L’ Arma dei Carabinieri, una forza antica e moderna

Qualche anno fa, quando ero ancora in servizio, per spiegare ad un bambino che me lo chiedeva, cos’era un Carabiniere, gli risposi che era un Soldato che faceva il Poliziotto. Per maggior chiarezza gli dissi che se fosse stato solo l’una o l’altra cosa, non sarebbe più stato un Carabiniere, che è l’insieme delle due qualità.

Una delle poche istituzioni che certamente funzionano e che pochi mettono in discussione in Italia sono i Carabinieri, l’asse portante su cui si basa tutto il nostro sistema di sicurezza nazionale. Il senso del dovere, lo spirito di sacrificio, la disciplina, la serietà, l’affidabilità e la stretta vicinanza ai cittadini sono i motivi principali della grande popolarità di questa forza militare di polizia, che da più di due secoli vigila e protegge l’Italia e la sua gente, in pace e in guerra.

Le sue tradizioni militari, coltivate e conservate gelosamente, infondono in tutti i suoi componenti un forte ed orgoglioso sentimento di appartenenza all’Istituzione. L’essenza militare dell’Arma e la sua straordinaria duttilità nell’adeguarsi ai tempi e alle esigenze sono infatti i fattori di maggior successo di questo corpo antico e moderno nello stesso tempo.

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La Benemerita, appunto. Eppure ciclicamente, magari sfruttando l’onda mediatica di qualche sporadico esempio negativo da parte di appartenenti all’Arma dei Carabinieri, vi è sempre qualcuno che vorrebbe cambiarne le dipendenze e così annullarne l’essenza militare, che ne è la vera linfa vitale.

Tutto ciò senza preoccuparsi di valutare le reali e concrete conseguenze che il provvedimento avrebbe sull’intero comparto e sistema della sicurezza nazionale. Da ultimo pare vi sia anche l’attuale Capo della Polizia che vorrebbe inquadrare l’Arma sotto il Ministero dell’Interno, intenzione che trova una qualche eco anche in recenti sondaggi del Movimento5Stelle che, tra le “novità” programmatiche proposte, sembrerebbe puntare all’unificazione di tutte le forze di polizia, pensando così di poterne migliorare l’efficienza e ridurne le spese di mantenimento.

Semplice desiderio di semplificazione ed omologazione ad ogni costo o concentramento dei poteri di polizia in una sola istituzione o addirittura in una sola persona? E questo senza considerare che in tutti gli Stati moderni e nelle democrazie occidentali non si registra mai la presenza di una sola forza di polizia, tipica invece dei sistemi totalitari, sia di destra che di sinistra.

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Il termine di paragone negativo più recente ci viene dalla Francia. Sotto la presidenza Sarkozy ci fu appunto il passaggio della Gendarmeria Nazionale dal Ministero della Difesa a quello dell’Interno.

Il provvedimento, a detta degli osservatori più attenti ed esperti, non avrebbe potuto comportare un maggior danno a quel sistema di sicurezza di quello verificatosi: una generale demotivazione del personale della Gendarmeria e quindi un’evidente e graduale diminuzione delle sue capacità operative e di controllo su tutto il territorio francese.

Qualche segnale di una certa minor incisività ed efficienza, almeno sotto il profilo della prevenzione, ma anche operativo, si è avuto anche in recenti situazioni drammatiche seguite ai sanguinosi attacchi terroristici avvenuti in Francia.

Questo cambio di dipendenze della Gendarmeria Nazionale è stato determinato partendo comunque da una situazione istituzionale molto diversa da quella italiana, perché già prima oltralpe vi era una netta suddivisione di competenze per territorio tra la stessa Gendarmeria e la Polizia Nazionale, tra l’altro, in totale assenza di uno specifico strumento legislativo di coordinamento. In quel contesto l’unificazione delle due principali forze di polizia sotto lo stesso Ministero avrebbe quindi potuto o dovuto trovare una maggior giustificazione operativa che invece, alla prova dei fatti, non c’è stata.

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In Italia, la situazione è molto diversa. La fondamentale legge 121/81 sulla sicurezza pubblica prevede infatti l’esistenza di due forze di polizia a competenza generale: una a status civile, la Polizia di Stato, e una a status militare, l’Arma dei Carabinieri, senza limitazioni di territorio, ma con un criterio di prevalenza, che vede una maggior presenza della Polizia nei centri urbani più grandi e dei Carabinieri nel resto del territorio.

Le altre due forze, la Guardia di Finanza (militare) e la Polizia Penitenziaria (civile), hanno loro competenze specifiche e comunque non svolgono in via permanente e/o generalizzata compiti di ordine pubblico e di controllo del territorio.

Gli operatori dei vari corpi di polizia italiani, dipendenti dallo Stato e da enti locali, sono complessivamente 400.000 circa. In proposito va comunque precisato che, a differenza di ciò che avviene nei paesi nordici e anglosassoni nei quali le polizie hanno strutture logistiche e di supporto costituite da impiegati civili, in Italia gli addetti agli incarichi d’ufficio, logistici e amministrativi sono tutti appartenenti alle forze di polizia.

Il vantaggio consiste nel fatto che, all’occorrenza, anche questi operatori possono essere impiegati in servizi operativi. Lo svantaggio è quello di avere solo apparentemente un numero eccessivo di operatori di polizia.

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Il coordinamento di tutte le forze di polizia nazionali e locali sul territorio italiano, seppure dipendenti da ministeri ed enti diversi, spetta a livello provinciale ai Prefetti, che hanno la responsabilità dell’ordine e della sicurezza pubblica e si avvalgono dei Questori per la direzione operativa e tecnica dei relativi servizi.

Le diverse attività investigative e di indagine, per legge, vengono invece svolte da tutti gli organi di polizia giudiziaria sotto la direzione, il controllo e il coordinamento dei Pubblici Ministeri.

La legge sul riordino dell’Arma del 2000 ha quindi ribadito la validità di questa impostazione normativa ed ha confermato la condizione militare dei Carabinieri, fissandone i compiti.

Nel frattempo sono state sperimentate e varate forme sempre più avanzate di coordinamento, che hanno consentito di raggiungere ottimi e insperati livelli di efficienza, superando alcune sovrapposizioni con una razionale ridistribuzione dei compiti e dei servizi tra tutte le forze di polizia.

Efficienza confermata anche dalla constatazione che, proprio in virtù delle norme e delle strutture di coordinamento esistenti in Italia, l’attività informativa e preventiva per il contrasto al terrorismo, almeno sinora, pare aver funzionato meglio che in altri paesi europei.

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L’Arma dei Carabinieri con circa 5600 presidi (comprese le Stazioni del disciolto Corpo Forestale dello Stato) è quindi presente su tutto il territorio nazionale e da sola ne controlla i tre quarti circa.

Coerentemente, l’Arma procede per il 72% del totale complessivo di tutti i reati denunziati e da sola svolge oltre la metà dei servizi di controllo e sicurezza effettuati in Italia da tutte le forze di polizia a livello nazionale e locale, in particolare nelle regioni meridionali e nelle attività di contrasto alle diverse forme di criminalità organizzata.

I motivi della maggiore efficienza e capacità operativa dei Carabinieri, poco conosciuta e riconosciuta, ma statisticamente indiscutibile, risiedono nel numero e nella capillarità dei loro presidi sul territorio, ma soprattutto nella loro organizzazione militare. Un’organizzazione che, appunto, con criteri di disciplina e autodisciplina militari, è in grado di gestire, controllare e far funzionare efficacemente una così estesa rete territoriale.

Questo fitto reticolo che copre tutta l’Italia (in media una Stazione CC ogni uno/due comuni) viene sostenuto e rinforzato da reparti speciali di assoluta eccellenza in diversi settori (ROS, RIS, NAS, TPC, GIS ed altri) e da una Divisione Unità Mobili su due Brigate che inquadrano ben 16 unità a livello Reggimento e Battaglione, dislocate da Torino a Palermo lungo tutta la penisola, con compiti di ordine e di sicurezza pubblica, ma anche militari e di difesa territoriale.

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L’Esercito, infatti, formato ora solo da personale volontario e in servizio permanente, con un organico necessariamente ristretto e i reparti concentrati in alcune basi e caserme, non riesce più a coprire e difendere con le sole proprie forze tutto il territorio italiano, anche in considerazione dell’esteso sviluppo costiero che corona tre lati del nostro Paese.

Oggi più che mai, infatti, anche per l’incombente minaccia terroristica nelle nostre città, le esigenze di Difesa e di Sicurezza sono sempre più coincidenti e strettamente collegate tra loro, tanto che le Forze Armate vengono impiegate ormai regolarmente in compiti di vigilanza e supporto alle Forze di Polizia sul territorio nazionale.

D’altro canto, viene sempre più avvertita l’esigenza che i contingenti della NATO e dell’ONU, impiegati nelle loro missioni all’estero, siano in grado di svolgere non solo compiti prettamente militari, ma anche di stabilizzazione e quindi di polizia nei confronti delle popolazioni locali. Proprio in questo delicato ed importante compito, i Carabinieri si sono ritagliati un ruolo fondamentale ed esclusivo come gli unici “Soldati che sanno fare i Poliziotti”, riscuotendo unanimi consensi internazionali per la loro professionalità e capacità di mediazione e quindi di formazione delle forze di polizia di paesi a rischio.

Un generale americano ha detto che “se non fosse esistito un corpo militare di polizia come l’Arma dei Carabinieri avremmo dovuto inventarlo”. I Carabinieri sono quindi tutt’altro che un residuato ottocentesco. Sono una moderna forza militare di polizia a competenza generale, esattamente come recita la legge del 2000 che, pur svolgendo con propri reparti specializzati la funzione di polizia militare a favore delle tre Forze Armate, ha come principale missione istituzionale l’ordine e la sicurezza pubblica e spazia quindi in tutti i settori della polizia civile.

D’altronde la polizia militare, a ben considerare l’attuale situazione in Italia, molto difficilmente potrebbe essere delegata alle Forze Armate, senza dover necessariamente istituire al loro interno una terza forza di polizia a competenza generale. La giurisdizione militare propriamente detta, infatti, con l’abolizione del servizio militare di leva, si è andata progressivamente riducendo a poche fattispecie di reato tipicamente ed esclusivamente militari.

Tanto che oggi la gran parte dei casi che coinvolgono il personale militare, soprattutto quelli più gravi, riguardano la giurisdizione ordinaria e gli organi di polizia giudiziaria ordinaria e solo marginalmente quelli di polizia militare.

La condizione militare dell’Arma trova quindi la sua principale motivazione nei suoi speciali compiti militari, confermati dalla sua dipendenza dal Ministero della Difesa e dal suo rango di Forza Armata, dopo essere stata per quasi due secoli la prima Arma dell’Esercito, ma non solo per questo …

Come già detto, la stessa condizione militare risulta infatti indispensabile, anche e soprattutto, per far funzionare al meglio un apparato così articolato e multiruolo come quello dell’Arma. Dalla Difesa i Carabinieri dipendono quindi per la formazione, l’organizzazione e la gestione del personale e direttamente dallo Stato Maggiore della Difesa quando partecipano alle operazioni militari con propri contingenti o svolgono servizi di polizia militare. Mentre per la gran parte dei loro servizi preventivi, di controllo e di ordine pubblico sul territorio nazionale, rispondono al Ministero dell’Interno, tramite i Prefetti e il Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, che si identifica nello stesso Capo della Polizia.

Questa doppia dipendenza, dalla Difesa e dall’Interno, considerata da alcuni un’anomalia istituzionale da sanare, al contrario, anche in passato, ha funzionato bene, preservando l’Arma dei Carabinieri da eccessivi condizionamenti politici, che avrebbero potuto minarne la tradizionale imparzialità e ridurne l’efficienza.

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Ma l’aspetto più negativo di un‘eventuale riforma di unificazione ed omogeneizzazione delle quattro forze di polizia sotto un unico ministero sono i costi di una tale operazione. Secondo infatti una prima stima, seppure molto approssimata, le spese potrebbero superare, se non annullare, i risparmi che ne potrebbero derivare, anche nel lungo termine.

Anzi, molto probabilmente non ci sarebbe alcun risparmio perché le esigenze di sicurezza dei diversi settori sono tante e in continua crescita e presuppongono strutture, esperienze, capacità e professionalità assolutamente diverse e quindi difficilmente compatibili tra loro.

Per esempio, a seguito dell’istituzione del numero europeo di emergenza unificato, il 112 – per il quale l’Arma aveva messo a disposizione le proprie centrali operative per evitare una costosa infrazione da parte dell’Unione Europea – si stanno organizzando centralini di risposta “laici”, cioè con impiegati civili, non appartenenti ai diversi corpi di polizia. Tutto ciò ha un costo che, almeno sinora, pare non sia servito molto a migliorare il servizio o ad abbreviare i tempi d’intervento.

Accade, infatti, che le unificazioni non solo non consentano di risparmiare risorse ma che i costi aggiuntivi per l’omogeneizzazione incidano su quelle destinate all’operatività dei sistemi. Qualche anno fa, comunque, solo per unificare le centrali operative ed accentrare le strutture logistiche della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri, si parlava di una spesa di circa 5 miliardi di euro. Immaginiamo ora di quali somme si dovrebbe disporre per unificare tutte e quattro le forze di polizia, due civili e due militari, senza essere assolutamente certi di incrementarne l’efficienza e le capacità operative.

D’altro canto, la presenza sul territorio delle diverse forze di polizia, che operano nell’attuale quadro normativo, non appare comunque sufficiente in termini di quantità a prevenire e reprimere i tanti episodi di criminalità grande e piccola che creano una generale sensazione d’insicurezza.

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Come ormai è noto quasi a tutti, non si tratta infatti di una minore professionalità o di una scarsa capacità delle forze di polizia nell’individuare ed arrestare i delinquenti, quanto piuttosto delle conseguenze di un sistema processuale e penale eccessivamente garantista lungo ben tre gradi di giudizio che ne limita la detenzione prima e la reclusione poi.

L’insicurezza cresce quindi di pari passo con i fenomeni d’immigrazione clandestina difficili da arginare e controllare che, inevitabilmente, portano ad un aumento del disagio sociale e quindi ad un clima d’illegalità diffusa, in cui sono sempre più frequenti gli episodi di violenza. Pertanto, pur nella continua ricerca e studio di ulteriori razionalizzazioni, concentrazioni di risorse e servizi e quindi di formule sempre più funzionali e vincolanti di coordinamento tra le diverse forze, non pare che al momento sia sensato spendere somme così ingenti per mettere in piedi l’ennesimo “carrozzone” onnicomprensivo.

L’importante e vitale comparto della Sicurezza dovrebbe quindi ricercare la semplicità, la razionalità e la massima efficienza dei sistemi, esaltando e non mortificando le particolari eccellenze, attitudini e specificità di ciascun corpo di polizia. Un serio rischio infatti è anche quello di una omologazione verso il basso, con una generale tendenza alla mediocrità, senza alcun concreto vantaggio per il sistema di sicurezza nazionale.

Le ragioni di chi spinge per l’unificazione sono molte e diverse. Ma, in realtà nessuna, a mio personale avviso, punta seriamente ad una maggior efficienza o a un minor costo delle nostre Forze di Polizia, a meno che non si parta da una totale e disarmante ignoranza di come funzionano o non funzionano le istituzioni dello Stato.

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Ci sono ancora vecchi pregiudizi ideologici nei confronti dei Carabinieri proprio per il loro essere militari e per il ruolo fondamentale da loro svolto negli anni di piombo nella repressione del terrorismo, in particolare quello nato dai gruppi dell’estrema sinistra extraparlamentare.

Ci sono gelosie istituzionali in ambito Ministero dell’Interno, ma anche della Difesa, mai completamente sopite e ora risvegliatesi forse anche per il recente assorbimento del Corpo Forestale dello Stato nell’Arma dei Carabinieri. Un passaggio che è avvenuto senza alcun particolare problema o trauma e che ha visto l’ordinato passaggio delle Guardie Forestali dalla condizione civile a quella militare, con le sole vigorose proteste di quei pochi che ne sono rimasti fuori perché destinati ad altri enti.

Ci sono ambienti del Ministero dell’Interno che dopo quattro decenni non si sono ancora rassegnati a non avere più alle loro dirette dipendenze un braccio militare di polizia, simile a quello che era il disciolto Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza. Vorrebbero infatti poter concentrare e accentrare tutti i poteri di polizia e affidarli ad una sola persona, che ricopre il doppio incarico di Capo della Polizia di Stato e Direttore Generale della Pubblica Sicurezza.

Da qui l’intenzione di inquadrare nel Ministero dell’Interno l’Arma dei Carabinieri, l’organizzazione di polizia più efficiente, militare e quindi meno sindacalizzata, per poterla impiegare nei servizi di più basso livello operativo e di minor impatto mediatico, esattamente ciò che si è verificato in Francia con la Gendarmeria.

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Vi è infine il quotidiano confronto dei numeri e delle statistiche operative che vedono i Carabinieri primeggiare da sempre e dimostrare un’efficienza in costante crescita, sia in termini di quantità che di qualità. Per alcuni, evidentemente, questo continuo confronto non costituisce un incentivo all’emulazione e a fare meglio, ma solo un paragone imbarazzante da evitare o ancora meglio da azzerare con ogni mezzo.

In conclusione per quanto mi riguarda, sono un Carabiniere nato e cresciuto in una caserma della Polizia e quindi affezionato a entrambe le Istituzioni, comunque favorevole a forme sempre più strette e moderne di coordinamento, ma sono nettamente contrario ad una costosa, inutile e dannosa unificazione, perché avrebbe ripercussioni molto negative sul nostro sistema di sicurezza e sulla pluralità delle forze di polizia, che rappresenta una fondamentale garanzia democratica e d’imparzialità per tutti i cittadini.

Foto:Ansa. Arma dei Carabinieri, Riccardo Siano, Milano Post. Pisa Today, Isaf, Campania News e Difesa.it.

 

Generale dei Carabinieri, ha lasciato il servizio attivo alla fine del 2012 dopo aver ricoperto numerosi incarichi di rilievo nell'Arma. E' stato comandante del GIS e del Tuscania, delle MSU (Multinational Specialized Unit) dell’Arma in Bosnia e Kosovo, e della Seconda Brigata Mobile che comprende i reparti dell'Arma per le operazioni speciali e oltremare. Ha partecipato a delicate operazioni in Iraq e Afghanistan, diretto il Centro di Eccellenza per le Stability Police Units a Vicenza, comandato la Divisione Unità Mobili a Treviso e il Comando Interregionale della Sicilia e della Calabria. E' stato Consigliere Militare e Addetto alla Difesa della Rappresentanza d'Italia presso le Nazioni Unite a New York. Decorato con Legione al Merito del Congresso degli Stati Uniti, Medaglia di Bronzo al Valore dell'Esercito, due Croci d'Oro al Merito dell'Esercito e dell'Arma dei Carabinieri e la Croce di Cavaliere dell'Ordine Militare d'Italia, la più alta decorazione militare nazionale.

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