Il potenziamento (anche atomico) di Pechino traina la spesa militare in Asia

 

 

La Cina disporrebbe di 350 testate nucleari, 30 in più dello scorso anno, secondo quanto rivelato dallo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), con un ritmo di incremento confermato rispetto al 2019-20 quando le testate nucleari di Pechino passarono da 290 a 320.

L’istituto svedese valuta che nel complesso il numero di armi nucleari nel mondo è sceso da 13.400 a 13.080 nell’ultimo anno con Russia e USA che riducono i propri arsenali pur mantenendo una indiscussa superiorità nel numero delle testate rispetto alle altre potenze nucleari.

In aumento anche gli arsenali atomici di Gran Bretagna (10 testate in più), India (più 6), Pakistan (più 5) e Corea del Nord che schiererebbe secondo le stime tra 40 e50 testate contro le 30-40 dell’anno scorso.

Secondo i termini del New Start, Washington e Mosca possono detenere 1.550 ordigni nucleari strategici ciascuna.

Il riarmo cinese (non solo quello nucleare) è tra le cause del sensibile incremento della spesa militare in Asia e Oceania che assorbe, sempre secondo il SIPRI, il 42% delle forniture mondiali di armamenti con incrementi considerevoli delle spese militari soprattutto in India (72,9 miliardi di dollari, con un più 2,1% rispetto al 2019), Australia, Corea del Sud (45,7 miliardi, + 4,9%), Giappone (49,1 miliardi, più ,2%), Taiwan (12,2 miliardi, più 5,5%), Singapore (10,9 miliardi, più 3,4%) e Indonesia ( 9,4 miliardi di dollari, più 5,4% e più 83% negli ultimi dieci anni)

La spesa militare cinese, sempre secondo il SIPRI, si è attestata l’anno scorso a 252 miliardi di euro con una crescita dell’1,9% rispetto al 2019.

 

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