Terrorismo: Mosca rafforza la sicurezza interna

Terrorismo: Mosca rafforza la sicurezza interna | Analisi DifesaL’avvio delle operazioni militari russe in Siria, a settembre del 2015, ha indubbiamente contribuito a irrigidire la visione e l’approccio del Governo russo alla minaccia terroristica, concretizzatasi nell’ottobre scorso con l’attentato che fece esplodere nei cieli del Sinai un charter con a bordo 224 cittadini russi. Nel solo mese di dicembre sono infatti state approvate alcune dettagliate misure in questo senso, che dimostrano come il contrasto al terrorismo sia attualmente una delle direttrici principali della politica del Cremlino sia sul piano internazionale sia su quello interno.

Di fatto, i due livelli politici risultano strettamente interconnessi. Tenuto conto che i raid aerei di Mosca sono stati in grado di colpire diverse postazioni dello Stato Islamico, contribuendo a indebolirlo, è plausibile ritenere che la Russia possa costituire un obiettivo sensibile per futuri attentati o atti di rappresaglia sul suo territorio nazionale.

Terrorismo: Mosca rafforza la sicurezza interna | Analisi DifesaIn proposito, giova ricordare che un sondaggio effettuato dal “Levada center” alla fine di ottobre, ha mostrato come anche una grossa fetta della popolazione russa (il 48% di 1600 intervistati (provenienti da 46 regioni della Federazione russa), abbia espresso timore per imminenti attacchi terroristici nel Paese e di questo campione, ben il 78% ha affermato che possa essere compiuto dallo Stato islamico.

Questi dati risultano particolarmente interessanti perché, non a caso proprio in seguito alla pubblicazione del sondaggio, si sia svolta una Sessione straordinaria congiunta della Duma di Stato e del Consiglio federale per discutere la lotta al terrorismo. Il risultato immediato, raggiunto nella notte del 20 novembre a seguito di lunghe discussioni, è stata una risoluzione per restringere le misure di sicurezza pubblica, definire nuove azioni di contrasto  e pene più severe per terroristi.

Terrorismo: Mosca rafforza la sicurezza interna |Analisi DifesaNaturalmente le proposte estreme, come la pena di morte per i terroristi o la creazione di un tribunale per gli estremisti islamici sull’esempio di Norimberga, sono state pienamente rigettate. La risoluzione è comunque servita da input per una completa revisione dei problemi della sicurezza nazionale che, in un secondo momento, ha portato all’approvazione di un emendamento alla legge sui poteri dei Servizi d’intelligence interna (Federal’naya Sluzhba Bezopasnosti – FSB), di un decreto per la creazione di centri di comando in funzione antiterroristica e di una nuova Strategia per la sicurezza nazionale, dove il contrasto al terrorismo costituisce uno dei pilastri principali.

Terrorismo: Mosca rafforza la sicurezza interna | Analisi DifesaConsiderata l’urgenza dei provvedimenti (tutti adottati in poco più di una settimana, dal 23 al 31 dicembre) e la percezione d’insicurezza di molti russi, è piuttosto evidente che si tratti di un’efficace misura preventiva per rassicurare la popolazione, in un momento particolarmente delicato per le scelte politiche della Russia.

Non è difficile immaginare che se in questi mesi si fosse verificato un aumento degli attentati terroristici rivendicati da IS, l’opinione pubblica avrebbe potuto dichiararsi contraria all’intervento militare in corso in Siria, togliendo un’importante fetta di consenso al Governo e al Presidente Putin, consenso che attualmente è particolarmente alto.

Terrorismo: Mosca rafforza la sicurezza interna | Analisi DifesaNella lotta al terrorismo, la Russia ha una vasta esperienza principalmente consolidata nel Caucaso del Nord, dove soprattutto in seguito alle due guerre per la secessione cecena, continuano a verificarsi episodi di violenza o attacchi terroristici vuoi per mano di gruppi di guerriglieri radicalizzati a seguito delle repressioni, vuoi per mano di un’insorgenza jihadista attiva trasversalmente in Cecenia e Daghestan, che nel 2007 ha portato alla nascita di un Emirato Caucasico sotto la guida di Doku Umarov (ucciso nel 2014).

In primis, la nuova strategia sulla sicurezza funge da quadro giuridico generale ed enuncia la necessità di incrementare la protezione di “importanti obiettivi infrastrutturali, personalità, popolazione civile e dello Stato dalla minaccia terroristica esterna”. La modifica dei poteri dell’FSB e la creazione di centri antiterrorismo costituiscono, invece, la risposta “sul terreno” con un controllo capillare del territorio e maggiori poteri d’intervento per neutralizzare la minaccia.

Terrorismo: Mosca rafforza la sicurezza interna | Analisi DifesaA questo proposito, le norme che modificano i poteri dell’FSB si muovono sostanzialmente su tre livelli. Da un lato, viene disciplinato un più ampio uso di armi, mezzi speciali e forza fisica per prevenire atti di terrorismo o gravi delitti contro la “vita, salute, beni, autorità pubblica o di pubblica sicurezza” in assembramenti di grandi dimensioni o in operazioni per la liberazione di ostaggi.

Sono 11 le fattispecie in cui la legge consente alle forze di sicurezza l’uso preventivo delle armi, vietato invece contro donne, minori e invalidi a meno che non oppongano “resistenza armata” conducano  “attacchi armati”. Una condizione che ha risparmiato al Cremlino le proteste da parte delle ONG a tutela dei diritti fondamentali.
Del resto, se è vero che sull’individuazione della minaccia terroristica la normativa lasci spazio a interpretazioni, è indubbio che in molti Paesi dove l’allerta terrorismo è alta (Israele e Stati Uniti, ad esempio, che dopo l’11 settembre avevano adottato il “Patriot Act”) si è verificato generalmente un progressivo incremento dei poteri e del campo d’azione dell’intelligence o la previsione di drastiche misure antiterrorismo, compresa una relativa riduzione delle libertà ai fini della sicurezza pubblica.

Terrorismo: Mosca rafforza la sicurezza interna | Analisi DifesaUn secondo livello della legge introduce un più rigido controllo delle frontiere e degli ingressi sul territorio nazionale. Gli agenti dell’FSB potranno infatti prendere le impronte digitali o del palmo della mano per verificare l’identità di un individuo valutato potenzialmente “incline ad attività terroristica, reclutamento o altro coinvolgimento in attività terroristiche”.

Nello specifico, una simile misura potrebbe contribuire allentare il flusso di  foreign fighters che lasciano la Russia per unirsi ai miliziani dello Stato islamico o, al contrario, impedire il regolare rientro di guerriglieri, ben addestrati e con l’esperienza acquisita combattendo sul campo, con il rischio di dare nuova linfa vitale all’insorgenza jihadista nel Caucaso del nord, la cui operatività appare fortemente compromessa da un graduale indebolimento strutturale.

Una conferma di questa tendenza sembra derivare anche dalla statistica diffusa dal portale “Kavkazkiy Uzel” sulle morti provocate dal terrore nel Caucaso del Nord dove si evidenzia una netta riduzione nel numero delle vittime nel quinquennio 2010-2015 (a seguito della Seconda guerra cecena). In particolare, da 525 nel 2014 si passa a 258 vittime nel 2015, principalmente concentrate in Cecenia (153) e nel Daghestan (48) e in numero minore o irrilevante nelle altre repubbliche e territori caucasici (Kabardino-Balkaria – 30, Inguscezia – 21, Karachay-Circassia – 4, Territorio di Stavropol’ – 2).

Vale comunque la pena di ricordare che il progressivo declino dell’Emirato del Caucaso (organizzazione terroristica che, nata nel 2007 da un gruppo di ribelli secessionisti della ex Repubblica di Ikeria, richiama tutti i musulmani del Caucaso settentrionale alla jihad contro “l’oppressione” della Russia, con lo scopo di istituire uno Stato fondato sulla shari’a), è dovuto non solo alla perdita di leader carismatici (Umarov e Kebekov) e all’efficacia delle operazioni antiterrorismo di Mosca, ma anche alle numerose defezioni di gruppi di miliziani che hanno giurato fedeltà allo Stato islamico.

Stando a quanto dichiarato dal Presidente Putin nell’ottobre scorso, i foreign fighters delle ex Repubbliche sovietiche, che hanno sinora raggiunto la Siria sarebbero tra i 5.000 e i 7.000, di cui la maggioranza dei caucasici sarebbe partita dalla Cecenia e dal Daghestan. In questa prospettiva, il ritorno degli jihadisti in Russia potrebbe rappresentare una seria minaccia per la sicurezza nazionale con il rischio di infiltrazioni dello Stato islamico. A discapito dell’Emirato del Caucaso che, privo di una leadership carismatica, appare sostanzialmente incapace di raccogliere nuovi consensi, lo Stato islamico forte della popolarità del suo “marchio,  potrebbe fare da collante e spingere alla radicalizzazione bande e gruppi di ex ribelli, dediti alla criminalità perché privi di una valida alternativa.

Terrorismo: Mosca rafforza la sicurezza interna | Analisi DifesaContestualmente al potenziamento della struttura d’intelligence e dei controlli di frontiera, la nuova normativa sull’FSB si muove, infine, in una terza direzione. La legge prescrive infatti il divieto “per il personale civile e militare dell’FSB, i coniugi e i figli minori di aprire o gestire conti correnti (o depositi), immagazzinare denaro o altri beni mobili in banche estere situate al di fuori della Federazione russa, di possedere e (o) utilizzare altri strumenti finanziari esteri, se non è stato deciso per l’espletamento di compiti in attività operativa”. Si fa inoltre divieto di usare i social network, i blog e altre risorse internet senza un’esplicita approvazione.

Simili restrizioni sono efficaci ai fini dell’autotutela del Governo da eventuali casi di corruzione dei dipendenti e di conseguente fuga di notizie, che rappresenterebbe di per sé una minaccia alla sicurezza nazionale. Uno dei principali sostenitori dell’emendamento, il Senatore Vladimir Yabbarov, ha dichiarato in proposito che “i conti correnti all’estero per i dipendenti dell’FSB sono inaccettabili, perché chiunque ne possegga uno è vulnerabile al reclutamento.”

Terrorismo: Mosca rafforza la sicurezza interna | Analisi DifesaIn questo senso, anche l’uso incontrollato dei social network è pericoloso di per sé in quanto base di partenza per reperire informazioni relative al dipendente, che potrebbero agilmente essere usate contro di lui o la Federazione russa, ma anche per entrare in contatto con miliziani connessi alla rete. E il reclutamento via web ne è la dimostrazione più eclatante.

A completamento della struttura antiterroristica, un decreto presidenziale del 26 dicembre dispone che entro il 2016 sia costruita una rete di Direzioni operative antiterrorismo, dislocate nello specifico a Kaspiysk (Daghestan), Murmansk, Petropavlovsk-Kamchatsky, Simferopoli (Crimea) e Yuzhno-Sakhalinsk.

Poste sotto il Comando della Guardia di frontiera, dipartimento alle dipendenze dell’FSB, le Direzioni avranno il compito di pianificare e gestire le operazioni antiterrorismo e il dispiegamento di forze e mezzi nel mare territoriale russo, nella zona economica esclusiva nonché la piattaforma continentale e tutte le aree sotto la giurisdizione dello Stato comprese le navi battenti bandiera russa.

Terrorismo: Mosca rafforza la sicurezza interna | Analisi DifesaNello specifico, risulta interessante notare come una simile struttura direzionale permetterà alla Russia di controllare in maniera capillare tutte le regioni rivierasche di assoluta importanza militare e strategica (Mar Nero e Caspio, Oceano Artico e Pacifico).

È importante ricordare, inoltre, che alcuni dei centri sorgeranno nei pressi delle maggiori basi navali che ospitano le Flotte russe del Mar Nero, del Nord e del Pacifico (inclusa quella sottomarina) che, in caso di intervento, saranno in grado di dispiegare mezzi potenti in tempi brevissimi. In ogni caso, non è difficile intravedere anche una certa volontà di riaffermare la propria presenza militare, più che la reale necessità di contrastare una minaccia terroristica (per ora inconsistente) soprattutto con riferimento a Murmansk, dove la Russia porta da tempo avanti la sua strategia di penetrazione nell’Artico.

Terrorismo: Mosca rafforza la sicurezza interna | Analisi DifesaConcludendo, i provvedimenti sin qui analizzati sono serviti nella sostanza per adeguare lo strumento antiterroristico russo al cambiamento della minaccia, non più limitata al terrorismo del Caucaso settentrionale, ma proveniente dall’esterno per renderlo più efficace e operativo.

Tuttavia, resterà da verificare quanto il Presidente ceceno Ramzan Kadyrov, fedelissimo alleato di Putin nel contrasto all’estremismo islamico e al terrorismo, sarà in grado di accettare un’ingerenza diretta dell’intelligence russo in Cecenia alla luce dell’ampliamento dei suoi poteri. In questo senso, risulta particolarmente preoccupante quanto affermato da Kadyrov, nell’aprile del 2015, in seguito all’uccisione a Grozny di Dzhambulat Dadaev (ricercato federale ceceno, accusato di aver organizzato l’attacco contro il businessman daghestano Tazirov per un contenzioso su gare d’appalto) per mano della polizia del distretto Stavropol krai.

Terrorismo: Mosca rafforza la sicurezza interna | Analisi Difesa “(…) Sul nostro territorio questo non accadrà più. Tutti devono sapere che qui regna la legge. Se non saremo informati e se non ci sarà il nostro consenso ufficiale, non importa se avremo di fronte un moscovita o un stavropolchanin, spararemo per uccidere.”

Da un lato, queste dichiarazioni potrebbero compromettere definitivamente il rapporto tra il leader ceceno e l’FSB, precario non solo a causa della strenua opposizione di Kadyrov alla progressiva influenza dell’intelligence russa in Cecenia ma anche per l’ombra del coinvolgimento ceceno nell’assassinio del leader dell’opposizione liberale russa  Boris Nemtsov.

Esiste infatti il rischio che il diritto di aprire il fuoco con l’intento di uccidere potrebbe essere strumentalizzato all’interno di un conflitto d’interessi giurisdizionale tra i servizi segreti russi e quelli ceceni. Dall’altro lato, il Cremlino potrebbe non voler reagire alle provocazioni cecene perché è indubbio che Kadyrov rivesta la figura del leader forte in grado di mantenere l’ordine e tenere uniti i diversi clan, che altrimenti cercherebbero di colmare il vuoto di potere con il rischio del riaccendersi di violenze e lotte tra signori della guerra. Del resto, l’atteggiamento aggressivo di Kadyrov indica la costante necessità di riaffermare la sua autorità e il ruolo di leader regionale, ponendosi come protettore di tutti i ceceni (ovunque essi risiedano).

Foto: Kpcdn.com, Tass, FSB, Esquire, RIA Novosti, AP.

Nata a Kazanlak (Bulgaria), si è laureata con lode in Scienze Internazionali e Diplomatiche a Gorizia. Ha frequentato il Master in Peacekeeping and Security Studies a Roma Tre e ha conseguito il titolo di Consigliere qualificato per il diritto internazionale umanitario. Ha fatto parte del direttivo del Club Atlantico Giovanile del Friuli VG e nel 2013 è stata in Libano come giornalista embedded. Si occupa di analisi geopolitica e strategica dei Paesi della regione del "Grande Mar Nero" e dell'Europa Orientale e ha trattato gli aspetti politico-giuridici delle minoranze etniche e dei partiti etnici.

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