Fuga dal Pentagono: lascia anche Kevin Sweeney

AGI –  Dopo l’addio del segretario alla Difesa, Jim Mattis per divergenze con il presidente Trump sul ritiro delle truppe dalla Siria, il Pentagono perde un altro pezzo: si è dimesso il capo di gabinetto (Chief of Staff), Kevin Sweeney.

Lo hanno riferito ieri i media americani riportando una nota del 55enne contrammiraglio originario del Montana, nominato a gennaio del 2017. Si tratta del terzo addio illustre al Pentagono nell’ultimo mese, dopo quelli di Mattis e dell’inviato per la coalizione anti-Isis, Brett McGurk, nominato a suo tempo da Barack Obama. Anche McGurk aveva deciso di lasciare l’incarico in disaccordo sul ritiro delle truppe Usa dalla Siria annunciato dal presidente. Al suo posto è stato nominato James Jeffrey, che agirà nella doppia funzione anche come inviato speciale per la Siria.

“Dopo due anni, ho deciso che è il momento giusto per tornare al settore privato. E’ stato un onore servire insieme agli uomini ed alle donne del dipartimento della Difesa”, ha scritto Sweeney. Il 31 dicembre, nell’ultimo giorno di lavoro di Mattis, si era dimessa anche la portavoce del Pentagono, Dana White.

Il nuovo segretario alla Difesa, Patrick Shanahan (ex vice di Mattis), si è insediato all’ inizio dell’anno, ma qualche giorno fa tre funzionari dell’amministrazione Trump hanno rivelato al New York Times che il presidente starebbe considerando di affidare in futuro l’incarico a Jim Webb, ex senatore democratico (Virginia) e segretario della Marina militare di Ronald Reagan.

Contrario alla guerra in Iraq, candidato alle primarie presidenziali democratiche del 2016, Webb sarebbe allineato con la posizione di Trump, che vorrebbe ritirare le truppe dal Medio Oriente per concentrarsi in modo più aggressivo sulla Cina. Durante un importante dibattito democratico nel 2015, Webb si scagliò contro le azioni di Pechino nel Mar Cinese Meridionale e gli attacchi informatici agli americani.

La decisione di Trump ha allarmato diversi Paesi alleati. Il dipartimento di Stato ha precisato che non c’è un calendario per il ritiro militare che non lascerà vuoti a beneficio dei terroristi. Washington ha inoltre assicurato che non ci saranno conseguenze per la protezione e la sicurezza di Israele, ma l’annuncio di Trump ha già prodotto i primi effetti: l’esercito siriano ha preso il controllo di Manbij, nel nord della Siria, dalla quale si erano appena ritirate le milizie curdo-arabe, ripiegate di fronte all’imminente offensiva turca. Il segno di un cambio di alleanze come conseguenza del vuoto di potere lasciato dagli americani.

 

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