Le polizie USA tra militarizzazione e privatizzazione

L’uccisione di Michael Brown a Ferguson, Missouri (9 agosto 2014) ha scatenato un’ondata di violenze e disordini che hanno coinvolto comunità afroamericane, dipartimenti di polizia e compagnie di sicurezza private in tutti gli Stati Uniti.

Le ripetute uccisioni di afroamericani hanno sollevato riflessioni, critiche e perplessità sulle peculiarità del law enforcement d’oltreoceano. Se risulta ormai palese e perseverante l’accanimento razziale di una parte delle forze di pubblica sicurezza a stelle e strisce, si stanno facendo sempre più evidenti altri due  fenomeni: la loro privatizzazione e militarizzazione.

Privatizzazione

Il poliziotto che l’8 ottobre 2014 ha ucciso il diciottenne di colore Vonderrit Myers Jr. a St. Louis, operava per la GCI Security, una società di sicurezza privata. L’esecrabile vicenda ha avuto la conseguenza di evidenziare una pratica alquanto diffusa: agenti di polizia fuori servizio che  lavorano per imprese private indossando l’uniforme d’ordinanza, con il benestare del proprio dipartimento che spesso funge da broker.

Questa prassi viene descritta nel sito web della società come “risorsa fondamentale a disposizione del cliente”  ciò che non si pubblicizza è che la GCI  (ex Hi Tech Security) è stata più volte obbligata a risarcimenti tra i $ 70.000 e  $ 100.000 per violenze e abusi.

Tra il 2008 e il 2011 un ragazzo è rimasto invalido a causa di un pestaggio, mentre padre e figlio malmenati ed arrestati ingiustamente; i due erano riusciti a chiamare il 911 ma sono arrivate altre guardie private a dar manforte agli aggressori. Il Dipartimento di Polizia di St. Louis, che a detta della GCI risulta in ottimi e stretti rapporti con la stessa, ha definito l’accaduto “disdicevole” ma non ha preso seri provvedimenti nei confronti degli implicati
Le storie del law enforcement pubblico e privato sono talmente interdipendenti da caratterizzarsi per una forte e continua sovrapposizione di obiettivi, poteri, ruoli, nonché una trasmigrazione di personale dall’uno all’altro e viceversa.

Solitamente con il termine “private security” e “società proprietarie” ci si riferisce ad attività di mantenimento dell’ordine interne ad un’organizzazione (caratteristico il “The Ford Service”, servizio di vigilanza della Ford Motor Company che a inizio anni 30 del 900 contava 3.500 uomini). Con “private policing” e “società contrattiste” s’intende invece l’appalto per la sicurezza di terzi ad apposite guardie e società. Questi termini vengono usati come sinonimi perché entrambe le realtà hanno avuto sviluppo e caratteristiche praticamente identiche.

Tuttavia, la differente denominazione rappresenta il principale sistema di classificazione per il settore della sicurezza privata. Altri criteri sono quelli di distinguere tra settore privato e settore privato al servizio del settore pubblico. Ancora, si posso identificare altre tipologie in base ai poteri concessi agli agenti, requisiti legali e/o addestrativi richiesti, livello di responsabilità, settori d’impiego , servizi armati o meno, ecc. ecc.

Una classificazione ufficiale è ancora praticamente impossibile in quanto, nonostante i tentativi del Dipartimento di Giustizia, manca ancora un database nazionale della sicurezza privata in grado di fornire informazioni e riferimenti univoci. I dati disponibili sono spesso frutto di medie matematiche e collage di fonti diverse.

Sebbene la privatizzazione delle forze di polizia statunitensi abbia preso cospicuamente il via quarant’anni fa, le sue origini sono decisamente più antiche. Il primo dipartimento di polizia degli Stati Uniti è stato quello di Boston nel 1838, mentre la prima organizzazione privata, la North-West Police Agency, è stata fondata nel 1855 da Allan Pinkerton, a Chicago.

Come sostenuto da Gary Potter nel suo “The History of Policing in the United States”, le polizie americane sono sempre state caratterizzate da elevati tassi di corruzione, estrema brutalità e additate come “fonte di tensioni sociali e razziali”. Numerose commissioni d’inchiesta, riforme e riorganizzazioni non sono riuscite ad estirpare quei meccanismi razzisti e sessisti (specialmente nelle procedure di arruolamento!) presenti già negli anni 30 dell’800. Il tutto, unitamente all’esser sempre state più legate alle esigenze della politica economica del Paese che non ai problemi del crimine, ha determinato la proliferazione delle società private.

A partire dalla fine degli anni 60 del 900 – inizio dell’outsourcing moderno –  il settore della sicurezza privata negli USA cresceva di circa un 10-15% annuo con un numero di operatori tra i 350.000 e gli 800.000. Il tasso di crescita è salito al 20% tra il 1976 e il 1981.

Mentre il privato prosperava, il settore pubblico doveva affrontare continui tagli al bilancio e ridimensionamenti: il numero di poliziotti scese del 10% tra il 1975 e il 1985. Le richieste d’intervento non si adeguarono alla riduzione di personale, anzi complice la diffusione dei dirottamenti aerei e controlli più stringenti, le autorità dovettero reagire in svariati modi. Vennero trascurati alcuni reati per occuparsi di quelli più gravi, s’introdusse il pattugliamento ad agente unico, una maggior suddivisione e specializzazione dei compiti e l’introduzione di modernissime tecnologie secondo un modello riorganizzativo ribattezzato la “Tailorizzazione della Polizia”.

Una soluzione più adeguata fu  indubbiamente di colmare il gap con personale privato; inizialmente in numero e con responsabilità ridotte, poi veri e propri arresti e sentenze private, emesse da corti private col potere di recludere in prigioni private.

Dagli anni 80 i contractors hanno superato il numero degli agenti di polizia di tutti gli Stati Uniti (attualmente circa 900.000). Nel 2010 si è raggiunto il milione ed entro il 2020 si conta di sfiorare i 1,2 milioni, come sostenuto da Malcolm K. Sparrow in  “Managing the Boundary Between Public and Private Policing”. Qualcuno parla già di quota 1,9 o addirittura 2,1 milioni!

Secondo la società di ricerca The Freedonia Group la domanda di PSC nel Paese crescerà di un 5,4% annuo fino ai $ 64.5 miliardi nel 2016. L’ ASIS, importante associazione di categoria, ha precisato che il mercato della sicurezza privata americana ammonta a $ 350 miliardi di cui $ 282 miliardi si riferiscono a contratti privati, mentre $ 69 miliardi in commesse governative per la sicurezza interna.

Da quando nel 1950 la città di Kalamzoo, Michigan ha assunto agenti privati come prima amministrazione locale, l’outsourcing di sicurezza delle autorità locali è salito al 27% negli  anni 80 e al 45% negli anni 90. Il Governo Federale, attraverso il Federal Protective Service, impiega 13.000 operatori privati per vigilare più di 9.000 strutture sensibili.

Sebbene il numero delle compagnie di sicurezza private sia passato dalle 4.000 del 1967 fino alle quasi 15.000 del 2009, il mercato americano è nelle mani di un gruppo ristretto di sei realtà che ne controllano il 44%: Securitas, G4S/Wackenhut, Allied Barton, US Security Associates, Guardsmark e ABM/ACSS.

Per quanto riguarda le caratteristiche degli operatori privati, ci troviamo nuovamente davanti a varie fonti e dati, anche contrastanti. Indicazioni del Dipartimento di Giustizia del 2008 evidenziano circa un 53% di operatori bianchi, un 31% di neri e il restante 16% tra asiatici o ispanici. La percentuale femminile è cresciuta leggermente, passando dal 21% del 2003 al 23% del 2008.

Prima dei fatti di Ferguson si ebbero già incontrovertibili prove della privatizzazione in atto. Durante l’uragano Katrina del 2005 il Governo americano assunse società come Blackwater, Wackenhut (famosa per la privatizzazione dei penitenziari), Intercon, DynCorp facendo crescere il numero di PMSC registrate in Louisiana da 185 a 235 in poco più di due settimane.

A New Orleans, racconta il giornalista Jeremy Scahill, si dovevano attraversare checkpoints presidiati da contractors armati. In questi anni dozzine di contee e amministrazioni comunali  (Atlanta, Washington, New York City, Chicago e  Los Angeles) hanno assunto privati per addestrare le proprie forze di sicurezza. Decisamente lungimirante fu la Blackwater che, ancora nel 1998, venne fondata come sistema di poligoni e strutture addestrative per le forze dell’ordine.

All’indomani dell’11 Settembre il Dipartimento dell’Homeland Security, considerando altissima ed imminente la minaccia terroristica, elargì finanziamenti a nastro per  un addestramento paramilitare delle forze di polizia.

In molti casi si optò per la diretta assunzione di privati non solo per la formazione, ma direttamente per il presidio e pattugliamento di quei famosi quartieri “in cui non entra nemmeno la polizia”. Ancora, in California misteriosi soldati arrivano su elicotteri senza insegne per distruggere coltivazioni (illegali e non) di cannabis o confiscarne il raccolto. Queste incursioni sarebbero opera della Lear Asset Management, assunta dai grandi proprietari terrieri e autorità locali per contrastare bande criminali dedite allo spaccio. Tali attività illecite hanno provocato danni ambientali, inquinamento e conflitti a fuoco con la polizia

Per timore di disordini in caso d’assoluzione dell’agente di Polizia che ha sparato a Michael Brown, diverse società private sono state incaricate di proteggere zone sensibili di St. Louis; in particolare i cosiddetti “bastioni” del benessere bianco. Tra queste la Asymmetric Solutions, la Securitas e la Pinkerton che ha monitorato Facebook, Twitter, e  Snapchat per individuare possibili minacce ai propri clienti. Per fronteggiare l’emergenza si è chiesto di snellire ulteriormente la già agile procedura per il rilascio della licenza di guardia privata; i tre giorni richiesti, infatti avrebbero potuto rallentare il surge di personale.

Autorizzazioni e requisiti addestrativi necessari all’esercizio della professione possono variare da Stato a Stato. A livello federale esiste The Private Security Officer Employment Authorization Act che prevede una serie di controlli, raccolte d’ informazioni e impronte digitali. La legge, nata nel 2004 e non obbligatoria, si è andata diffondendo negli anni con vari emendamenti; l’ultimo dei quali proprio a Novembre 2014.

La collaborazione tra polizia e società private, tranne casi particolari, si contraddistingue per diffidenza reciproca, scarsa comunicazione ed imprecisa definizione di ruoli e responsabilità. Questo sia alle alte sfere che sul campo dove gli agenti di polizia considerano i vigilanti carenti di addestramento e  minacce al loro ruolo di tutori della legge.

Gli operatori privati, invece sostengono che la polizia abbia limitata consapevolezza del contributo, soprattutto preventivo, che essi possono apportare nella lotta al crimine. Queste frizioni hanno originato continui studi e ricerche di soluzioni. Nonostante tutti gli sforzi, il Dipartimento di Giustizia ha rilevato che da poco più di 60 collaborazioni privato-polizia del 2000, si è saliti a circa 450 nel 2006. Si consideri che negli Stati Uniti esistono qualcosa come 18.000 agenzie di pubblica sicurezza.

Le società di sicurezza private che presidiano e pattugliano complessi industriali e commerciali, residenziali e scolastici, militari e governativi, energetici e infrastrutturali, si occupano ora anche di confini nazionali e cyber-security. Il loro destino e’ quello di sostituirsi completamente alla polizia per i reati meno gravi.

Questo “duplice sistema” però, potrebbe scatenare (e in alcuni casi già lo fa) un fenomeno del “due pesi, due misure”: uno per i ricchi ed uno per i poveri. I pro e contro dell’impiego di personale privato nell’applicazione della legge sono abbastanza simili a quelli dell’ambito militare-difesa e, sostanzialmente comuni ad ogni processo di outsourcing. A sostegno vi è l’opinione di parte dei contribuenti che le soluzioni private siano le più efficaci fonti di sicurezza negli Stati Uniti, arrivando in alcuni casi ad autotassarsi per garantirsi i loro servigi.

Le guardie private hanno spesso agito più da “ambasciatori del vicinato” che agenti di sicurezza; uno studio di Rand Corp. ha mostrato, per esempio, come nei distretti del centro di Los Angeles in cui operavano i privati, il numero di crimini sia sceso considerevolmente: un 8% rispetto al resto della città

Vi è poi il cospicuo risparmio in cui si incorre: 25–30 dollari/ora per un vigilante contro i 58 di un poliziotto.
La città di Oakland spende circa il 65% del suo budget in servizi di polizia e antincendio, inclusi circa $ 250.000 all’anno tra benefits e salari per ogni agente. Con circa $ 200.000 all’anno, la città può assumere 4 guardie private. Si assicura anche un maggiore numero di veicoli di pattuglia ed inferiori tempi di reazione. Qui scaturisce un altro vantaggio che riguarda la responsabilità (contrattuale) di protezione dei propri clienti: qualora le PSC non riescano ad intervenire tempestivamente, sono direttamente responsabili. Questo invece non accade con la Polizia come dimostrato dalla sentenza Warren vs District of Columbia; stesso dicasi per le singole guardie che rischiano numerose e severe sanzioni mentre gli agenti di polizia  dispongono di considerevoli tutele legali.

Gli oppositori mostrano l’onnipresente perplessità di delegare al privato ciò che è sempre stato pubblico in termini etici, legali, di privacy e riservatezza (intercettazioni, perquisizioni, accesso a dati sensibili, abuso di autorità ecc.). Se pensiamo poi ai poliziotti in “doppio servizio”, oltre ai possibili conflitti d’interesse per cui svariati dipartimenti di polizia hanno già sospeso tale pratica, resta il fatto che vederli guidare auto di vigilanza private (in uniforme d’ordinanza) può risultare destabilizzante.

Proprio a causa del tanto decantato “cost saving”, molti agenti sono sottopagati, poco tutelati, obbligati a turni estenuanti ed insufficientemente addestrati. La mancanza di precisi parametri di settore fa sì che almeno la metà degli Stati della Federazione non preveda alcun requisito addestrativo a cui subordinare l’esercizio della professione. Gli operatori per primi, infatti sono a chiedere una regolamentazione ufficiale del settore .

Militarizzazione

Qualunque attento osservatore concorderà che per vedere determinati “ferri del mestiere” non serve addentrarsi in zone di guerra, ma passeggiare per Times Square, sotto l’Empire State Building o altri simboli U.S.A.: poliziotti o soldati della Guardia Nazionale in assetto di guerra, armati di carabine M-4, fucili M-16 e perfino mitragliatrici M-240! Nessuno avrà inoltre scordato gli sproporzionati ricorsi alle armi in affollatissime zone turistiche

La militarizzazione delle forze di polizia americane è frutto di una serie di misure adottate da tre dipartimenti federali distinti: Il “Programma 1033” del Dipartimento della Difesa (DoD), i “Grants” del Dipartimento dell’Homeland Security (DHS) ed il “Edward Bryne Memorial Assistance Grant Program” del Dipartimento di Giustizia (DoJ). Tutti più o meno manifestamente indirizzati al potenziamento delle forze di pubblica sicurezza locali e dei singoli Stati mediante equipaggiamento militare in surplus.

Il più significativo è il “Programma 1033” del DoD approvato negli anni 90 (all’apice della “Guerra alla Droga” e rapine del tipo “North Hollywood”) come provvedimento temporaneo del National Defense Authorization Act,  il budget del Pentagono. Dopo esser diventato permanente nel 1996, alltri impulsi sono arrivati con l’11 Settembre e gli ingenti finanziamenti del DHS per coprire una più ampia gamma di “attività anticrimine”, includendo appunto l’antiterrorismo.

Esiste anche il “Programma 1122” che permette alle agenzie locali e statali di acquistare equipaggiamenti beneficiando dei massicci sconti riservati al Governo Federale. Infine è presente anche un meccanismo di autofinanziamento rappresentato da confische di proprietà, beni e denaro di condannati: una pratica che porta milioni di dollari nelle casse delle forze dell’ordine, da spendersi a piacimento.

sull’intero fenomeno è stato pubblicato un preziosissimo report dell’ACLU (American Civil Liberties Union) dal titolo “War comes Home – The Excessive Militarization of American Policing” che descrive esaustivamente fatti, caratteristiche ed aspetti critici, basandosi sui rapporti di 260 forze di pubblica sicurezza di 26 stati della Federazione. Secondo USA Today, il numero di agenzie che hanno beneficiato dei suddetti programmi è cresciuto a dismisura con un picco nel 2012, a ridosso dei ritiri dall’Iraq e Afghanistan  

Concretizzando la parola “potenziamento”, il DHS ha trasferito alle forze statali e locali ben $ 34 miliardi per “attività antiterrorismo”: precisamente armi e attrezzature.
Sebbene la cessione di equipaggiamento sia gratuita, spese di consegna e manutenzione sono a carico dei richiedenti e l’utilizzo di tali dotazioni deve avvenire entro un anno. Tramite il Programma 1033, il Pentagono ha consegnato materiale per un valore totale di $ 5,1 miliardi.

La richiesta è cresciuta esponenzialmente: $ 1milione nel 1990, $ 324 milioni nel 1995,  $ 450 milioni nel 2013. Oggi più di 17.000 autorità statali e locali fanno parte del programma. Quando si parla di equipaggiamento, per un buon 96% si tratta di “non-controlled property”, materiale senza particolari caratteristiche militari come veicoli commerciali, mobili d’ufficio, vestiario, coperte, attrezzi vari. Il restante 4% “controlled property” è costituito da fucili d’assalto, pistole, lanciagranate, porta-truppe blindati, elicotteri, visori notturni, baionette, silenziatori ecc. ecc.

Queste percentuali sono alquanto fuorvianti perché da una parte ciò che potrebbe sembrare un innocuo 4%, è pur sempre costituito da ben 92.500 armi da guerra; dall’altro, ogni elemento è stato considerato singolarmente senza distinzioni di costo e letalità. Concetti efficacemente presentati dai detrattori del programma con lo slogan “un MRAP non è una coperta”!

Gli aspetti più sintomatici di questa militarizzazione sono l’abuso di squadre SWAT, flashbangs e veicoli MRAPs. I team SWAT (Special Weapons and Tactics), creati a partire dal 1964 per gestire situazioni delicate quali operazioni anti-terrorismo, salvataggio di ostaggi, irruzioni ed attività antisommossa, sono unità d’elite e quindi disponibili ed impiegabili con parsimonia. Dal 26% di città – tra i 25.000-50.000 abitanti – dotate di squadre SWAT nel 1984, si è arrivati all’80% del 2005 e la diffusione continua.

Crescendo il numero, sono cresciuti anche i loro interventi: 80.000 nel 2013 (220 al giorno). Secondo l’ACLU, l’80% delle loro operazioni è stato per “perquisizioni” alla ricerca di sostanze stupefacenti o inezie (Florida 2010, blitz nel negozio di un barbiere senza licenza!); nella fattispecie  trattasi di  cruente irruzioni nella abitazioni di “sospetti” che terminano spesso con morti, feriti ed ingenti danni.

A volte, scambiati per criminali, le squadre speciali vengono accolte a colpi d’arma da fuoco. In un Paese in cui le armi tra le mura domestiche non mancano, almeno 7 civili sono morti e 46 rimasti feriti; un buon 14% dei casi ha visto coinvolgere minorenni. Dal punto di vista razziale, i blitz hanno interessato per il 39% gente di colore, 11% latini e il 29% bianchi .

Circa 600 veicoli corazzati MRAP (Mine Resistant Ambush Protected) del valore di circa $ 500.000 l’uno, dispiegati in Iraq e Afghanistan per proteggere dagli ordigni esplosivi improvvisati (IEDs), sono stati distribuiti sul suolo americano. E’ vero che in caso di sparatorie possono consentire trasferimenti in completa sicurezza, tuttavia, sapere che anche la Polizia dell’Università dell’Ohio ne ha uno a presidio delle partite di football fa decisamente specie!

Ora che le grane stanno diventando sempre più importanti e diffuse, si auspica ad un maggior coordinamento e supervisione; alcune armi e dotazioni sono andate perse e non si esclude possano esser state vendute dai singoli dipartimenti. Controlli più seri dovrebbero esser prestati anche all’addestramento all’uso, visto che spesso le amministrazioni richiedono materiale solo per il fatto che sia “gratis” .

L’opinione pubblica, lamentando una mancanza di dibattito sulla necessità della “militarizzazione”, una scarsa rendicontazione dei fondi destinati e squadre SWAT sempre più scatenate, ne ha richiesto una moratoria.  Ad inizio anno il Presidente Obama ha incaricato un gruppo di esperti di elaborare una riforma che ormai non dovrebbe tardare ad esser presentata.

Nel frattempo, il Presidente ha ordinato che i dipartimenti di polizia non procedano più per conto proprio alla richiesta del surplus militare, bensì esclusivamente dietro approvazione di apposite commissioni o rappresentanti nominati dalle varie comunità. Visto che il prossimo inquilino della Casa Bianca potrebbe cancellare questa misura, ci si sta muovendo anche a livello di singoli Stati.

Il New Jersey del governatore Chris Christie è stato il primo ad adottare un provvedimento simile a quello presidenziale cominciando ad imbrigliare quello che è sempre stato un flusso ininterrotto di equipaggiamenti militari. Altri sette stati si stanno muovendo nella stessa direzione, vietando anche determinate tipologie di armamenti: California, Connecticut, Indiana, Montana, New Hampshire, Tennessee e Vermont. Ancora, negli ultimi dieci anni, alcune città e contee, hanno restituito o tentato di restituire più di 6.000  armi ed equipaggiamenti al Pentagono, anche se la procedura è abbastanza complessa

Parlando di militarizzazione, non si dovrebbe dimenticare la principale differenza tra poliziotto e soldato. Il poliziotto è addestrato a mantenere l’ordine, la pace e la sicurezza, proteggere e servire i cittadini (il motto dei principali distretti di polizia è proprio “to protect and serve”), presumere innocenza e, soprattutto, ricorrere alla forza solo in casi di estrema necessità.

Un soldato, invece è addestrato ad identificare ed annientare il nemico, come ne recita il credo “I stand ready to de¬ploy, engage, and destroy the enemies of the United States of Amer¬ica in close combat” . Bruce Willis in Attacco al Potere dice “l’Esercito non è polizia in tuta mimetica”; in S.W.A.T. Squadra Speciale Anticrimine vengono puniti agenti dal grilletto facile.

Mentre a Hollywood sembrano più saggi che nella realtà, la militarizzazione procede a ritmo sostenuto e la polizia viene addestrata enfatizzando l’uso di forza e aggressività: situazioni di stress tipiche dei boot camps militari invece  di un clima più rilassato da scuola di polizia. Ciò fa circolare un’errata concezione di applicazione della legge basata sullo “sparare per primo” e sicurezza degli agenti ad ogni costo! Tuttavia, qualcuno comincia a riflettere e molti poliziotti riconoscono che questo approccio sta distruggendo quel rapporto d’interazione polizia-comunità basato su pazienza, diplomazia ed abilità interpersonali.

Un legame che si era creato a partire dagli anni 80 con i processi di “community policing”, una sorta di campagna “Hearts & Minds” al civile. Molti agenti di polizia, nonostante l’addestramento militare somministrato dalle varie PMSC, rimarranno fedeli alla loro natura, altri seguiranno la deriva militarista. D’altronde, quando ci si veste, arma ed addestra come militari, non ci si deve stupire se poi si inizia a comportarsi come tali. Non ci si deve stupire anche se poi la gente è confusa, diffidente e comincia a considerare gli uomini in uniforme come una forza occupante invece che protettori. Tutto questo accade mentre il crimine negli Stati Uniti ha raggiunto i livelli più bassi in una generazione e, nonostante le paure, il numero di attacchi terroristici domestici è caduto vertiginosamente.

Foto: AP, Lear, Oakland Police Dept., Alice Bacani,   Howe & Howe Technologies, WSTOA, Swat Teams

Nato nel 1983 a Brescia, ha conseguito la laurea specialistica con lode in Management Internazionale presso l'Università Cattolica effettuando un tirocinio alla Rappresentanza Italiana presso le Nazioni Unite in materia di terrorismo, crimine organizzato e traffico di droga. Giornalista, ha frequentato il Corso di Analista in Relazioni Internazionali presso ASERI e si occupa di tematiche storico-militari seguendo in modo particolare la realtà delle Private Military Companies.

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