Cina: legge anti-terrorismo o anti-dissidenza?

AsiaNews – La nuova legge anti-terrorismo che entra in vigore in Cina dal 2016 “non serve a combattere il terrorismo, ma ogni forma di protesta. Con il pretesto della stabilità, essa attacca in particolare le dimostrazioni pubbliche e quelle numerose. Crea un’emergenza apposita per monitorare e reprimere cittadini e gruppi organizzati”. Lo ha scritto su internet il notissimo dissidente Hu Jia, commentando l’approvazione della discussa norma pronta a divenire effettiva.

Il testo era già stato presentato durante l’Assemblea Nazionale del Popolo (ANP) dello scorso luglio. Ieri è stato votato dalla Commissione permanente dell’Anp e il prossimo 1 gennaio sarà legge. Secondo i nuovi parametri, l’esecutivo potrà espandere in maniera significativa il proprio apparato anti-terrorismo e potrà imporre alle aziende – pubbliche e private – di fornire i dati sensibili su richiesta delle agenzie incaricate.
La legge coinvolge anche l’, che adesso avrà il permesso di prendere parte alle operazioni anti-terrorismo al di fuori dei confini nazionali che vengano approvate dalla Commissione militare centrale. Verrà creato inoltre un gruppo di coordinamento anti-terrorismo di livello statale, e ogni governo locale dovrà approntarne uno che risponda a quello centrale.

Diversi analisti e dissidenti hanno criticato le nuove misure di sicurezza, puntando il dito soprattutto sulla sezione relativa a internet che di fatto elimina la libertà di parola – già molto ristretta – nel Paese.

Il presidente americano Barack Obama ha dichiarato di aver “espresso la propria preoccupazione” per la questione lo scorso marzo 2015, in occasione dell’incontro con la controparte Xi Jinping.

Ma Li Shaowei, vice direttore della divisione per il diritto penale nella Commissione affari legislativi dell’Anp, difende il testo: “Le nuove regole si accordano con le necessità poste dalla lotta al terrorismo. E comunque sono di fatto le stesse in atto nelle altre grandi nazioni del mondo”.

In effetti altri analisti, anche europei, fanno notare che anche Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna hanno “sospeso a tempo indeterminato” diversi diritti civili – garantiti dalle proprie Costituzioni – a seguito di attentati sul suolo nazionale.

Foto: Xinhua e TPI

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