Il contesto strategico secondo “Fighting joe”

Lo scorso 9 luglio ha avuto luogo a Washington, da parte della Commissione Senatoriale per le Forze Armate (Senate Armed Services Committee), l’audizione del generale Joseph Dunford jr. (foto a sinistra).

Come già riportato da “Analisi Difesa”  il generale Dunford, attuale Comandante del Corpo dei Marines (dove s’è guadagnato il nickname, sembra poco gradito, di “Fighting Joe”) è stato designato dal Presidente Obama per assumere l’incarico di Capo di Stato Maggiore della Difesa a partire dal prossimo 1° ottobre, quando l’attuale Capo, generale. Martin Dempsey, (nella foto sotto) cesserà dal servizio per raggiunti limiti d’età.

L’audizione, della durata circa 3 ore ed a cui Dunford si è presentato, come d’uso in America, assieme alla moglie e ai familiari, ha avuto il carattere formale di “confirmation hearing”, un’audizione cioè finalizzata, come richiede la procedura USA, all’approvazione della nomina di Dunford da parte del Senato, e che sostanzialmente consiste in una sorta di intervista e risposte a domande scritte per conoscere le opinioni e gli orientamenti dell’ufficiale designato.

Come riporta una nota ufficiale del Dipartimento della Difesa, la Commissione ha sentito Dunford principalmente in tema di tagli alla Difesa e politica estera, in particolare sui contenuti del recentissimo documento del Pentagono “National Military Strategy” pubblicato lo scorso 1° luglio dal Gen. Dempsey (vedi articolo di “Analisi Difesa”), e la cui più discussa novità riguarda l’elenco delle minacce alla stabilità mondiale rappresentate nell’ordine da Russia, Iran, Corea del Nord, Cina ed organizzazioni VEO (Violent Extremist Organizations).

Intorno a questo tema, dice la nota, il Gen. Dunford ha espresso ai senatori il forte convincimento che la Russia costituisca oggi la più grande minaccia per gli Stati Uniti. Una minaccia non ipotetica o remota bensì concreta e attuale (i media riportano “existential threat”, cioè minaccia alla stessa esistenza dell’America).

“In Russia c’è una potenza nucleare”- ha detto Dunford – “abbiamo a che fare con qualcuno che non solo ha la capacità di violare la sovranità dei nostri alleati e di compiere atti incompatibili con i nostri interessi nazionali, ma che è anche in procinto di farlo”,

Una posizione un po’ estrema, si potrebbe dire. Forse che Dunford ha voluto seguire quel che si ritiene sia l’opinione prevalente ai vertici dell’amministrazione USA? Non esattamente.

Il Segretario di Stato John Kerry, attraverso il portavoce Mark Toner, ha fatto subito sapere di non condividerla affatto, ed in qualche modo ha preso le distanze anche il Presidente Obama attraverso il portavoce Josh Earnest, secondo il quale il commento di Dunford riflette il suo personale punto di vista e non necessariamente quello degli analisti alla sicurezza del Presidente.

Comunque sia, una volta definita la principale minaccia all’America, Dunford ha proseguito dicendo che, se stesse a lui, subito dopo la Russia metterebbe la Cina salvo poi precisare che, nel caso della Cina, non si tratterebbe propriamente di una minaccia attuale ma potenziale per gli interessi USA nell’area del Pacifico o, per dirla come l’ha espressa Dunford, “la Cina è un motivo di preoccupazione per la sicurezza, il che è diverso da minaccia”.

Il concetto di minaccia in senso attuale torna invece a proposito dei programmi nucleari della Corea del Nord e del suo avanzato sviluppo della tecnologia missilistica. Dopodiché, come quarta minaccia, Dunford pone l’ISIS o comunque le organizzazione jihadiste VEO.

Fissata questa scaletta, Dunford ha però precisato di non voler sottostare alla logica di considerare questo elenco come un ordine di priorità. E’ pur vero che in qualche modo lo è ma questo non significa, secondo Dunford, che bisogna impegnare tutte le risorse in un’unica direzione quando, allo stesso tempo, diventa necessario impegnarle anche altrove.

Un concetto certamente giusto e condivisibile che però sembra lasciare un margine fin troppo ampio alla discrezionalità del momento. E lo stesso si potrebbe dire della posizione di Dunford sul ritiro delle forze statunitensi dall’Afghanistan che, a suo avviso, non dovrebbe seguire troppo le rigide tappe del calendario fissato dalla Casa Bianca ma semmai adattarsi all’andamento della situazione sul terreno anche se, comunque si vedano le cose, ad oltre 13 anni dall’intervento americano, la situazione sembra ancora irrisolta e senza chiare prospettive di riuscita.

Dunford, nel ricordare che nel 2017 gli effettivi americani in Afghanistan scenderanno a 1.000 uomini, ha comunque opportunamente evidenziato che qualora questo venisse attuato, verrà inevitabilmente compromesso anche il controllo (“eyes & ears”) lungo i confini col Pakistan.

Riguardo la lotta all’ISIS, un tema affrontato anche di recente dal Presidente Obama per l’accusa di scarso impegno e risultati, Dunford si è detto assolutamente d’accordo con la linea d’azione che prevede l’intervento di varie aree governative, dal Dipartimento di Stato a quello del Tesoro.

La Difesa si pone due obiettivi ha affermato Dunford, quello di impedire la creazione di un “santuario” nemico  e quello della ricostruzione delle forze irachene e siriane (quest’ultime intese come “opposizione anti-Assad”). Su questo tema, ha concluso Dunford, la Difesa non potrà raggiungere in via definitiva i suoi obiettivi finché non avranno luogo anche gli interventi delle altre aree governative che peraltro, a suo modo di vedere, sono anche maggiormente importanti.

L’audizione del Gen. Dunford ha trovato una certa eco nella stampa americana , in particolare la questione della “minaccia russa” e quella ad essa collegata degli aiuti militari USA all’Ucraina che ha nel Sen. John Mc Cain, il presidente della Commissione, il suo principale sponsor. Ecco in proposito quel che pensa Dunford.

“Da un punto di vista militare penso sia ragionevole che noi forniamo un supporto all’Ucraina e, francamente, non credo che gli ucraini siano in grado di proteggersi dall’aggressione russa senza questo supporto”-
Sulla questione è successivamente intervenuto John Kirby, portavoce della Segreteria di Stato, che pressato dai giornalisti ha quindi precisato che l’amministrazione USA non ha comunque mutato la propria linea di condotta (invio all’Ucraina di aiuti “non-letali” e di consiglieri militari).

Venendo infine alla questione dei tagli alla Difesa, Dunford ha semplicemente detto che se questi, come da programma, a fine anno verranno realizzati, ci saranno “catastrofiche conseguenze” sulla capacità operativa delle truppe.

“Credo che siamo al filo del rasoio. Il grado di prontezza è giunto al limite, e se dovessimo scendere al di sotto di tale livello, dovremmo cambiare anche i confini della nostra strategia”- Concetti già sentiti di recente anche in Italia e puntualmente ripresi da “Analisi Difesa”  e intorno ai quali, per amor di Patria, non ci sentiamo di insistere di più.

Foto: Stars and Stripes, Reuters e US DoD

Padovano, classe 1954, è Colonnello dell'Esercito in Ausiliaria. Ha iniziato la carriera come sottufficiale paracadutista. Congedatosi, ha conseguito la laurea in Giurisprudenza ed è rientrato in servizio come Ufficiale del corpo di Commissariato svolgendo incarichi funzionali in varie sedi. Ha frequentato il corso di Logistic Officer presso l'US Army ed in ambito Nato ha partecipato nei Balcani alle missioni Joint Guarantor, Joint Forge e Joint Guardian.

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