In Gran Bretagna dilagano i crimini (per lo più islamici) da coltello

Un metal detector è stato installato qualche giorno fa nel West End di Londra. Al centro di un marciapiede ci sono un paio di poliziotti che invitano i passanti all’ispezione.

Si tratta solo di uno degli ulti i provvedimenti adottati dalle forze dell’ordine britanniche per intensificare la lotta contro i cosiddetti “crimini da coltello”. Un fenomeno di dimensioni tali nel Regno Unito – ma soprattutto a Londra, Manchester e Birmingham (non a caso dove la presenza islamica è più forte) da diventare emergenza e piombare in cima all’agenda di governo e delle autorità.

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Da inizio marzo nelle scuole sono stati anche introdotti programmi di primo soccorso alle vittime di accoltellamenti. E’ nella fascia adolescenziale e poco oltre, che “l’epidemia” si è diffusa. L’iniziativa, promossa da un ente di beneficenza, Street Doctors, è stata inserita frettolosamente dopo lo scandalo delle ultime due vittime: Yousef Makkie e Jodie Chesney, due diciassettenni che in momenti diversi sono stati accoltellati a morte nella zona est di Londra.

E se a Whitehall si litiga su a chi imputare le responsabilità di qualcosa che sulla stampa è stata persino definita come una “moda” e i ministri sono convinti che la colpa stia nei tagli alle forze dell’ordine, l’unica cosa certa è che si tratta di un problema di sicurezza.

Solo in questi pochi mesi del 2019 sono almeno una trentina i casi di accoltellamenti e dieci quelli fatali, dopo che nel 2018 si è raggiunto l’apice di morti da coltello. I rapporti dei media si ripetono. E Londra continua ad essere il teatro prediletto di una piaga profondissima in Inghilterra, ormai zona franca per gang islamiche in crescita.

Nonostante già da diversi mesi il sindaco Sadiq Khan e il commissario della Metropolitan Police siano stati accusati di nascondere la vera portata del crimine violento nella capitale e sebbene molti editorialisti fingano che il problema non sia poi così importante, Londra ha ormai superato New York per omicidi mensili.

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Il numero di accoltellamenti fatali in Inghilterra e Galles dello scorso anno è stato il più alto da quando sono iniziate le registrazioni nel 1946, come dimostrano i dati ufficiali. Ci sono state 285 uccisioni con coltello o uno strumento tagliente nei 12 mesi terminati a marzo 2018, come mostra l’analisi dell’ufficio per le statistiche nazionali.

L’ONS afferma che una vittima su quattro delle 285 erano uomini di età compresa tra i 18 e i 24 anni. Due i quartieri di Londra elencati tra i dieci luoghi peggiori per le uccisioni. E in alcune zone, tra cui Westminster, Kensington, Chelsea e Brent, aggiunge il rapporto, oltre la metà della popolazione è nata all’estero. Tanti altri i dettagli lasciati, invece, all’approssimazione.

La stampa inglese da giorni è concentrata sul calo numerico nei ranghi della polizia.

Una ricerca del Ministero dell’Interno trapelata sul Guardian l’anno scorso ha rivelato che il numero di agenti in calo potrebbero essere “la base che ha permesso di accrescere il problema”.

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Altri studi concordano, come quello intrapreso dalla Police Foundation (think-up indipendente della polizia) che ha concluso: “è chiaro che i tagli imposti negli anni di austerità hanno sostanzialmente diminuito l’efficacia della polizia di quartiere in molte aree”. Ma è anche vero che a questo va aggiunto che alle forze dell’ordine sono state imposte molte restrizioni nell’intervento in casi come questi e anche per quel che riguarda il fermo dei soggetti sospetti.

Basso livello d’istruzione, scarsa salute, problemi mentali, disoccupazione, fattori socio-economici, legami deboli con la famiglia e tassi d’esclusione sono gli elementi considerati la causa dei crimini violenti.

E nel frattempo dall’Università del Bedfordshire fanno sapere che: “gli studi dimostrano costantemente che i giovani portano armi quando sentono che hanno bisogno di proteggersi. Questo crea un circolo vizioso in cui le percezioni di sicurezza sono influenzate dalla misura in cui i ragazzi sentono che i loro coetanei sono armati: una volta che alcuni giovani iniziano a portare coltelli, è più probabile che altri lo facciano”.

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E visto e considerato il livello di diffusione di gang islamiche, e non, munite di coltello il circolo è davvero vizioso.

Il “crimine da coltello” sulla rete metropolitana di Londra è aumentato di oltre il 43% negli ultimi tre anni, secondo le statistiche ufficiali. I dati della Polizia britannica hanno mostrato che ci sono stati 2.838 reati tra novembre 2017 e settembre 2018, rispetto ai 1.980 incidenti riportati tra novembre 2015 e ottobre 2016.

La stazione di King’s Cross St. Pancras nel centro di Londra ha registrato il numero più alto di reati. E le cifre, che sono state rilasciate in seguito a pressioni della Greater London Authority Conservatives, si fermano a settembre 2018, perché i dati da ottobre in poi non sono disponibili.

Gli episodi più eclatanti registrati negli ultimi mesi forniscono identikit molto precisi, sebbene i vari rapporti ufficiali continuino a non indicare chi sono, da dove vengono e in virtù di cosa agiscono i responsabili di questi crimini.

Il nuovo anno inglese, per esempio, si è aperto con un somalo venticinquenne che ha pugnalato tre persone – tra cui un ufficiale di polizia – alla Victoria Station di Manchester.

Il produttore della BBC Sam Clack, che stava aspettando un tram quando è avvenuto l’attacco, ha riferito: “il ragazzo, mentre agiva ha pronunciato queste esatte parole, ‘fino a quando continuerete a bombardare altri paesi, questo tipo di cose continueranno ad accadere”.

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L’uomo ha anche urlato, “Allahu Akbar!” (“Allah è il più grande!”) mentre gli venivano messe le manette. L’assistente capo della polizia Russ Jackson ha tuttavia tenuto ad affermare che nonostante ciò gli ufficiali “mantengono una mente aperta in relazione alla motivazione di questi attacchi”.

E come in tanti altri casi, prima e dopo, “il sospetto è stato infine detenuto ai sensi della legge sulla salute mentale”.

Una quindicina di giorni dopo la polizia delle Midlands occidentali ha riferito che più di una dozzina di chiese nella regione hanno ricevuto “lettere minatorie”, tra cui un avvertimento di un attacco con una bomba a benzina, e minacce di pugnalare i fedeli “uno per uno”.

Alla minaccia ha dato seguito l’Ufficio nazionale per la sicurezza antiterrorismo, che ha recentemente pubblicato una “Guida ai luoghi affollati” per mitigare il pericolo di attacchi jihadisti contro chiese britanniche e altri luoghi pubblici.

A fine gennaio, un uomo di 21 anni è stato arrestato dopo un attacco con machete al di fuori di un McDonald’s a Sheffield. Una donna ha detto di aver visto l’uomo brandire ciò che credeva fosse una spada mentre andava al lavoro. “Eravamo così spaventati, pensavamo che avrebbe ucciso tutti, la prima cosa che ho pensato è stato il terrorismo”.

Yusuf Aka, 22 anni, di Leicester, è stato condannato a cinque anni di prigione per aver pugnalato a caso un uomo in un ospedale della città. Aka, in libertà vigilata da una condanna a sette anni per rapine a mano armata quando è accaduto l’incidente, ha dichiarato al Leicester Crown Court che ha fatto quello che ha fatto perché voleva “attenzione”.

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Ayaan Ali, una donna di 28 anni di Isleworth, è stata accusata di tentato omicidio dopo aver pugnalato un uomo nel centro di Barnsley.

I commercianti hanno dichiarato di aver tentato di fermare la donna che, con un “enorme coltello da cucina”, urlava “uccidere, uccidere, uccidere”, mentre pugnalava l’uomo alla spalla e si aggirava per le strade trafficate. Anche per lei la difesa ha pensato di puntare su un’aggressione dovuta ad un “deterioramento” della salute mentale.

Chaudry Mahmood, 51 anni di Ravensthorpe, si è dichiarato colpevole di aggressione per aver picchiato e pugnalato la sua ragazza in faccia. Mahmood ha affermato che il gesto è accettabile nella “cultura asiatica”.

Alla domanda se, col senno di poi, avrebbe fatto qualcosa di diverso, ha risposto un secco “no”. E se l’è cavata con un multa di 80 sterline!

Quando Mohiussunnath Chowdhury, un autista Uber di 27 anni di Luton, è stato assolto dalle accuse di terrorismo per aver sguainato una spada da samurai fuori da Buckingham Palace al grido di “Allahu Akbar”, è stato trovato un biglietto con su scritto, “quando leggerete questa nota sarò in paradiso con Allah. Dite a tutti che li amo e che dovrebbero lottare contro i nemici di Allah. La Regina e i suoi soldati saranno tutti nel fuoco dell’inferno. Mandano in guerra i musulmani di tutto il mondo e li uccidono senza pietà, sono i nemici che Allah ci dice di combattere”.

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Ad ottobre, Rahman Ullah, un trentaseienne padre di due figli di Croydon, è stato condannato a 14 mesi di prigione per aver picchiato la moglie, a quanto pare non pakistana, e aver trasmesso in diretta le percosse ai parenti in Pakistan brandendo un coltello da cucina e minacciando accoltellamenti vari per il Paese.

Oggi la popolazione immigrata illegale in Gran Bretagna è stata stimata aumentare di 70.000 unità l’anno secondo un recente rapporto sull’immigrazione. E nella maggioranza dei casi è la stessa ad essere coinvolta in casi di criminalità, con moventi ben precisi, come si evince chiaramente dalla mera cronaca.

Eppure il cosiddetto il ‘crimine dei coltelli‘ continua ad essere individuato dalle autorità come una reazione alla paura, all’insicurezza sociale e allo sviluppo di una contro-economia basata sulla droga, utile solo a colmare le lacune causate dall’austerità. E intanto cresce.

Foto: Knife crime.org, Telegraph, Press TV, Daily Mail, Daily Express, Lucy Lung/Evening Standard, AP, Met Police e AFP

 

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Lorenza FormicolaVedi tutti gli articoli

Giornalista nata a Napoli nel 1992, si occupa di politica estera, in particolare britannica, americana e francese ma è soprattutto analista del mondo arabo-islamico. Scrive per Formiche, La Nuova Bussola Quotidiana, il Giornale e One Peter Five.

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