ROCCAFORTE NIGER

REPORTAGE

Statunitensi, francesi, europei (missione Eucap), cinesi, algerini: tutti in aiuto del Niger quasi circondato da jihadisti e insorti

Così grande, così povero e così importante per la stabilità del Sahel e dell’Africa Occidentale. In fondo alle classifiche mondiali per reddito pro capite povertà e analfabetismo (71%) il Niger è balzato in cima alla priorità strategiche dell’Occidente dopo le disastrose conseguenze del conflitto libico del 2011 che ha portato all’uccisione di Muammar Gheddafi. Una guerra che ha generato il conflitto in Malì e la recrudescenza delle attività criminali e terroristiche di matrice jihadista e qaedista in tutta la regione, dall’Algeria alla Mauritania, dalla Nigeria al Camerun.

L’importanza strategica del ruolo rivestito dal Niger lo si intuisce fin dall’atterraggio a Niamey se si presta attenzione agli hangar e alle altre infrastrutture campali che francesi e statunitensi hanno eretto con discrezione tra la scarsa vegetazione posta a lato della pista dell’aeroporto Diori Hamani. Qui le forze aeree francesi hanno dislocato dalla base di N’Djamena, in Ciade, 3 cacciabombardieri Mirage 2000D (uno andato perduto in giugno per un incidente e subito rimpiazzato), 3 Rafale e 5 droni Reaper e Harfang che compiono missioni quotidiane sul vicino Malì ancora lontano dalla stabilizzazione nonostante una nutrita presenza di truppe africane ed europee. Anche gli statunitensi hanno trasferito in Niger i loro Reaper, a differenza di quelle francesi armati, le cui missioni pare coprano una vasta area che include Malì, nord del Niger, meridione libico e algerino e recentemente, dopo la visibilità globale ottenuta da Boko Haram con i sequestri di centinaia di ragazze, anche il nord della Nigeria. Territori caratterizzati dalla forte presenza di gruppi terroristico-criminali islamisti come appunto Boko Haram (Nigeria), Al Qaeda nel Maghreb Islamico- Aqmi (Algeria), il Movimento per l’Unicità del Jihad in Africa Occidentale – Mujao e Ansar Din (Malì), i trafficanti di al-Morabitum guidati dal famigerato Mokhtar Belmokhtar e le milizie tribali, tuareg e islamiste che imperversano nel sud libico.

Più che di basi militari (ufficialmente l’unica base statunitense in Africa è Camp Lemonnier a Gibuti) gli americani preferiscono parlare di “punti d’appoggio” ma la loro presenza militare in  Niger è senza dubbio in crescita e comprende anche un centinaio di forze speciali e istruttori che addestrano ed equipaggiano alcuni battaglioni dell’esercito nigerino inclusi gli 850 soldati schierati in Malì nell’ambito della missione dell’Onu Minusma. Ad Arlit, nel nord desertico vicino ai confini algerini, le forze speciali di Washington hanno istituito una base avanzata per compiere incursioni contro i jihadisti (si dice che unità americane siano attive anche al di là del confine libico) e addestrare il battaglione di paracadutisti di Niamey nell’ambito di un programma che vede Berretti Verdi e Delta Force formare le unità d’élite di quattro Paesi del Sahel.

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Gianandrea GaianiVedi tutti gli articoli

Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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