciti.

Il PTSD – acronimo di Post Traumatic Stress Disorder – è un grave disturbo psichiatrico che nasce da una condizione di stress estremo. Si può manifestare a seguito del verificarsi di situazioni ambientali particolarmente traumatiche (come catastrofi naturali o guerre) che comportino la morte o il pericolo di morte o una minaccia all’integrità fisica propria o altrui. In ambito militare il fenomeno è probabilmente sempre esistito, ma si è accentuato e soprattutto è stato osservato con una certa frequenza a partire dalla metà del XIX secolo.
I soldati, per la natura stessa della loro professione, si espongono di frequente ed in modo prolungato a circostanze che generano un forte impatto emotivo ed un’acuta tensione psicologica. Talvolta accade che il combattente non sia in grado di metabolizzare il proprio vissuto traumatico, che rimane come imprigionato nella propria mente senza poter essere superato. La manifestazione del disturbo, di gravità alquanto variabile, comprende una vasta gamma di sintomi che vanno da una commistione di ansia e depressione generalizzate alla cosiddetta “triade sintomatologica”, come viene chiamata dagli addetti ai lavori. Tale insieme di sintomi corrisponde ad alcuni disturbi legati ad “intrusioni “ (ovvero sogni, flashback, riproposizioni continue di vissuti e determinate situazioni traumatiche, episodi dissociativi, allucinazioni), “evitamento” – la tendenza cioè a tenersi lontano da luoghi, persone, immagini, situazioni, stimoli che possano in qualche modo venir associati al trauma. A questi possono associarsi un’attenuazione della reattività generale e dell’affettività, un calo di interesse, etc. – e il cosiddetto “hyperarousal”, ovvero eccitazione, difficoltà ad addormentarsi, irritabilità, scoppi d’ira, difficoltà a concentrarsi ed ipervigilanza. Possono manifestarsi anche fenomeni di “numbing” – ovvero stordimento e confusione.
I militari colpiti possono sviluppare manifestazioni del disturbo sia immediatamente, dopo l’evento traumatico, che a scoppio ritardato (fino a sei mesi dopo l’evento). Le stesse manifestazioni possono essere soggette ad una rapida remissività, così come perdurare per molti anni, soprattutto se non curate. I più esposti sono i soldati al di sotto dei 25 anni, più labili e facilmente impressionabili, e quelli più anziani, meno idonei a reggere stress prolungato e fatica, nonché le donne e, più in generale, coloro che hanno storie di depressione familiari o pre-esistente vulnerabilità psicologica, causata, ad esempio, da una storia di abusi e violenze infantili.

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Foto di copertina: http://www.combatstress.org.uk

Nata a Bruxelles, ha conseguito la laurea magistrale con lode in Scienze Politiche, indirizzo Relazioni Internazionali, all’Università Roma Tre. Vive e lavora a Roma, dove si è occupata di comunicazione, relazioni internazionali e giornalismo. Ha collaborato con diverse testate e si occupa di geostrategia e storia contemporanea con particolare attenzione ai temi connessi alla Guerra Fredda e al terrorismo.

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