Blitz USA a Bengasi: catturato Abu Khattala

“Non importa quanto tempo ci mettiamo, alla fine catturiamo sempre” chi ha colpito vite americane, “questo è il nostro messaggio”. Il presidente americano Barack Obama, ha commentato ieri con  soddisfazione la cattura di Ahmed Abu Khattala, considerato il responsabile dell’attacco al consolato americano di Bengasi, in cui rimasero uccisi l’ambasciatore americano Christopher Stevens ed altri tre americani. Una dichiarazione che certamente ha ricordato l’uccisione di Osama bin Laden, rilasciata dopo il blitz condotto a Bengasi dalle forze speciali, effettuato dopo  aver preventivamente avvertito il governo libico dell’operazione resa nota dal Pentagono. La cattura di Ahmed Abu Khattala è avvenuta con un raid segreto condotto lo scorso weekend dai militari americani insieme ad agenti della Cia. L’uomo ora si trova sotto la custodia degli americani “in una località sicura fuori dalla Libia. Khattala è considerato il capo della milizia che l’11 settembre del 2012 assalì il consolato americano di Bengasi, attacco in cui rimase ucciso l’ambasciatore americano Christopher Stevens (nella foto sotto) ed altri tre americani, un funzionario della sicurezza dell’ambasciata e due contractor della Cia.

Secondo quanto riporta il Washington Post, che ha avuto la notizia del raid già ieri ma ha accettato di rimandare la pubblicazione della notizia per motivi di sicurezza, l’operazione è scattata dopo mesi di preparativi, non vi sono state vittime e tutto il personale americano coinvolto ha lasciato incolume la Libia. E’ il primo dei responsabili dell’attacco di Bengasi a venire catturato e questa cattura è un’importante vittoria per Barack Obama, proprio poche settimane dopo che i repubblicani hanno avviato un’ennesima inchiesta sugli errori commessi dall’amministrazione prima e dopo l’attacco.

Lo scorso anno il procuratore generale del distretto di Washington aveva incriminato Khattala insieme ad una decina di altre persone per gli attacchi di Bengasi. Ora, specificano ancora le fonti del Post, l’uomo verrà trasferito negli Stati Uniti, dove dovrebbe presentarsi di fronte al giudice a Washington ma non è stato precisato quando. In passato, molti sospetti terroristi sequestrati in raid americani all’estero sono stati trattenuti a bordo di navi americane per essere sottoposti ai primi interrogatori, prima di essere consegnati poi alle squadre dell’Fbi, senza mettere a rischio l’ammissibilità delle prove a carico.

Lo scorso gennaio il Dipartimento di Stato americano ha inserito Khattala nella lista dei terroristi ricercati, indicandolo come un “leader importante” del ramo di Bengasi di Ansar al Sharia, organizzazione considerata responsabile dell’attacco dell’11 settembre di due anni fa.. Non è il primo raid delle forze americane in Libia: lo scorso ottobre commando della Delta Force hanno condotto un’operazione simile a Tripoli che ha portato alla cattura di Nazih Abdul hamed al Ruqai, noto anche come Anas al Libi, ed accusato di aver partecipato agli attentati alle ambasciate americane in Africa nel 1998. Il Post rivela che era pronto il piano per catturare anche Khattala, ma fu bloccato dopo l’ondata di proteste contro il governo libico per aver dato luce verde al raid di Tripoli.

Allora l’Fbi temette di aver perso l’occasione di catturare il responsabile dell’attacco di Bengasi (nella foto a fianco). L’attacco al consolato poteva essere evitato. A questa conclusione arrivò nel gennaio scorso un rapporto bipartisan della Commissione intelligence del Senato Usa, basato “su esaustive relazioni di intelligence sull’attività terroristica in Libia” che hanno messo in evidenza le “lacune di sicurezza nella rappresentanza diplomatica”.

Secondo il rapporto, “la risposta militare all’attacco fu lenta e piena di ostacoli e la Cia sapeva da settimane che le condizioni di sicurezza a Bengasi stavano peggiorando”. Il documento evidenzia anche che le indagini dell’Fbi furono ostacolate dall’interno della Libia, con 15 omicidi di persone utili per le indagini”. Il governo Usa attribuì inizialmente l’attacco alle proteste “spontanee” per un video anti-islam, ma poi cambiò versione e parlò di attacco terroristico.

(Con fonte Adnkronos e AGI)
Foto. Reuters e New York Times

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