Israele: l’Europa si svegli

da Gerusalemme-
Bandiere a mezz’asta in giro per le strade di Gerusalemme, la città vecchia illuminata con il tricolore francese, manifestazioni di solidarietà a Tel Aviv, questo è Israele nelle ultime settimane. Gli israeliani si sentono molto vicini ai francesi in queste giornate cosi difficili, sono addolorati per tutte le vittime innocenti morte a Parigi durante quel terribile venerdì sera ma non sono stupiti.

“Siamo vicini ai francesi perché capiamo perfettamente cosa stiano passando in questi giorni così bui, sappiamo cosa significhi la sensazione dopo lo shock iniziale, le difficoltà, lo strazio, l’impotenza e la rabbia che porta il terrorismo perché noi il popolo israeliano stiamo vivendo questa sensazione e soffriamo nella stessa maniera dal momento in cui è nato Israele. Abbiamo visto il radicalismo islamico crescere in Europa e il fatto che più ci sorprende è proprio la sorpresa dei leader europei per ciò che è accaduto.”

Sembra un gioco di parole con una nota di cinismo forse, un “ve l’avevamo detto” che non fa piacere sentire ma in cui tutti gli israeliani di destra, sinistra, conservatori e liberali si riconoscono e lo dicono apertamente.

Il terrorismo è sempre terrorismo non ci sono diverse sfaccettature, diverse interpretazioni, il terrorismo è sempre il male, non è giustificabile in nessun modo. Il razzismo sta dilagando tra i social networks e i giornali, città intere sono state blindate ed è stato dichiarato lo stato di emergenza è questo il futuro che ci aspetta in Europa?

Il Premier israeliano Benjamin Netanyahu ha più volte espresso la sua vicinanza al popolo francese e alle famiglie delle vittime dando anche istruzioni alle forze di sicurezza e d’intelligence israeliane di assistere in ogni modo possibile lo Stato francese e gli altri Stati europei.

Ha però anche sottolineato il fatto che “Il terrorismo deve essere sempre condannato e combattuto. Non c’è differenza tra i morti di Parigi, Londra, Madrid, Mumbai, Buenos Aires e Gerusalemme, sono tutte vittime del terrorismo islamico, non la sua causa.”

Gli attentati in Israele continuano a esserci ogni giorno, più volte al giorno sia contro i militari e poliziotti ma soprattutto anche contro i civili, non c’è differenza se siano israeliani, americani o europei, si colpiscono le persone indistintamente solo per il fatto che si trovano in Israele.

Gli ultimi attacchi a Parigi hanno dimostrato che gli obiettivi possiamo essere tutti noi, non c’è un motivo particolare per cui attaccare un posto o una persona piuttosto che un’altra. I terroristi hanno colpito i quartieri di Parigi in cui vive la gente normale, dove esce la sera e si diverte.

Non si tratta delle sedi di parlamenti e banche, non è un attacco al potere ma alla gente comune. Parlando con dei ragazzi sono tutti d’accordo nel dire che “è solo l’inizio. È sempre lo stesso terrore e la stessa gente. Ciò che state vivendo voi europei in questi giorni è simile a quello che viviamo noi, ma in miniatura, è un decimo di ciò che accade ogni giorno in Israele.”

Quella che viene chiamata “l’intifada dei coltelli” sta colpendo Israele profondamente e se all’inizio la gente non usciva di casa per paura ora la vita è tornata alla normalità – anche se si potrebbe discutere su cosa si intende qui per normalità – si cammina per le strade, si può entrare nella città vecchia, si prendono gli autobus anche se il livello di tensione non si è abbassato. Chiudersi in casa, non avere contatti umani tra le persone, generare paranoie e insicurezze farebbe il gioco dei terroristi.

La situazione in Siria e Iraq è fuori controllo ormai da più di un anno e mezzo e mentre l’Europa è immobile, al-Baghdadi e i suoi uomini pronti a tutto per rivendicare la legittimità dello Stato Islamico, sono riusciti a prepararsi, armarsi e attaccare l’Occidente non una ma più volte. L’Europa intera si è trovata impreparata e per paura o incapacità ha lasciato che fino ad ora le cose seguissero il loro corso.

La risposta di Hollande subito dopo la strage nella capitale francese è stata bombardare Raqqa, la capitale dello Stato Islamico. Hollande ha affermato di voler «colpire duro lo Stato Islamico e di mirare obiettivi che possano fare il massimo dei danni possibili a questo esercito terrorista». Una prova di forza dettata dalla rabbia per ciò che la Francia ha subito ma che come abbiamo visto in Iraq e Afghanistan in passato non porta a nessun risultato positivo nel lungo periodo.

Per la prima volta qualche settimana fa l’Isis ha minacciato Israele con un videomessaggio in ebraico fluente. “La guerra vera non è ancora iniziata, stiamo arrivando”- per continuare ancora dicendo “ci stiamo avvicinando a voi da Sud e da Nord. Il nostro scopo è di cancellare per sempre i confini tracciati con gli accordi di Sykes-Picot”. La minaccia è chiara ma Israele reagisce anche in questo caso in maniera imprevedibile. Secondo l’Institute for National Security Studies israeliano (INSS)

“Le analisi che sono state fatte fino ad ora riguardo alle minacce contro Israele rivelano che lo Stato Islamico, al momento lontano dai confini israeliani e con capacità militari ridotte, non rappresenta una diretta minaccia strategica contro lo Stato ebraico. Al contrario Hezbollah, armato di capacità operative avanzate, di missili a lungo raggio e razzi che possono raggiungere tutto lo Stato israeliano, potrebbe rafforzarsi grazie all’intervento russo nell’area.”

La paura israeliana è infatti che la Russia rafforzi la collaborazione militare e strategica con le cosiddette forze dell’asse scita: Iran, Siria ed Hezbollah. L’INSS afferma che “la vera preoccupazione di Israele è quella di una lotta per il potere regionale, in cui l’Iran abbia più influenza di Israele grazie al supporto della Russia al governo di Assad in Siria e agli hezbollah sul confine settentrionale di Israele.”

Israele rimarca l’importanza della sicurezza, un tema onnipresente nei discorsi ufficiali israeliani, che ha spesso dato adito a molte critiche in Europa e che viene spesso banalizzata dai giornalisti e politici europei con termini come psicosi-israeliana o sindrome di persecuzione ebraica.

Ma vivere costantemente nella paura di un attacco, di un attentato, sotto la minaccia del terrorismo ha portato Israele a sviluppare forse il più efficiente sistema d’intelligence e sicurezza al mondo. Investire nella difesa, prevenire e non subire.

Una signora mentre le faccio qualche domanda mi guarda sconsolata e mi dice: “è triste vedere come la leadership in Europa non comprenda ciò che sta succedendo. Non avete nessuna conoscenza dell’Islam e non avete idea di cosa significhi radicalizzazione.

C’è un’enorme differenza culturale che non può essere colmata se non con un processo lento e controllato. ”Come si è visto a Parigi la maggior parte dei terroristi erano cittadini europei, residenti e cresciuti in Europa. Ciò che manca è quindi proprio l’integrazione di queste persone nel Paese in cui risiedono e l’Europa deve fare i conti con questo problema sociale e culturale”.

Ciò che è accaduto a Parigi ha scosso l’Europa intera, una tragedia che ha avvicinato gli Stati nella lotta contro il terrorismo. Una battaglia che è iniziata molti anni fa ma che forse non è stata combattuta nella maniera più adeguata. Perciò, come dicono tutti qui, “Wake up Europe”!

Immagini: Getty Images,AP, Reuters e Novosti

Emanuela MattiussiVedi tutti gli articoli

Laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche a Gorizia. Per due anni è stata membro del direttivo del Club Atlantico YATA Gorizia organizzando e partecipando a numerosi eventi nazionali e internazionali. Si occupa di Medio Oriente e sicurezza lavorando in Italia e all'estero.

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