Il semestre breve

Il semestre che il Premier italiano ha inaugurato a Strasburgo appare carico di sfide e di aspettative. Impegni ai quali l’Europa è chiamata a rispondere con una voce chiara e non polifonica, con istituzioni forti e coese, e con politiche e strategie concrete ed efficaci, in grado di coniugare crescita e stabilità nello spazio europeo, così come sicurezza e cooperazione nel più ampio e complesso scenario internazionale.

Tuttavia, dalle politiche energetiche ai cambiamenti climatici, dalla crisi ucraina all’immigrazione libica, il selfie scattato dal Premier Matteo Renzi fotografa un Europarlamento diviso e avvitato nel perpetuo dibattito tra rigore e flessibilità. Manca, soprattutto, il respiro di una visione condivisa dell’Europa che si vorrebbe far scaturire con le annunciate riforme. Un’Europa che il Presidente della Commissione uscente Barroso ha paragonato a un edificio “in continua costruzione” ma dalla quale si scorgono ancora “degli abbozzi di monumenti che non si comprende bene se siano costruzioni in corso o ruderi abbandonati, in un’Europa incompiuta”, come sosteneva negli anni ’70 l’Ambasciatore d’Italia Roberto Ducci. E’ il caso dell’Agenzia Europea per la Gestione delle Frontiere, FRONTEX, evocata quale lo strumento più appropriato e necessario per affrontare il dramma dell’immigrazione incontrollata nel Mediterraneo ma che da maggio 2014 è acefala e priva di un Direttore Esecutivo.

Al di là delle dichiarazioni di principio e delle legittime ambizioni, il semestre di presidenza italiana del Consiglio dell’Unione Europea presenta, inoltre, dei limiti oggettivi che necessariamente ne condizioneranno le aspettative.

Va rilevato, innanzitutto, che l’entrata in vigore nel 2010 del Trattato di Lisbona ha introdotto la figura del Presidente stabile del Consiglio Europeo con il conseguente ridimensionamento del ruolo della presidenza a rotazione assegnata ai singoli paesi membri.
Inoltre, il cosiddetto “semestre europeo” è per prassi considerato il primo. E’ difatti nel primo semestre dell’anno che ha luogo il delicato ciclo di coordinamento delle politiche economiche e di bilancio degli Stati con gli obiettivi e le norme convenute nell’ambito dell’Unione Europea. Il secondo semestre, sotto questo profilo, rappresenta un semplice periodo di attuazione delle “raccomandazioni” della Commissione negoziate in precedenza.

Va osservato, altresì, che l’agenda del Consiglio Europeo è per lo più approntata a Bruxelles ove la maggioranza delle decisioni vengono adottate. Inoltre, anche le presidenze degli organi consiliari europei di maggior rilevanza, quali l’Eurogruppo o il Consiglio per gli Affari Esteri, non sono assicurate dalla presidenza di turno ma, rispettivamente, da una personalità eletta dagli Stati membri e dall’Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza.

In realtà, il semestre di presidenza italiana risulta alquanto breve. In effetti, al netto delle ferie estive e delle festività di fine anno, il semestre si riduce a poco più di un centinaio di giorni utili. Fra questi sono stati distribuiti oltre 160 eventi, per un costo stimato di 60 milioni di Euro. Mentre i Consigli di maggior rilevanza si terranno a Bruxelles, il Consiglio Economia e Finanza – ECOFIN, così come il vertice dell’Unione Europea con l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico – ASEAN, avranno luogo a Milano, anche al fine di promuovere l’EXPO 2015.

Il semestre di presidenza italiana si colloca, inoltre, in una congiuntura sfavorevole che coincide con il periodo immediatamente successivo alle elezioni del Parlamento Europeo e con le istituzioni europee impegnate nel processo di rinnovamento e rodaggio dei propri vertici. Un processo che si protrarrà sino al 30 ottobre nel caso della Commissione Europea e sino al 30 novembre per il Presidente del Consiglio Europeo. Pertanto, sino alla fine del mese di novembre, a tre settimane dalla fine della presidenza italiana, la politica europea è pressoché in sospensione, in attesa che si definiscano gli organi dirigenti in grado di esprimere le politiche dell’Unione.

Nell’ambito di tale delicato processo di designazione dei vertici delle istituzioni europee è difficile che l’Italia possa concorrere in maniera determinante. La Presidenza di Mario Draghi della Banca Centrale Europea non consente all’Italia di manifestare interessi troppo ambiziosi che dovranno, inoltre, essere temperati nel periodo di presidenza da una obiettiva considerazione della posizione degli altri stati membri.

Alla luce di tali elementi, i margini temporali e non, per l’azione della presidenza italiana appaiono piuttosto limitati. Sarebbe, pertanto, fuorviante attribuire un ruolo determinante di riforma e rilancio dell’Unione Europea alla presidenza di turno italiana. All’Italia spetta l’impegnativo compito di avviare e coordinare il processo di rinnovamento di un’Unione Europea, oggi tanto distante dai suoi cittadini, quanto necessaria per affrontare efficacemente le sfide dell’attuale scenario internazionale. Una responsabilità che tornerà nuovamente all’Italia fra quattordici anni.

Fabrizio W. LuciolliVedi tutti gli articoli

Presidente del Comitato Atlantico Italiano e Presidente dell’Atlantic Treaty Association, è Docente di Organizzazioni Internazionali per la Sicurezza presso il Centro Alti Studi per la Difesa. Svolge attività di formazione in varie istituzioni nazionali ed internazionali, militari ed accademiche. Già coordinatore di Corsi di alta formazione per ufficiali e diplomatici dei Balcani occidentali e del Medio Oriente, è Direttore e promotore di progetti di cooperazione NATO ed UE in Europa centrale ed orientale.

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