Coronavirus: il vero “modello cinese” a cui ispirarsi è quello di Taiwan

Ripubblichiamo un articolo dell’agenzia AsiaNews che evidenzia un aspetto che sembra essere sfuggito ai tanti fans di Pechino che siedono in posti di rilievo nell’attuale governo italiano.

Dati su contagio e mortalità oltre che misure adottate repentinamente e con decisione invece che in ritardo e un po’ alla volta, confermano che in tema di contrasto al Coronavirus il “modello cinese” a cui ispirarsi o comunque da prendere in esame in Italia e in Europa dovrebbe essere quello della Cina Nazionalista, cioè di Taiwan, non certo quello della Cina Comunista.

Taiwan, vale la pena di precisarlo, oltre a non essere riconosciuta dalla gran parte degli Stati, che non intendono irritare Pechino, non ha mai potuto aderire neppure all’Organizzazione Mondiale della Sanità a causa del veto cinese.    

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Taipei (AsiaNews) – “Taiwan non ha atteso le indicazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità([Oms) e ha risposto prontamente alla crisi del coronavirus”. È quanto dichiara ad AsiaNews Russell Hsiao, direttore esecutivo del Global Taiwan Institute. Questo è il segreto del successo della “provincia ribelle” nel contrastare l’epidemia. A oggi nel Paese si registrano solo 135 casi di infezione e due decessi. Un paradosso, se si considera la campagna diplomatica dell’isola per entrare a far parte dell’Oms, che Pechino boicotta in modo sistematico. Di seguito l’intervista a Hsiao.

“Taiwan non aveva il ‘lusso’ di aspettare le indicazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità [Oms] per elaborare la sua risposta al coronavirus. In modo paradossale, ciò ha incoraggiato il governo ad assumere un approccio più energico al problema”. Per Russell Hsiao, direttore esecutivo del Global Taiwan Institute, è questo il segreto del successo che sta avendo Taipei nel contrastare la diffusione del Covid-19, che in Cina e altre parti del mondo sta mietendo migliaia di vittime.

Nell’isola, che vive una autonomia di fatto, ma è considerata una “provincia ribelle” da Pechino, si sono registrati sinora solo 135 casi di infezione e due decessi. A inizio febbraio, quando la crisi epidemica iniziava a manifestarsi anche fuori della Cina, i contagiati erano 16. Il timore delle autorità è che i numeri possano aumentare nelle prossime due settimane per i casi di infezione importati dall’estero.

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Secondo Hsiao, la comunità internazionale può trarre importanti spunti dal modello taiwanese in risposta all’epidemia, soprattutto per combattere possibili future pandemie: “ Quando il virus è cominciato ad apparire nell’Hubei, il governo di Taipei è stato veloce nell’intuire la situazione, e ha imposto controlli sanitari ai visitatori da Wuhan. Subito dopo ha chiuso i confini con il resto della Cina”.

Nelle prime battute della crisi, Taiwan ha introdotto inoltre alcune restrizioni ai collegamenti con Hong Kong e Macao, ritenute potenziali focolai di contagio. Taipei pagò già un considerevole tributo di vittime durante l’epidemia di Sars del 2002-2003. “Le esperienze vissute nel passato con la Sars e la febbre aviaria – nota Hsiao – hanno influenzato le decisioni attuali del governo, che includono anche il varo di campagne di educazione pubblica, con conferenze stampa giornaliere, per informare i cittadini sugli sviluppi in corso”.

Il ricercatore, che collabora anche con il Pacific Forum, sottolinea che questo sforzo comunicativo è stato essenziale per preparare la società taiwanese e formare la “spina dorsale” di un’attenta risposta pubblica. ”Nell’era delle pandemie virali, la presenza di un pubblico bene informato è fondamentale per mitigarne i possibili effetti ”. A differenza di Taiwan, il governo cinese è stato criticato – dentro e fuori del Paese – per aver messo il bavaglio all’informazione, fatto che secondo molti ha favorito la propagazione dell’infezione polmonare.

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Per Hsiao, il successo di Taiwan nell’affrontare il coronavirus, sta migliorando la sua immagine a livello globale.

Gli Stati Uniti hanno deciso di lanciare una partnership con Taipei per condividere le buone pratiche adottate contro il Covid-19: un modello di relazioni che potrebbe essere accettato anche da altri Paesi.

“È tutto da vedere, però, se questa maggiore consapevolezza [del diritto di Taipei a far parte a pieno titolo della comunità internazionale] si tradurrà in un numero crescente di Stati che sostengono l’ingresso dell’isola nell’Oms”.

All’inizio della crisi, il governo del presidente  Tsai Ing-wen (nelle foto sopra) aveva accusato l’Oms di fornire “inaccurate” informazioni sulla diffusione dell’epidemia. Nei primi report dell’organizzazione, Taiwan era indicata come parte integrante della Cina, e ciò aveva spinto Paesi come l’Italia e il Vietnam a sospendere i voli da e verso l’isola.

Foto: Governo di Taiwan e CNA

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