Tutti in volo sull'Iraq: forse anche gli italiani?

Ormai ci sono tutti. L’ampliamento della Coalizione ha visto negli ultimi giorni nuovi contingenti aerei aggiungersi alle forze statunitensi, francesi e britanniche già attive sull’Iraq.
Il Canada si appresta ad inviare 4 o 6 caccia F/A-18, oltre ad altri aerei da sorveglianza e da rifornimento. Il Canada partecipò attivamente anche alla campagna contro la Libia del 2011 e oggi i sondaggi rivelano che il 64% dei canadesi è favorevole all’intervento militare in Iraq, contro il 36% dei contrari. Non si è ancora visto nel teatro operativo il tanker KC-767 A  offerto dall’Italia anche se a Roma gira voce che la crescente adesione alla Coalizione anche di Paesi NATO con capacità militari molto inferiori all’Italia (almeno sulla carta) stia favorendo la messa a punto di pacchetti di forze da affiancare agli alleati che potrebbero includere droni Predator o Reaper.

Per ora si tratta solo di ipotesi anche perchè il governo pare refrattario a farsi coinvolgere direttamente nel conflitto. Anche nel caso dell’impiego di velivoli teleguidati si tratterebbe comunque di un contributo nel campo della sorveglianza, ricognizione e intelligence poiché i droni dell’Aeronautica Militare Italiana restano disarmati a causa del rifiuto di Washington di fornire i kit d’armamento.  Attualmente il 32° Stormo di Amendola schiera 2 Reaper a Herat (Afghanistan) e 2 Predator A Plus a Gibuti mentre uno o due velivoli vengono assegnati alla sorveglianza marittima nell’ambito dell’operazione Mare Nostrum.

Primo volo sull’Iraq invece per i caccia-bombardieri F/A-18 australiani (foto d’apertura) che il 6 ottobre hanno sorvolato senza aprire il fuoco le postazioni di Isis. I jet  “erano stati chiamati a colpire obiettivi ma in questa occasione non hanno usato le loro armi e sono tornate alla base per prepararsi a future sortite” ha riferito il comando delle Australian Defence Force. Canberra ha offerto anche di schierare sul terreno 200 soldati, inclusi membri delle forze speciali, come consiglieri delle truppe irachene.

Il 5 ottobre l’aeronautica olandese ha effettuato il primo volo operativo dei caccia-bombardieri F-16 (foto a sinistra) che il giorno 7 hanno lanciato  il loro primo attacco contro postazioni dello Stato islamico in Iraq.

Il ministero della Difesa dall’Aja ha ribadito che l’impegno nei raid aerei non sarà esteso alla Siria in assenza di un esplicita risoluzione Onu. I jet olandesi (otto F-16 in totale sostenuti da 380 militari) sono basati in Giordania da dove il 5 ottobre gli F-16 belgi (nella seconda foto dell’articolo) hanno effettuato il loro primo raid  distruggendo una pick-up armato ad ovest di Baghdad, che stava avvicinandosi ad una postazione delle truppe irachene.. L’F-16 ha sganciato una bomba a guida laser che ha centrato l’obiettivo. Da sabato scorso sei F-16 e 120 avieri belgi sono di stanza nel nord della Giordania.

Esordio in battaglia anche per gli elicotteri d’attacco statunitensi Apache (foto a sinistra)  che, sempre il 5 ottobre,  sono intervenuti combattendo per la prima volta da quando nel luglio scorso vennero schierati a Baghdad per proteggere le installazioni diplomatiche americane.
I primi 4 raid sono avvenuti nella zona di Falluja, ha riferito la rete Abc sottolineando il loro impiego a sostegno diretto delle truppe irachene mentre il Comando Centrale Usa (Centcom) che coordina le operazioni in Iraq e Siria ha riferito che sono stati colpite “due postazioni di mortai di Isis, oltre ad una grande unità di jihadisti e due più piccole”.
I velivoli teleguidati Reaper americani sono intervenuti invece nella zona di Baiji, a nord di Tikrit, uccidendo 14 miliziani dello Stato islamico durante una missione di appoggio alle forze irachene che nelle ultime settimane hanno subito ingenti perdite nel vano tentativo di riconquistare Tikrit, città natale di Saddam Hussein e roccaforte sunnita.

Complessivamente la Coalizione ha effettuato dall’8 agosto quasi 5 mila sortite delle quali solo 195 (1 ogni 25,6, cioè meno del 4 per cento) sono state effettuate dagli alleati europei e arabi (Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Giordania) come ha indicato il Pentagono precisando che le forze aeree statunitensi hanno effettuato dall’8 agosto al 6 ottobre 1.768 sortite d’attacco, oltre 1.600 per il rifornimento in volo e più di 700 per sorveglianza aerea effettuata con velivoli pilotati e droni.

In termini di missioni d’attacco il Central Command ha reso noto che dall’8 agosto al 7 ottobre ne sono state effettuate 354, di cui 103 in Siria e 251 in Iraq in cui le forze statunitensi hanno impiegato in 60 giorni di guerra finora poco più di 1.000 bombe e missili aviolanciati  e 47 missili da crociera Tomahawk  lanciati sulla Siria dalle navi nel primo giorno di raid per un costo complessivo del munizionamento impiegato di 62,4 milioni di dollari

 

Foto: Handcut-MCT, Min. Difesa olandese, Min Difesa austrialiano,  Min. Difesa belga, UK MoD

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