ISIS CIRCONDATO A SIRTE MA IN LIBIA SI APRONO NUOVI FRONTI

Nuovi fronti di guerra si sono aperti in Libia negli ultimi giorni, con le forze del generale Khalifa Haftar che hanno bombardato postazioni delle Guardie di Difesa Petrolifere (PDG) addette al controllo dei siti petroliferi di Ibrahim Jadran e scontri scoppiati ieri a est di Tripoli tra combattenti locali e una brigata di Misurata.

Una situazione che rischia di complicare il già difficile compito del governo di unità nazionale di Fayez al Sarraj, sostenuto dalla comunità internazionale, alle prese negli ultimi giorni anche con le proteste della popolazione per mancanza di elettricità e acqua in diverse parti del Paese, tra cui Tripoli e Bengasi.

Secondo quanto riportato dai media libici, i caccia del generale Haftar, a capo delle forze armate libiche che rispondono alle autorità dell’Est del Paese, hanno bombardato ieri una base militare delle Guardie di Jadran, fedele al governo di al Sarraj, a Ovest della città di Ajdabiya, situata vicino a impianti e giacimenti petroliferi.

Haftar ha sostenuto che si trattasse di una base di terroristi, secondo il Libya Herald, e Jadran ha promesso di rispondere all’attacco.

Già sabato scorso le forze di Haftar si erano scontrate ad Agedabia con i combattenti delle Forze di Difesa di Bengasi, una nuova formazione bollata come terroristica dal governo di al- Sarraj (nella foto sotto), ma sostenuta dal gran muftì libico e dal governo di Khalifa Ghwell, premier a Tripoli prima dell’arrivo dell’esecutivo targato ONU di Fayez al-Sarraj, in pratica il terzo governo del Paese che continua a emettere direttive.

In quell’occasione Haftar aveva accusato le forze di Jadran di aver sostenuto la nuova milizia. In un comunicato riportato dal Libya Herald, il governo di Ghwell ha dichiarato che le Forze di Difesa di Bengasi vogliono liberare Agedabia e Bengasi dai seguaci dell’ex regime di Muammar Gheddafi, facendo chiaro riferimento al generale Haftar (nella foto sotto) e alle sue forze.

Stesso argomento usato dal gran mufti Sadiq Al-Gharyan, che ha chiesto ai “rivoluzionari” di puntare su Bengasi per “combattere Haftar e i suoi soldati”, colpevoli di aver “riportato nel Paese il regime di Gheddafi e i suoi simboli”.

 

Intervenendo al programma tv “L’islam e la vita” sull’emittente satellitare al Tanathuj, al Gharyan ha invitato “i rivoluzionari di puntare su Bengasi, dopo la battaglia di Sirte, non per attaccare la popolazione, ma gli aggressori, per combattere Haftar e i suoi soldati.

Più di 200.000 persone innocenti sono state sfollate e più di 200 religiosi sono stati uccisi e le loro case date alle fiamme dalle forze di Haftar” ha aggiunto, secondo quanto riportato dal Libya Observer.

Secondo il Libya Herald questa nuova forza sarebbe formata da milizie islamiche (qaedisti e fratelli musulmani) sconfitte da Haftar a Bengasi e ritiratesi verso sud ovest.

All’indomani degli scontri ad Agedabia, il presidente del parlamento di Tobruk, Agila Saleh, aveva dichiarato lo stato di emergenza e creato una zona militare da Tobruk a Ben Jawad, 150 chilometri a Est di Sirte, affidandola alla guida di un governatore militare.

Proprio tale decisione aveva alimentato il timore di scontri tra le forze di Tobruk e quelle di Jadran, poste sotto il comando del centro operativo Agedabia-Sirte creato dal governo di al Sarraj e che all’inizio del mese avevano cacciato i jihadisti dello Stato islamico (Isis) da Ben Jawad grazie all’intervento delle PFG di Jadran.

Intanto continua l’offensiva contro l’Isis a Sirte, lanciata il 12 maggio scorso dalle milizie di misurata che sostengono il governo di unità nazionale.

Un’operazione che ha causato finora almeno 200 morti e centinaia di feriti nelle file delle forze filogovernative. Ieri il governo di al-Sarraj ha annunciato che a breve ci sarà la “battaglia decisiva”, contro i jihadisti,  “assediati in una piccola zona di Sirte”.

L’aeronautica di Misurata ha chiesto ai civili di lasciare la città di Sirte in vista di pesanti bombardamenti aerei contro i quartieri dove sono asserragliati gli uomini dello Stato islamico.

Secondo fonti del governo di al-Sarraj. le milizie di Misurata proseguono i bombardamenti con l’artiglieria pesante contro le zone in mano allo Stato islamico, colpendo in modo preciso i magazzini di munizioni e le sedi del gruppo grazie alle informazioni fornite dall’intelligence, probabilmente droni e personale anglo-americano che affiancano da tempo le milizie di Misurata.

La battaglia in città sembra comunque più dura del previsto e solo ieri sono rimasti uccisi 34 uomini delle milizie di Misurata e decine sono rimasti feriti.

Un consigliere della Municipalità di Tripoli, Ahmed Wali, ha chiesto all’Italia di prendersi carico di almeno 15-20 feriti gravissimi nella battaglia di Sirte. “E’ importante. Abbiamo bisogno di aiuti immediati e spero che il vostro Paese possa aiutarci in queste ore”.

L’Aeronautica Militare italiana ha già evacuato in più occasioni feriti in combattimento dalla Libia per curarli nel nostro Paese.

Infine nuovi scontri sono scoppiati ieri a 60 chilometri a Est di Tripoli, proprio tra una brigata di Misurata e forze locali della città di Qaraboulli per ragioni ancora poco chiare, stando a quanto riportati dai media locali.

L’esplosione di un deposito di munizioni ha provocato oltre 30 morti e una dozzina di feriti.

L’apertura di nuovi fronti ha spinto nei giorni scorsi l’inviato Onu per la Libia, Martin Kobler, a lanciare un nuovo appello all’unità: “E’ fondamentale avere un comando unificato delle forze armate sotto la guida suprema guida del Consiglio presidenziale del governo libico di unità. Solo una Libia unita e ben equipaggiata può combattere milizie e terrorismo”.

E’ però evidente il fallimento del progetto di unificare la Libia sotto al-Sarraj, leader “paracadutato” dall’ONU a Tripoli con l’appoggio di Turchia e Qatar ma che non sembra avere né il carisma né la rappresentatività per assumere il controllo non solo della Libia ma neppure della Tripolitania dal momento che non dispone di una forza militare credibile ma deve appoggiarsi su milizie che, come quella di Misurata o le PDG di Jadran, puntano a coltivare e rafforzare  interessi privati o di parte.

Foto: Ansa, AP, AFP, Stato Islamico e Reuters

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