Il dibattito sulle nuove barriere anti-immigrati a Ceuta e Melilla

Il giro di vite sull’immigrazione illegale che ha caratterizzato le decisioni del precedente governo italiano, nel 2018 e per alcuni mesi del 2019, ha determinato lo spostamento di parte dei flussi migratori illegali nel Mediterraneo verso la Spagna, che nel 2018 ha sostituito l’Italia come porta principale per l’immigrazione clandestina.

Secondo i dati forniti dall’agenzia UE per le frontiere, Frontex, più di 65 mila immigrati illegali sono arrivati in Spagna nel 2018 mentre nel 2019 sono scesi a 24 mila, il 56% per cento in meno in un contesto di crollo dei flussi illegali anche lungo la rotta del Mediterraneo centrale (versi le coste italiane), il 41% in meno rispetto al 2018, e un forte incremento degli sbarchi sulle coste delle isole greche: oltre 82mila migranti irregolari, circa il 46% in più rispetto al 2018.

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In Spagna il governo socialista di Pedro Sanchez sembra voler attuare le promesse elettorali circa le opere di “ammodernamento e rinforzo” dei reticolati che circondano le enclavi spagnole in Marocco di Ceuta e Melilla con un incremento dell’altezza delle barriere di circa il 30%.

Un’opera che permetterà la sostituzione “degli attuali fili spinati e delle aste tridimensionali presenti lungo tutto il perimetro con altri elementi più sicuri e meno dannosi per chi intende scavalcarli”, come recita il comunicato stampa dell’esecutivo di Madrid.

Durante il tempo necessario alla costruzione della nuova opera di contenimento, il controllo delle due frontiere sarà coperto dalla Guardia Civil e dalla Policía Nacional, costrette così a far fronte a prevedibili, quasi scontati, corpo a corpo con gli immigranti che si presentano al confine fra Marocco e Spagna.

Spesso accade, infatti, che furgoni “kamikaze” pieni di immigrati sfondino, come già accaduto, per esempio alla dogana di Tarajal, nell’enclave di Ceuta, nel tentativo di introdurre clandestini, schiantandosi nella doppia rete di filo spinato.

La fase di “ammodernamento” prevede le operazioni di rimozione del filo spinato che, già in corso prima della fine dell’anno, stanno facendo molto discutere. La rimozione, ordinata dopo l’estate dal governo socialista, nasce allo scopo di tutelare l’incolumità degli immigrati che tentano di scavalcare ed entrare in Europa da clandestini. Troppe le ferite, troppi i danni per il filo spinato istallato per non essere oltrepassato.

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La decisione è stata giustificata dal ministro degli Interni spagnolo, Fernando Grande-Marlaska, affermando che il Marocco aveva recentemente installato altro filo spinato sul proprio lato del confine e che quindi non era più necessario quello sul territorio spagnolo.
Le recinzioni di frontiera in questione coinvolgono le enclaves spagnole delimitate dal Mediterraneo, da un lato, e dal Marocco, dall’altro – Ceuta e Melilla, magneti per gli immigrati che guardano all’Europa.
A Ceuta, due recinzioni parallele alte sei metri sormontate da un filo di concertina corrono per otto chilometri lungo il confine con il Marocco. A Melilla, recinzioni gemelle alte quattro metri corrono per 12 chilometri lungo il confine. Entrambe le recinzioni sono fortificate con reti anti-salita, videocamere, sensori di rumore e movimento, faretti e posti di sorveglianza.

Ogni anno un gran numero di immigrati tenta, e sempre più spesso con successo, di aggirare i controlli fisici e non, per ritrovarsi nell’Unione europea e con una certa garanzia di non essere espulsi verso i loro paesi d’origine.

Solo il 30% degli immigrati che entrano a Ceuta rimangono in Spagna, secondo Clemen Núñez, direttore della Croce Rossa a Ceuta. La maggior parte degli immigrati che arrivano a Ceuta o Melilla non finiscono il loro viaggio lì. Dopo essere passati dal Centre for Temporary Immigrant Stay (CETI) continuano, come precisa Núñez, verso il resto dell’Europa. La maggior parte si sposta normalmente in Gran Bretagna, Francia e Germania. La questione delle frontiere a Ceuta e Melilla è quindi una questione che riguarda tutta l’Europa

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Ciò nonostante il confine delle due énclaves spagnole continuerà a venire preso particolarmente di mira.  Negli ultimi 18 mesi, migliaia di immigrati equipaggiati con guanti, corpi contundenti e ganci di fortuna hanno tentato di scalare le recinzioni usando spesso violenza estrema contro la polizia.

A luglio 2018, almeno 800 immigrati dall’Africa sub-sahariana hanno cercato di scavalcare la recinzione a Ceuta e ci sono riusciti in 602. Un’incursione che è costata cara a undici agenti di polizia: aggrediti con bastoni, lanciafiamme fatti in casa e poi urina e feci.

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Un mese più tardi, in 119 hanno scavalcato con successo la recinzione a Ceuta, approfittando del tempo della preghiera collettiva della Festa del Sacrificio, quando c’erano meno poliziotti sul lato marocchino del confine, e hanno utilizzato la tecnica del lancio di calce vive per  ferire  e inibire sette guardie civili.

Ad ottobre più di 300 immigrati hanno cercato di scalare la recinzione di Melilla, sei agenti sono rimasti feriti e un immigrato è morto. A maggio scorso, circa cinquanta immigrati dal Camerun, dalla Costa d’Avorio e dal Mali, sono entrati con successo nel territorio spagnolo. E quattro sono stati gli agenti ad essere feriti.

E solo due mesi fa, a novembre, un uomo si è lanciato contro la frontiera di Ceuta, con un furgoncino che trasportava 52 immigrati – 34 uomini, 16 donne e due bambini. Le ferite riportate dagli immigrati per via della concertina, secondo la Croce Rossa spagnola, hanno spinto perché la rimozione del filo spinato avvenisse prima del previsto.

Il ministro degli Interni spagnolo, Fernando Grande-Marlaska, da più di un anno promette di fare “tutto il possibile” per rimuovere le recinzioni “anti-immigrati” di filo spinato. “Farò tutto il possibile per vedere che questi recinti di filo spinato a Ceuta e Melilla vengano rimossi”, aveva detto in un’intervista. “È una delle mie priorità principali”.

unnamedA dicembre, il governo ha così iniziato a lavorare al progetto da 32 milioni di euro per rimuovere la concertina dai recinti che separano Ceuta dal Marocco. Quel filo che era stato istallato dal primo ministro Zapatero nel 2005, con un costo di circa 28 milioni di euro.

Per tanti analisti e commentatori si tratta di una decisione coerente con la politica dei porti aperti, e che non va fraintesa con una stretta sull’immigrazione. Dopo il giugno 2018, quando il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez diede il lasciapassare a 630 immigrati dalla nave Aquarius, respinti da Italia e Malta, il governo spagnolo annunciò che avrebbe posto fine alle politiche di espulsione immediata di quanti, da clandestini, si presentano al confine.

Da ricordare il caso, a tal proposito, tutto spagnolo dei due immigrati africani, che nell’agosto del 2014 vennero espulsi dopo aver scavalcato la recinzione a Melilla. Nell’ottobre 2017, il tribunale di Strasburgo condannò la Spagna a pagare 10.000 euro a entrambi perché la polizia non aveva fornito loro l’accesso ad avvocati, traduttori e personale medico. Venne richiesto l’appello, ma il governo socialista lo rifiutò, affermando che avrebbe posto fine alla pratica delle espulsioni immediate.

Pochi giorni or sono però la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, ha stabilito che la Spagna ha legittimamente respinto due richiedenti asilo al confine di Melilla. Una sentenza definitiva e non appellabile, che  che permette a Madrid di continuare a respingere i migranti entrati forzando i blocchi di confine a Melilla e Ceuta e che ribalta la precedente sentenza della stessa Corte nel 2017, contro cui aveva fatto appello l’allora governo spagnolo guidato dal conservatore Mariano Rajoy.

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La questione del filo spinato e delle espulsioni, infatti, rientra, per il governo, nella mera tutela dei diritti umani. Eppure, secondo le dichiarazioni, sono i diritti degli agenti ad essere per il momento ignorati. Ben prima che le operazioni circa la rimozione iniziassero, la polizia esprimeva il proprio disappunto e la preoccupazione per un confine sempre più permeabile alle incursioni di massa di quanto non lo sia già.

Sulle pagine del quotidiano spagnolo ABC sono state riportate alcune conversazioni e commenti ufficiosi della polizia, in cui veniva espressa tutta la preoccupazione per un governo che sembra dare la priorità al benessere degli immigrati illegali rispetto alla sicurezza delle forze dell’ordine. Per far notare che nei vari casi in cui gli ufficiali restavano feriti negli scontri con i clandestini, in nessuna circostanza gli immigrati partiti all’assalto del confine sono stati poi  espulsi.

“Le concertine impediscono a molte persone di pensare di saltare la recinzione e, nel caso in cui qualcuno ci provi o ci sia un assalto di massa, consentono anche agli agenti di guadagnare un po’ di tempo perché rallentino l’avanzare degli immigrati”, dichiarava mesi fa la polizia cercando di spiegare che la funzione principale della concertina non è aggressiva, ma dissuasiva.

hqdefaultNon è tardata la reazione del portavoce parlamentare del Partito Vox, Iván Espinosa de los Monteros, che ha accusato il governo socialista di incoraggiare la migrazione di massa. “Non siamo contro l’immigrazione”, ha detto durante un’intervista con la televisione pubblica spagnola. “Non siamo nemmeno contro l’immigrato clandestino. Non è colpa loro se un governo irresponsabile li ha chiamati a venire qui illegalmente”.

La Spagna resta, d’altronde, un Paese che subisce gli effetti dell’immigrazione illegale anche in termini di minaccia terroristica, soprattutto in Catalogna. Già nel 2007 un rapporto della diplomazia statunitense descriveva il legame esistente tra immigrazione di massa e l’avanzata dell’islam radicale. E lo faceva in questi termini: “Una forte immigrazione – sia legale sia illegale – dal Nord Africa (Marocco, Tunisia e Algeria) e dal Sudest asiatico (Pakistan e Bangladesh) ha fatto della Catalogna un polo di attrazione per i reclutatori di terroristi. (…)

La polizia nazionale spagnola stima che più di 60mila pakistani potrebbero vivere a Barcellona e nell’area circostante; la maggior parte di loro sono uomini, celibi e privi di documenti di identità. Ci sono ancor più immigrati dal Nord Africa. (…) Vivono ai margini della società spagnola, non parlano la lingua, sono spesso disoccupati e hanno pochissimi posti dove praticare la loro religione con dignità. (…) Singolarmente, queste circostanze fornirebbero un terreno fertile per il reclutamento di terroristi; prese tutte insieme, la minaccia è chiara”.

 

Lorenza FormicolaVedi tutti gli articoli

Giornalista nata a Napoli nel 1992, si occupa di politica estera, in particolare britannica, americana e francese ma è soprattutto analista del mondo arabo-islamico. Scrive per Formiche, La Nuova Bussola Quotidiana, il Giornale e One Peter Five.

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