Vantaggi e svantaggi della tregua appena conclusa a Gaza

 

La sospensione temporanea delle ostilità nella Striscia di Gaza ha comportato solo vantaggi per Hamas e qualche svantaggio per Israele.

Sul piano politico il movimento palestinese si è liberato degli ostaggi più imbarazzanti, cioè donne e bambini la cui detenzione contribuisce all’immagine negativa della formazione jihadista che al tempo stesso ha ottenuto in cambio la liberazione di donne e minori (non bambini ma bensì giovanissimi miliziani accolti a Gaza come combattenti) incarcerati in Israele per aggressioni, attentati e violenze.

Hamas continua invece a detenere 137 ostaggi, tra i quali moltissimi militari, che potranno rivelarsi utile “merce di scambio” nel prosieguo delle operazioni militari delle forze armate israeliane (IDF) che già in queste prime ore dopo la fine della tregua hanno colpito oltre 400 obiettivi nemici attaccando soprattutto nelle aree meridionali della striscia di Khan Younis e Rafah.

Sul piano militare il cessate il fuoco temporaneo ha permesso alle Brigate al-Qassam (braccio armato di Hamas) e alle Brigate al-Quds (braccio armato della Jihad Islamica Palestinese) di “leccarsi le ferite” dopo 7 settimane di bombardamenti aerei e di artiglieria e un mese di offensiva terrestre israeliana che hanno provocato molti caduti tra le forze palestinesi poltre a feriti, depositi di armi e munizioni distrutti o perduti negli oltre 400 tunnel fatti esplodere dalle truppe dello Stato ebraico.

Inoltre sarebbe illusorio ritenere che viveri e carburante entrati nella Striscia di Gaza a bordo di oltre 2000 camion nei giorni della tregua non siano finiti in parte consistente nelle mani delle milizie.

Anche Israele ha incassato vantaggi dalla tregua, soprattutto in termini politici poiché il governo di Benyamin Netanyahu non poteva ignorare né le pressioni della comunità internazionale (Stati Uniti e paesi arabi in testa) per dare respiro alla popolazione di Gaza dopo quasi due mesi di guerra né quelle dell’opinione pubblica israeliana, determinata in larga misura a sostenere la campagna militare per la distruzione di Hamas ma al tempo stesso favorevole a ogni iniziativa utile a portare alla liberazione dei 240 ostaggi che i miliziani palestinesi avevano catturato nell’incursione del 7 e 8 ottobre in territorio israeliano.

Del resto i piani militari israeliani che prevedevano di liberare un numero rilevante di ostaggi grazie a incursioni mirate delle forze speciali in base a informazioni dì intelligence non hanno prodotto i risultati sperati costringendo anche molti “falchi” ad accettare il principio del cessate il fuoco temporaneo.

Netanyahu è però sempre stato consapevole che una tregua prolungata avrebbe offerto l’occasione per una riorganizzazione e rafforzamento della decina di milizie palestinesi presenti nella Striscia di Gaza (di cui 5 hanno reso noto di aver preso ostaggi in Israele) composte da combattenti esperti e ben armati tra cui ovviamente Hamas e Jihad Islamica ma anche Brigate Mujahideen, Brigate Al-Nasser Salah al-Deen e altre formazioni minori.

In tutto forse 35/40 mila miliziani di cui 30 mila di Hamas: di questi circa 3 mila hanno partecipato all’incursione in territorio israeliano in cui almeno un migliaio sono morti in battaglia mentre in due mesi di guerra un numero imprecisato ma non certo irrisorio di combattenti palestinesi è rimasto ucciso o ferito.

BBC Arabic ha raccolto prove che mostrano come Hamas abbia riunito le fazioni di Gaza per integrarle in una forza da combattimento in vista del raid in Israele. Il 29 dicembre 2020 il leader di Hamas Ismail Haniyeh annunciò la prima delle quattro esercitazioni congiunte tra le varie fazioni armate di Gaza gestita da una sala operativa congiunta, peraltro istituita già nel 2018 per coordinare le operazioni sotto un comando centrale.

Le forze israeliane sono consapevoli che pianificando l’attacco del 7 ottobre, le milizie palestinesi hanno di certo tenuto conto del prevedibile massiccio attacco israeliano alla Striscia e si sono preparate ad affrontarlo. Per questo Netanyahu si è il 26 novembre recato nella zona settentrionale di Gaza occupata in visita alle truppe per confermare che l’operazione militare tesa a sradicare e distruggere le milizie palestinesi andrà avanti.

Oggi Israele attribuisce la mancata estensione della tregua alle violazioni palestinesi del cessate il fuoco ma è evidente che ulteriori posticipi al riavvio dell’offensiva nella Striscia di Gaza sarebbero stati interpretati come un cedimento e quindi una a sconfitta dello Stato ebraico anche perché sono ripresi anche i lanci di razzi dalla Striscia contro le città israeliane: sono tornate infatti a suonare le sirene a Ashkelon, Sderot e Tel Aviv mentre le IDF hanno preso possesso di un numero rilevante di razzi e rampe di vario tipo.

Oggi Israele attribuisce la mancata estensione della tregua alle violazioni palestinesi del cessate il fuoco ma è evidente che ulteriori posticipi al riavvio dell’offensiva nella Striscia di Gaza sarebbero stati interpretati come un cedimento e quindi una a sconfitta dello Stato ebraico anche perché sono ripresi anche i lanci di razzi dalla Striscia contro le città israeliane: sono tornate infatti a suonare le sirene a Ashkelon, Sderot e Tel Aviv mentre le IDF hanno preso possesso di un numero rilevante di razzi e rampe di vario tipo.

Secondo fonti citate dal quotidiano Haaretz nei combattimenti dell’ultimo mese l’esercito israeliano ha registrato una novantina di morti e un migliaio di feriti (202 gravi, 320 medi e 470 leggeri) anche se i caduti militari dal 7 ottobre sono 392, per la gran parte uccisi durante l’attacco palestinese. Attualmente sono ancora ricoverati 29 feriti gravi e 183 che versano in condizioni medie.

Numeri che confermano capacità e buon armamento dei miliziani palestinesi. Con la ripresa delle operazioni l’IDF ha pubblicato una mappa in cui la Striscia di Gaza risulta suddivisa in centinaia di p micro-aree usata per allertare i civili palestinesi sulle zone di combattimenti attive per indurre la popolazione a spostarsi dalle zone più calde.

“La gente di Gaza non è nostra nemica. Per questo motivo, a partire da questa mattina l’IDF sta conducendo evacuazioni controllate e specifiche dei residenti al fine di rimuoverli il più possibile dalle aree di combattimento”. L’IDF – riporta Times of Israel – chiede di prestare attenzione al numero che identifica la propria area e seguire i successivi aggiornamenti.

Nei combattimenti in corso in queste ore a Khan Younis l’esercito israeliano ha lanciato volantini invitando i residenti a fuggire a Rafah, nel sud, poiché la zona era pericolosa.

In realtà sono stati segnalati attacchi israeliani anche a Rafah e l’iper-concentrazione di civili in un’area delle operazioni così ristretta di certo non facilita la riduzione dei danni collaterali anche se va preso con molta cautela il bilancio fornito dalle autorità sanitarie di Gaza (che fanno capo ad Hamas) che riferiscono di 240 morti e 650 feriti da quando sono riprese le operazioni belliche.

@GianandreaGaian

Foto: truppe israeliane a Gaza e razzi di Hamas caduti belle mani delle IDF (fonte IDF)

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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