Aumentano i ”danni di guerra” in Germania e in Italia

 

La guerra in Ucraina continua ad avere conseguenze pesanti sull’economia tedesca, italiana  ed europea.

Dopo l’annunciata chiusura di tre stabilimenti Volkswagen col taglio del 10 per cento della forza lavoro, dopo il fallimento di diverse aziende del settore meccanico e automobilistico (i più recenti sono quelli di Johann Vitz GmbH e di Gerhardi Kunststofftechnik GmbH, storica azienda con 1.500 dipendenti e oltre due secoli di attività), dopo il tagli di 3.000  maestranze annunciato da Bosch, anche il gruppo siderurgico Thyssenkrupp ha annunciato che entro il 2030 taglierà à 11.000 posti di lavoro, 5.000 tagli effettivi e 6.000 trasferiti a fornitori esterni o comunque esternalizzati cedendo unità produttive. Un numero molto elevato tenuto conto che il gruppo impiega 27.000 lavoratori.

Thyssenkrupp ha annunciato che “sempre di più la sovraccapacità produttiva globale e l’incremento di importazioni a basso costo, specie dall’Asia, stanno mettendo una pressione considerevole sulla competitività. Servono misure urgenti per migliorare la produttività e l’efficienza operativa e raggiungere un livello di costi competitivo”, spiega Thyssenkrupp nel comunicato.

Nel settore automobilistico Ford la scorsa settimana ha annunciato quasi 4.000 tagli fra Germania e Regno Unito. Un recente studio della federazione tedesca degli industriali ipotizza che – fra difficoltà geopolitiche e ritorno del protezionismo – un quinto della produzione industriale del paese possa sparire entro il 2030 a causa degli elevati costi energetici e della quota di mercato che si assottiglia per l’industria tedesca, dalla manifattura alla chimica.

In Italia il conflitto russo-ucraino, dal 2022 ad oggi, è costato alle imprese italiane 155,1 miliardi di euro secondo uno studio di Confartigianato. Ai 13,4 miliardi di mancate esportazioni verso Russia e Ucraina si sommano la perdita di 18,4 miliardi di export verso la Germania, 78,9 miliardi di maggiori costi per l’acquisto di energia dall’estero e 44,3 miliardi di maggiori oneri finanziari a causa dell’aumento dei tassi d’interesse per contrastare l’inflazione.

Lo rivela un rapporto dell’Ufficio studi di Confartigianato presentato ieri all’Assemblea della Confederazione e che fotografa oneri e ostacoli sulle aziende italiane, in particolare sui 4,6 milioni di piccole imprese che danno lavoro a 11,4 milioni di addetti.

Al peso del fisco si aggiunge la batosta del caro-bollette: nel biennio 2022-2023 le piccole imprese italiane hanno pagato l’energia elettrica 11,8 miliardi in più rispetto alla media dei Paesi dell’Unione.

Per l’agenzia di stampa statunitense Bloomberg, il rapido esaurimento delle riserve di gas e le imminenti interruzioni delle forniture da Mosca stanno sollevando preoccupazioni in tutta Europa. I prezzi del gas sono aumentati del 45% dall’ini0 dell’anno pur rimanendo sotto dei massimi record del 2022.

Il freddo e la bassa produzione di energia eolica hanno fatto aumentare la domanda di gas, prosciugando rapidamente lo stoccaggio. Le forniture ritardate di GNL dagli Stati Uniti e l’interruzione del transito del gas russo attraverso l’Ucraina a fine anno, già confermato da Kiev, potrebbero ulteriormente restringere il mercato.

Lo stop alle rimanenti forniture di gas russo via Ucraina farebbe aumentare i prezzi dell’energia e infliggerebbe un duro colpo al sistema energetico europeo per anni.

Foto Gazprom

 

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