Russia-Ucraina: attacchi in profondità e sviluppi sul terreno

 

Attacchi in profondità e scontri violenti ma non risolutivi lungo i fronti di Donetsk, Lugansk e Zaporizhia. Negli ultimi giorni il conflitto in Ucraina ha visto un massiccio attacco russo contro diversi obiettivi in territorio ucraino condotto con 110 missili balistici e da crociera e diversi droni Geran 2. Gli obiettivi colpiti non sono stati resi noti dai russi né come al solito dagli ucraini che hanno evidenziato le vittime civili provocate almeno in parte dagli effetti dei missili e dei dron9 intercettati dalla difesa aerea ucraina, come ha sottolineato ancora una volta Mosca.

Tra gli obiettivi degli attacchi russi tra il 29 e il 30 dicembre di cui sono emerse notizie vi sono stati batterie missilistiche e i radar della difesa aerea, impianti industriali per la produzione di droni e munizioni. Una fonte dell’industria della Difesa ucraina ha ammesso a The Economist molti degli attacchi russi hanno avuto successo.  “Gli attacchi avevano un significato strategico per il nemico per ridurre la nostra capacità di colpire. Questa è una battaglia per chi può distruggere più armi a lungo raggio del nemico”,

“Non abbiamo mai visto così tanti obiettivi contemporaneamente sui nostri radar” – ha detto il portavoce dell’Aeronautica ucraina Yuri Ignat. I russi hanno impiegato missili da crociera lanciati dai velivoli: Kh-101 e Kh-55 (almeno 20 secondo fonti ucraine) sono stati lanciati dai bombardieri Tu-95MS mentre i supersonici Kh-22/Kh-32 sono stati lanciati in volo dai bombardieri Tu-22M3.

A questi si sono uniti i missili balistici Iskander lanciati da terra al pari di missili S-300 e S-400 (concepiti per la difesa aerea a lungo raggio ma trasformati in vettori terra-terra) e gli ipersonici Kinžhal, lanciati in volo dai caccia pesanti Mig-31BM (nella foto sotto) e a cui sono stati affidati i bersagli più paganti, come le batterie di Patriot e IRIS-T, uno di questi ultimi sistemi è stato distrutto nella regione di Kherson secondo un video diffuso dal ministero della Difesa russo.

Tra i bersagli anche le basi aeree ucraine: non a caso appena suonato l’allarme diversi velivoli di Kiev sono decollati per sottrarsi al rischio di venire distrutti al suolo ma secondo fonti russe il massiccio attacco missilistico contemplava anche questa ipotesi e le batterie da difesa aerea a lungo raggio e i caccia Sukhoi Su-35 dotati di missili aria-aria a lungo raggio sarebbero riusciti ad abbattere almeno tre velivoli ucraini da una distanza di 150 chilometri.

Gli obiettivi colpiti si trovano soprattutto nelle regioni di Kiev, Kharkov, Dnepropetrovsk, Kherson, Zaporizhia e Lviv e anche se il Ministero dell’Energia ucraino ha annunciato interruzioni del servizio elettrico in alcune zone non sembra che vi fossero obiettivi di tipo energetico tra quelli attaccarti dai russi. Nell’ottobre scorso fonti dell’intelligence di Kiev rese noto che i russi stavano accumulando 800 missili balistici e da crociera in vista della campagna invernale tesa a colpire le infrastrutture energetiche.

L’Aeronautica ucraina ha affermato la mattina del 29 dicembre che la Russia aveva lanciato nella notte almeno 158 missili e UAV: 36 UAV Geran 2 di cui 27 intercettati, 90 missili da crociera con ben 87 intercettazioni, 14 missili balistici S300, S400 e Iskander e 5 ipersonici Kinzhal nessuno dei quali intercettati. I russi avrebbero impiegato contro i radar della difesa aerea ucraina anche almeno 5 missili antiradiazioni Kh-31.

Come sempre i numeri resi noti dai belligeranti vanno presi con le dovute cautele al netto della propaganda anche tenendo conto che lo stato maggiore ucraino ha ammesso che dei 300 missili da crociera russi Kh-22 lanciati dall’inizio del conflitto nessuno è stato abbattuto. Il portavoce Ignat ha dichiarato che “nessuno è stato abbattuto. Il missile Kh-22 viaggia ad una velocità di 4.000 km/h, si avvicina al suo obiettivo principalmente attraverso una traiettoria balistica. Sono necessari mezzi speciali per intercettarlo”, ha spiegato, sottolineando che tra questi mezzi speciali figurano i sistemi di difesa aerea Patriot, che Kiev ha già nel suo arsenale. All’inizio di agosto, Ignat aveva osservato che le difese aeree ucraine non potevano contrastare i missili Kh-22 russi.

Il massiccio attacco russo potrebbe costituire una risposta all’affondamento della nave da sbarco e trasporto Novocherkassk colpita e affondata nel porto di Feodosia, in Crimea, oppure rappresentare l’avvio di una campagna di attacchi in profondità tesa a paralizzare l’apparato produttivo militare ucraino e a demolire le difese aeree oggi più che mai incentrate sulle forniture occidentali.

Il 30 dicembre la Marina Ucraina ha resi noto che delle 8 navi militari russe sono in servizio nel Mar Nero, tre sono in gradi di lanciare missili da crociera Kalibr come un’altra individuata nel Mar d’Azov.

Secondo numerosi esperti russi e stranieri, anche i moderni missili di difesa aerea non sono in grado di garantire l’abbattimento dei missili russi. Dopo l’inizio dell’operazione militare speciale, gli stati occidentali hanno fornito a Kiev i sistemi di difesa aerea SAMP-T, Patriot, Iris-T, NASAMS, Spada e Crotale, ma le autorità ucraine affermano che i sistemi ricevuti non sono sufficienti. Da maggio l’Ucraina ha di fatto esaurito le scorte di missili di tipo russo/sovietico che costituivano la spina dorsale delle difese aeree ucraine e il presidente Zelensky ha ammesso le difficoltà a ottenere dai partner occidentali l’invio di ulteriori lotti di Patriot.

Non a caso il giorno dopo l’attacco missilistico russo definito dal ministro ucraino della Difesa, Rustem Umerov, “l’attacco aereo più imponente di questa guerra”, il Regno Unito ha reso noto che sta inviando circa 200 missili per la difesa aerea in Ucraina. Da quanto emerso si tratterebbe di missili MBDA ASRAAM (Advanced Short Range Air-to-Air Missiles – ASRAAM), missili aria-aria con 15 chilometri di raggio d’azione che i tecnici britannici hanno convertito in Ucraina in terra-aria per l’impiego da lanciatori a terra.

Grant Shapps, il ministro della Difesa britannico, ha dichiarato che “il presidente russo sta mettendo alla prova le difese dell’Ucraina e la risolutezza dell’Occidente, sperando di poter strappare la vittoria. Ma si sbaglia. Ora è il momento che il mondo libero si unisca e raddoppi i nostri sforzi per dare all’Ucraina ciò di cui ha bisogno per vincere”.

 

La rappresaglia ucraina

La Russia ha lanciato attacchi solo contro le infrastrutture militari in Ucraina: la responsabilità delle vittime civili sta nel sistema di difesa aerea di Kiev, aveva reso noto il ministero della Difesa russo dopo le accuse ucraine di aver provocato 39 morti e 159 feriti tra i civili negli ultimi attacchi missilistici. Il portavoce di Mosca aveva aggiunto “Aspettatevi le peggiori notizie nel prossimo futuro”.

La risposta ucraina non si è fatta attendere con il lancio di decine di droni contro obiettivi in territorio russo e con il bombardamento della città russa di Belgorod effettuato il 30 dicembre con razzi a lungo raggio: 2 Vilkha M di produzione ucraina (impiegati dagli omonimi lanciarazzi MLRS da 300 mm derivati dal BM30 Smerch) con munizioni a grappolo e alcuni Vampire di fabbricazione ceca secondo quanto sostenuto dal ministero della Difesa russo che riferisce di 25 morti e oltre 100 feriti tra i civili.

Il capo della direzione principale dell’intelligence del Ministero della difesa ucraino, Kirill Budanov, ha ricevuto personalmente l’ordine di un massiccio attacco a Belgorod da Volodymyr Zelensky, ha riferito il canale televisivo russo RT, citando una fonte delle forze della sicurezza che attribuisce l’attacco al personale del battaglione ucraino Kraken.

Il portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, che ha accusato Regno Unito, Stati Uniti e “tutti i Paesi Ue che forniscono armi all’Ucraina” di essere responsabili dell’attacco a Belgorod, condotto anche con munizioni a grappolo secondo i dati di Mosca.  La Russia ha inoltre chiesto una seduta d’urgenza del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

Kiev non ha perso l’occasione per replicare al comunicato russo che attribuiva alla contraerea ucraina le vittime civili nelle città ucraine. “Le Forze di Difesa ucraine stanno praticando una serie di attività contro obiettivi che sono specificamente strutture militari. I danni alle infrastrutture civili di cui siamo testimoni a Belgorod sono la conseguenza di azioni non professionali della difesa aerea russa e di provocazioni deliberate e pianificate”. Lo ha affermato una fonte dei servizi speciali ucraini a Ukrainska Pravda.

Che l’attacco a Belgorod fosse una rappresaglia contro i civili sembrerebbe indicarlo anche l’imbarazzo di Washington. “Gli Stati Uniti non incoraggiano e non approvano attacchi simili a quello che l’Ucraina ha effettuato sulla città russa di Belgorod”, ha dichiarato ai media un portavoce del dipartimento di Stato.

Subito dopo l’attacco a Belgorod, il consigliere presidenziale, Mykhailo Podolyak, si è espresso contro qualunque ipotesi di negoziati con la Russia, aggiungendo che Mosca sarà “costretta ad accettare un ultimatum” per porre fine al conflitto. La replica è arrivata di nuovo da Zakharova, che ha precisato come la Russia “non sia mai stata soggetta” ad ultimatum o ricatti. Il dibattito però lascia intendere che la rappresaglia di Kiev su obiettivi civili avesse anche l’obiettivo politico di allontanare ogni ipotesi di negoziati con la Russia, osteggiati ed esclusi da Zelensky e dal suo entourage ma considerati da molti in Ucraina, anche negli ambienti militari, l’unica ipotesi percorribile.

 

La contro-rappresaglia russa

All’attacco a Belgorod, non lontana dal confine ucraino, ha risposto una contro-rappresaglia russa a Kharkov, città ucraina non lontana dal confine russo, con attacchi di droni e missili. Le forze russe hanno colpito “i centri decisionali e le installazioni militari ucraine in cui è stato pianificato l’attacco di ieri alla città russa di Belgorod” ha reso noto il ministero della Difesa russo. “In risposta a questo atto terroristico, le Forze armate della Federazione Russa hanno colpito i centri decisionali e le strutture militari nella città di Kharkov utilizzati dal regime criminale di Kiev”, si legge nella nota.

Tra gli obiettivi il Palace Hotel che ospitava secondo Mosca fino a 200 “mercenari” stranieri che intendevano prendere parte a “raid terroristici” oltre il confine russo. L’attacco contro la struttura del Palace Hotel, ha ancora precisato il ministero, ha portato all’eliminazione non solo di membri dell’esercito ucraino ma anche di funzionari dell’intelligence di Kiev, tutti coinvolti nella pianificazione dell’attacco a Belgorod.

Fonti di Kiev hanno fatto sapere che le forze ucraine hanno distrutto 21 dei 49 droni russi di fabbricazione iraniana lanciati sui Kharkov mentre se il portavoce dell’Aeronautica Ucraina, il già citato Yurii Ignat (nella foto a lato), ha reso noto il 31 dicembre che dall’inizio del conflitto su 3.800 droni lanciati dai russi ben 3.000 sono stati abbattuti.

A proposito di “mercenari”, termine con cui Mosca definisce i combattenti stranieri della Legione Internazionale che affiancano gi ucraini, secondo un articolo apparso negli scorsi giorni sul quotidiano polacco Rzeczpospolita, nel 2023 ben 18.706 militari polacchi hanno lasciato le forze armate tra i quali 8.947 professionisti e 9.759 appartenevano alla Difesa Territoriale. Secondo fonti di stampa almeno 5 mila ex militari polacchi hanno raggiunto l’Ucraina per combattere i russi e di questi oltre 1.400 sarebbero stati uccisi ma questo non significa che i quasi 19 mila che hanno lasciato l’uniforme in Polonia abbiano aderito alla Legione Internazionale.

Anche Varsavia (che ha in programma di raddoppiare organici e quota di PIL dedicata alla Difesa) potrebbe infatti risentire del fenomeno che in tutto l’Occidente sta provocando l’esodo dai ranghi militari e una forte riduzione delle domande di arruolamento legati proprio al rischio di coinvolgimento dei paesi della NATO in un conflitto contro la Russia. Tema di cui Analisi Difesa si è occupata nei giorni scorsi citando gli esempi di Gran Bretagna e Germania.

Il 2 gennaio Mosca ha riferito che i sistemi di difesa aerea hanno distrutto 17 razzi Vilkha (nella foto sotto) lanciati dall’Ucraina sulla città di Belgorod, nuovamente colpita dagli ucraini provocando un morto e 5 feriti secondo il governatore Vyacheslav Gladkov.

Nelle stesse ore Kiev ha reso noto di aver respinto l’ennesimo attacco su vasta scala con missili e droni russi annunciando l’abbattimento di tutti i 35 droni Shahed lanciati nella notte e di 72 missili su 99 lanciati dai russi: 3 missili da crociera lanciati da navi Kalibr, 59 da crociera aviolanciati  (dai bombardieri Tu-95) Kh-101-Kh-555-Kh-55 e 10 missili ipersonici Kh-47M2 Kinzhal (lanciati da altrettanti caccia pesanti Mig 31BM) oltre ad altri 15 droni Shahed lanciati questa mattina dall’esercito russo sull’Ucraina. Impiegasti anche 4 missili antiradar Kh-31P lanciati dai caccia Suklhoi Su-35.

Numeri che suscitano forti perplessità, soprattutto per quanto riguarda l’abbattimento degli ipersonici Kinzhal, più volte rivendicato da Kiev ma finora mai dimostrato.

Kiev conferma gravi danni subiti soprattutto nella capitale da edifici residenziali e infrastrutture lamentando vittime civili ma nessun cenno sugli obiettivi militari o infrastrutturali colpiti e testimoniati da fortissime esplosioni. Il capo di stato maggiore delle forze armate ucraine, generale Valery Zaluzhny, su Telegram ha riferito che i russi hanno attaccato infrastrutture civili e critiche, strutture industriali e militari.

 

Vantaggio numerico

I russi godono in questo momento di un tangibile vantaggio numerico in termini di mezzi, armi, munizioni e di truppe, ammesso anche da Kiev dove è aperto il dibattito per reclutare altri 500 mila militari.

Vladimir Putin ha riferito di 617 mila militari schierati lungo i 2000 chilometri di fronte ucraino. In realtà per metà di tratta di confine tra Russia e Ucraina da tempo non interessato a operazioni militari. E’ possibile che tra i 617 mila uomini vengano considerate anche guardie di frontiera e unità paramilitari della Rosvgardjia ma sui mille chilometri di fronte che si sviluppano in territorio ucraino il grosso delle forze sembra rappresentato dai militari professionisti e dai volontari (ornai 500 mila) che il Cremlino sostiene si siano arruolati dopo l’inizio del conflitto e che continuino ad affluire nei centri di arruolamento al ritmo di 1.500 al giorno.

Numeri che avrebbero così consentito di congedare una parte dei 300 mila riservisti mobilitati a partire dalla fine di settembre del 2022 dei quali 244 mila sono ancora in servizio e 41 mila sono stati congedati per scadenza dei termini, limiti di età o ragioni sanitarie (feriti o malati quindi): numeri che lasciano supporre che i restanti 15 mila siano caduti.

Sul fronte della produzione bellica il ministero della Difesa russo ha resi noto che nel 2023 la produzione di munizioni è cresciuta di 17.5 volte rispetto all’inizio dell’Operazione Militare Speciale, quelli di carri armati di 5.6 volte, quella di veicoli da combattimento di 3.6 volte times, quella di trasporto truppe di 3,5 volte e quella di droni di 16.5 volte.

In ambito aeronautico il colosso industriale pubblico UAC ha reso noto di aver consegnato negli ultimi mesi del 2023 nuovi lotti di caccia multiruolo Sukhoi Su-35, Sukhoi Su-30SM2, addestratori avanzati Yakovlev Yak-13,0 bombardieri di prima linea Sukhoi Su-34, caccia intercettori rimodernati MiG-31BM, caccia di quinta generazione Sukhoi Su-57 e aerei da trasporto Ilyushin Il-76MD90A. Circa questi ultimi, UAC si è impegnata a produrne almeno 18 esemplari all’anno contro i 6 esemplari realizzati nel 2023.

 

Sui campi di battaglia

Sui fronti nelle regioni di Zaporizhia, Donetsk e Luhansk i russi continuano a conseguire progressi. Le forze ucraine continuano a ritirarsi progressivamente dai settori di Rabotino-Novoprokpova-Verbovoe, punto di massima penetrazione durante la controffensiva estiva in cui gli ucraini erano riusciti a raggiungere la Linea Surovikin posta a protezione del Mare d’Azov e dell’accesso alla Crimea.

La ritirata ucraina sembra dipendere dall’incalzare delle forze russe mas anche dalla necessità di evitare il rischio che eventuali puntate offensive russe su Orekhov possano circondare una mezza dozzina di brigate di Kiev, incluse la 118a brigata di fanteria e l’82a brigata di fanteria aviotrasportata.

Nella regione di Kherson i russi segnalano continuano tentativi ucraini di sbarcare forze leggere sulla sponda sinistra del Dnepr riportando di diverse imbarcazioni affondate dopo l’annientamento della sacca di Krynki in cui sono stati uccisi centinaia di fanti di Marina ucraini.

I russi avanzano anche nel nord nei settori di Kupyansk, Kremennaya e verso Lyman e Siversk mentre a ovest di Bakhmut sono penetrati nel villaggio di Bogdanioka, a pochi chilometri da Chasyv Yar. Lo sforzo bellico maggiore sembra concentrato sui Avdiivka dove le ali dello schieramento russo sono avanzate per molti chilometri chiudendo la roccaforte ucraina in una morsa che potrebbe costringere le truppe di Kiev a ritirarsi prima di venire imbottigliate. La caduta di Avdiivka ridurrebbe notevolmente l’esposizione degli abitanti della città di Donetsk ai bombardamenti ucraini.

Qui l’esercito russo continua ad avanzare a est della cittadina, nella zona industriale, mentre l’artiglieria rende ormai arduo ogni invio di rifornimenti alla guarnigione. In questo settore i russi hanno reso noto di aver eliminato un gruppo speciale di mercenari occidentali (inclusi neozelandesi). Alcuni osservatori ritengono che i russi puntino a far cadere Avdiivka concludendo la lunghissima battaglia per la città entro il capodanno ortodosso, il 13 gennaio.

​Nel complesso le operazioni delle ultime sei settimane hanno determinato la caduta della roccaforte ucraina di Marynka (regione di Donetsk), progressi russi su tutti i fronti e soprattutto ritirate ucraine che hanno di fatto azzerato tutti i limitati successi territoriali conseguiti durante sei mesi di controffensiva. Recentemente il sito francese di OSINT “Guerre d’Ukraine” ha confermato i dati diffusi a fine ottobre dal New York Times, quantificando in 523 chilometri quadrati il territorio riconquistato dalle truppe di Kiev nel 2023 (e oggi in gran parte tornato sotto controllo russo) mentre l’anno scorso le forze russe hanno ampliato i territori sotto il loro controllo di 587 chilometri quadrati.

 

Prospettive

I mesi invernali ci diranno quindi se i russi intenderanno approfittare (o saranno in grado di farlo) delle difficoltà ucraine determinate anche da carenza di truppe, armi, munizioni e dal crollo degli aiuti occidentali o se punteranno a continuare a logorare il nemico lungo i mille chilometri di fronte e con attacchi in profondità su depositi di armi e munizioni.

Il conflitto quindi, pur in assenza di avanzate o ritirate eclatanti, non appare in stallo ma se Kiev vuole stabilizzare il fronte dovrà decidere in tempi brevi di ritirarsi su postazioni meglio difendibili e su linee difensive più corte almeno sui fronti di Donetsk e Zaporizhia per compensare la carenza di truppe, armi e munizioni. Esattamente quello che fecero i russi nel settembre/novembre 2022, cedendo al nemico i territori nelle regioni di Karkhov e Kherson ma preservando le proprie forze in attesa dei rinforzi.

Una ritirata strategica finora vietata dal presidente Volodymyr Zelensky, convinto che cedere terreno contribuisca a demotivare non solo il ”fronte interno” (esausto per le elevate perdite e gli insuccessi militari) ma anche gli alleati occidentali, ormai evidentemente stanchi o incapaci di continuare a sostenere l’Ucraina.

@GianandreaGaian

Foto: Ministero Difesa Russo, Ministero Difesa Ucraino, UAC, RvVoenkory, TASS

 

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Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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