Caso marò: verso l’archiviazione per mancanza di prove

 

 

Dopo quasi 10 anni la vicenda dei fucilieri di Marina Salvatore Girone e Massimiliano Latorre accusati di aver ucciso due pescatori imbarcati su un peschereccio indiano al largo della costa indiana del Kerala il 15 febbraio 2012, sembra avviata a concludersi con l’archiviazione chiesta ieri dalla procura di Roma.

Il quadro degli elementi raccolti, sostengono i magistrati, non è sufficiente per far partire il processo. La decisione passa ora al gip, mentre dalle difese degli indagati trapela soddisfazione.

Secondo il procuratore Michele Prestipino e il pm Erminio Amelio, responsabili del fascicolo, gli accertamenti e le prove raccolte dall’autorità indiana sono perlopiù irripetibili o non utilizzabili. Le autopsie sui corpi delle due vittime non possono essere ripetute perché i corpi sono stati cremati e il barchino, a bordo del quale viaggiavano, è stato distrutto. Inoltre gli esami balistici compiuti in India non sono utilizzabili in un procedimento italiano, perché compiuti secondo regole diverse da quelle del nostro sistema giudiziario.

La procura, motivando la richiesta di archiviazione, ritiene che gli elementi di prova raccolti non siano sufficienti ad attribuire in modo univoco il fatto ai due indagati e questo causerebbe una “insufficienza incolmabile” nel procedimento.

Dall’inchiesta indiana è emerso che la nave Enrica Lexie, sulla quale erano in missione i due fucilieri, ha rispettato tutte le regole di ingaggio nei confronti dell’imbarcazione attaccata, con una serie di segnalazioni e spari in acqua, nella convinzione, condivisa dai cittadini indiani presenti a bordo, di essere attaccata dai pirati. I due marò hanno sempre dichiarato di non aver colpito la barca delle vittime.

 

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