Dossier Caporetto

Fra i vari titoli usciti nel 2017 sulla battaglia di Caporetto a ridosso del centenario, si segnala il nuovo libro “Dossier Caporetto” scritto da Mirko Molteni per le edizioni Odoya. Una ricostruzione tanto dettagliata, quanto scorrevole dell’evento più traumatico subìto dall’Italia durante la Prima Guerra Mondiale, mettendo in luce sia i presupposti strategici e politici dell’offensiva avviata il 24 ottobre 1917 dalla 14° Armata mista austro-tedesca del generale Otto von Below, sia lo svolgimento dei combattimenti fino al ripiegamento italiano dapprima sul fiume Tagliamento, infine sul Piave.

Il tutto intervallando il filone principale della narrazione con specifici capitoli dedicati ad aspetti collaterali, ma non di secondo piano, della vicenda, come per esempio i gas tossici, l’uso dell’aviazione, le trame diplomatiche degli anglo-francesi che chiesero la testa del nostro comandante supremo, il generalissimo Luigi Cadorna, le reazioni politiche nel paese, ivi compresa l’inchiesta sulle colpe del Regio Esercito, e infine le peripezie dei profughi dalle zone invase e degli stessi civili rimasti nelle loro case in Friuli e Veneto.

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Interessante si rivela il confronto fra le memorie dei grandi e piccoli protagonisti di quei giorni, a cominciare da alti ufficiali come il generale Luigi Capello, comandante della II Armata che presidiava proprio il settore del fronte fra Plezzo e Tolmino, sull’alto corso dell’Isonzo, oggetto dello sfondamento nemico, o come il generale Alberto Cavaciocchi, a capo del IV Corpo d’Armata, per molto tempo considerato il maggior responsabile, ma il cui resoconto di autodifesa è stato pubblicato integralmente solo pochi anni fa. Per contrasto, per anni si minimizzarono le responsabilità del suo collega Pietro Badoglio, che guidava il XXVII Corpo d’Armata, e la cui artiglieria restò in pratica inattiva a causa della distruzione preventiva delle comunicazioni telefoniche, che impedì la trasmissione degli ordini dal comando di Corpo alle batterie.

Fra gli episodi illuminanti, il contrasto fra il diario di Capello, che accusa Cavaciocchi di averlo informato solo alle 15 del 24 ottobre dell’annientamento delle difese italiane sul monte Mrzli, in ritardo di varie ore sugli eventi, e il memoriale dello stesso Cavaciocchi che ribatte di aver provveduto almeno due ore prima: “Il mio fonogramma giunse al comando d’armata mentre il generale e il capo di Stato Maggiore erano a colazione, così il telefonista lo passò all’ufficio informazioni, dove l’ufficiale che lo ricevette lo lasciò giacente, credendo che il generale Capello già ne avesse preso visione.

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Soltanto dopo le 14 un fonogramma del comando d’armata sollecitò la trasmissione del comunicato delle ore 13. E il capo di Stato Maggiore del IV Corpo, preoccupato dello smarrimento e sospettando qualche intercettazione, stimò prudente di ribatterlo cifrato. Di qui il ritardo per cui il generale Capello, a quell’avviso di capitale importanza non giunse che verso le 15. Nel frattempo il primo fonogramma fu ritrovato dove era rimasto giacente. Probabilmente il generale Capello ha ignorato finora questo retroscena dipendente da un difettoso funzionamento del suo confusionario comando e ne attribuì la colpa al comando dipendente”.

Un altro testimone d’eccezione, il colonnello Angelo Gatti distaccato presso lo Stato Maggiore di Cadorna a Udine, ebbe modo di assistere all’evoluzione della disfatta dall’interno del ristretto nucleo di attendenti del comandante supremo, confermandosi comunque un sostenitore del “generalissimo”, nonostante i numerosi errori da lui accumulati in due anni e mezzo di conduzione della guerra sul fronte italiano, specie in fatto di noncuranza delle perdite e disciplina draconiana tenuta coi plotoni d’esecuzione. Riconobbe a Cadorna una saldezza d’animo, pur in quei concitati giorni di disfatta, tale da consentirgli di organizzare il ripiegamento ed evitare una rotta ancor più disastrosa dell’esercito italiano.

 

“Dossier Caporetto”

 di Mirko Molteni

edizioni Odoya

pagine 304

euro 20

 

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