Il confronto Usa-Iran e l’escalation del conflitto siriano

(aggiornato il 21 giugno alle ore 23.55)

La guerra in Siria potrebbe allargarsi in modo incontrollato dopo che le forze aeree statunitensi hanno colpito per l’ennesima volta i militari siriani provocando un’escalation della tensione con Russia e Iran mentre lo Stato Islamico è in rotta e il Califfo, Abu Bakr al-Baghdadi, sembra sia stato ucciso a fine maggio da un raid aereo russo su Raqqa.

Domenica un caccia F/A-18E Super Hornet della Us Navy ha abbattuto un vecchio bombardiere Sukhoi 22 siriano non lontano da Raqqa. La Coalizione a guida Usa ha precisato che due ore prima le truppe di Damasco avevano attaccato le Forze Democratiche Siriane (FDS, milizie curdo-arabe sostenute dagli Usa che stanno attaccando Raqqa) nella città di Ja’Din, a Sud di Tabqa e che i jet della Coalizione sarebbero quindi intervenuti per fermare l’avanzata delle forze governative con una “dimostrazione di forza”.

Secondo Damasco “le forze aeree della coalizione internazionale hanno preso di mira uno dei nostri caccia nella regione di Resafa, nel sud della provincia di Raqqa, mentre era impegnato in una missione contro lo Stato Islamico”. Il comando siriano ha quindi precisato che “l’aereo è stato abbattuto e il pilota risulta disperso”, aggiungendo che si tratta di una “flagrante aggressione che mostra inequivocabilmente la reale posizione degli Stati Uniti in sostegno al terrorismo” che “mina la capacità” delle forze di Damasco di combattere l’estremismo in tutto il Paese.

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La coalizione internazionale ha tenuto a rimarcare che “non vuole combattere il regime siriano, nè le forze russe o quelle filo-governative a loro alleate”, tuttavia “non esiteremo a difendere la Coalizione o le forze alleate da qualsiasi minaccia”.

Gli scontri in atto a 40 chilometri da Raqqa tra FDS e truppe siriane sono stati confermati da altre fonti vicine alle opposizioni armate al regime di Damasco.

L’area interessata dai combattimenti – quasi senza precedenti visto il tacito accordo di non-belligeranza fin qui rispettato dalle parti – si trova una cinquantina di chilometri a sud-est di Raqqa, Le forze di Damasco, anch’esse impegnate contro l’Isis, hanno compiuto una rapida avanzata nelle ultime settimane, arrivando ad una decina di chilometri a sud della base militare di Tabqa, controllata dai curdi.

I jet statunitensi hanno già colpito in più occasioni le truppe siriane e le milizie loro alleate sul fronte sud, al confine con la Giordania, dove i successi delle forze di Assad contro l’Isis hanno messo fuori gioco le milizie di insorti addestrate in territorio giordano dalle forze speciali anglo-americane.

In quel settore ieri  un caccia F-15E Strike Eagle dell’Usaf   ha abbattuto un drone delle forze pro-Assad che sorvolava i cieli sopra il confine con la Giordania. Il drone abbattuto dagli Usa – che sorvolava l’area di al-Tanf dove si trova una base delle forze speciali statunitensi era uno Shahed 129 prodotto in Iran (ma non è chiaro se avesse i colori delle forze aeree di Teheran o di Damasco) ed era armato probabilmente di missili leggeri aria-terra Sadid 1.

Nella stessa area – dove si trovano anche gruppi sostenuti da Teheran – pochi giorni fa era stato abbattuto un altro velivolo senza pilota appartenente alle milizie scite filo Assad. “E’ stata un’azione di autodifesa, il drone è stato abbattuto perché era ritenuto una minaccia”, ha riferito il Pentagono.

“La presenza militare americana in Siria meridionale e’ assolutamente illegale”, ha detto Mikhail Bogdanov, vice ministro degli Esteri russo e rappresentante speciale di Putin per il Medio Oriente e l’Africa. “Non c’è né una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ne’ una richiesta delle autorità legittime siriane a questo proposito”, ha ricordato. Il  Cremlino esprime “seria preoccupazione” per le azioni della Coalizione e a chi gli chiedeva se Mosca tema che la crisi siriana possa portare a un aperto conflitto con gli Usa, il portavoce di Vladimir Putin si è limitato areplicare con un eloquente “no comment”.

Del resto dopo il raid del 6 aprile scorso che ha visto il lancio di 60 missili da crociera da due cacciatorpediniere della Us Navy contro la base aerea siriana di al-Shayrat è parso chiaro che l’obiettivo di Washington non è tanto sconfiggere le milizie jihadiste ma impedire che le forze di Assad riprendano il controllo totale del territorio siriano sull’onda dei successi favoriti dall’intervento russo.

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Nei giorni scorsi Mosca ha accusato gli USA di non cooperare nell’annientamento delle milizie qaediste dell’ex Fronte al-Nusra e ha denunciato il piano americano di lasciare una via di fuga ai miliziani dell’Isis a sud di Raqqa con la speranza che questi fuggano dalla città per andare a combattere le forze siriane su altri fronti.

Non a caso, se Damasco ha definito l’abbattimento del Sukhoi “un’aggressione”, la Russia ha sospeso ogni forma di cooperazione con gli statunitensi nelle operazioni aeree sulla Siria intimando a Washington che “qualsiasi velivolo, inclusi gli aerei e i droni della Coalizione internazionale, individuato dalle forze russe nella zona delle operazione a ovest del fiume Eufrate sarà considerato come obiettivo delle forze di difesa a terra e aeree”.

Per il Ministero della Difesa russo l’abbattimento dell’aereo militare di Assad è “una cinica violazione della sovranità della Siria, una violazione flagrante del diritto internazionale e una aggressione militare contro la repubblica siriana”.

Mentre il Califfato combatte le ultime disperate battaglie a Raqqa, Mosul e Deir ez-Zor, il conflitto sta assumendo sempre più la fisionomia di un confronto tra il fronte scita appoggiato dai russi e quello sunnita che vede gli Usa schierati con Israele e Arabia Saudita nel contrastare l’Iran e i suoi alleati.

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Subito dopo l’abbattimento del Su-22 siriano i Pasdaran iraniani hanno lanciato sei missili balistici Zulfaqir (evoluzione del Fateh 110 a combustibile solido e nuovi sistemi di guida) dalla provincia occidentale iraniana di Kermanshah. I missili, hanno colpito obiettivi dell’Isis a Deir ez-Zor, a 700 chilometri di distanza dopo aver sorvolato il territorio iracheno e siriano.

“I missili hanno attraversato lo spazio aereo iracheno e hanno colpito i loro obiettivi in Siria” ha dichiarato il generale Amir-Ali Hadjizadeh, comandante della forza aerospaziale dei Guardiani. “Allo stesso tempo droni decollati da Damasco hanno sorvolato la regione di Deir Ezzor e trasmesso le immagini dei raid. Il generale ha precisato che i missili hanno colpito anche un “piccolo edificio” dove si trovavano i capi dell’Isis.

“Colpire un piccolo edificio da 600-700 chilometri di distanza” dimostra le “capacità” dell’Iran, ha aggiunto. Si tratta dei primi lanci missilistici iraniani in territorio straniero degli ultimi 30 anni, cioè da quando gli Scud di Teheran colpirono il territorio iracheno durante il conflitto del 1980-88.

Nelle ultime ore i pasdaran hanno reso noto che l’attacco missilistico  almeno 65 terroristi dell’Isis, compresi 15 comandanti kazaki, sauditi e afghana di alto rango. Sono state distrutte anche quattro importanti basi dell’Isis nella Siria orientale ed è stato ucciso anche il comandante saudita dell’Isis, Saad al-Qosaibi. Secondo quanto riferito, un deposito di armi ed esplosivi dell’Isis  è stato “colpito con precisione e completamente distrutto”, oltre a numerosi carri armati, veicoli militari e automobili adibite ad auto-bomba e un gran numero di missili.

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Nel settore di Deir ez- Zorl e forze di Damasco hanno attaccato ieri obiettivi dell’Is. “L’artiglieria ha colpito covi e fortificazioni dell’Isis nei dintorni di Panorama (a ovest di Deir Ezzor) e Tal Brouk, nella zona di al-Thardeh, nei pressi dell’aeroporto militare e del quartiere di al-Howeiqa”, scrive l’agenzia governativa a Sana che riferisce dell’uccisione di un numero imprecisato di “terroristi”. Secondo l’agenzia l’aeronautica militare ha “distrutto centri e mezzi dell’Is provocando il ferimento di diversi terroristi nel quartiere di al-Hamidiyeh, nella zona di Panorama e nei villaggi di al-Bghiliyeh e Aiyyash”.

I Pasdaran hanno annunciato di aver lanciato missili contro l’Isis in Siria in rappresaglia all’attacco sferrato a Teheran e a Qom dallo Stato Islamico il 7 giugno scorso che uccise 17 persone ma lo stesso portavoce dei Guardiani della Rivoluzione, generale Ramazan Sharif, ha ammesso che anche “sauditi e americani sono tra i principali destinatari di questo messaggio”.

Teheran ha infatti dimostrato la sua capacità di colpire con precisione obiettivi molto distanti ricorrendo a un nutrito arsenale missilistico temuto da Israele e sauditi.

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Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha infatti subito risposto ai Pasdaran.”Ho un messaggio per l’Iran: non minacciate Israele. Il nostro esercito e le nostre forze di sicurezza monitorano costantemente le attività iraniane nella regione” ha detto il premier israeliano.

Le forze aeree israeliane hanno già in più occasioni colpito le postazioni siriane sul Golan e bombardato obiettivi in Siria ufficialmente per impedire che armi sofisticate venissero fornite da Teheran e Damasco alle milizie Hezbollah libanesi. Il ministro della Difesa israeliano, Avigdor Lieberman, ha detto che Israele è pronto a far fronte a “qualsiasi sviluppo della situazione. Siamo pronti e non abbiamo preoccupazioni o paura”.

Ad aggiungere tensioni nella crisi in atto dalla Siria al Golfo Persico contribuiscono anche le esercitazioni navali compiute da Cina e Iran nello Stretto di Hormuz. Secondo quanto riferisce l’agenzia ufficiale Irna le manovre hanno visto impegnate una nave da guerra iraniana e due cacciatorpediniere cinesi, un mezzo per il rifornimento logistico e un elicottero.

Foto:  US DoD, SANA, Irna e CNN

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