F-35: il flop (annunciato) del sistema ALIS

Ancora una brutta notizia per il programma dell’aereo da attacco americano di quinta generazione Lockheed Martin F-35. Il suo sistema logistico integrato, conosciuto come Autonomic Logistics Information System (ALIS), deve essere rifatto da cima a fondo.

Quello nuovo si chiamerà Online Data Integrated Network (ODIN), e funzionerà non più solo attraverso la catena di server progettati e implementati per ALIS dallo stesso costruttore del velivolo, ma soprattutto nel “cloud”, cioè avvalendosi di quella serie di tecnologie informatiche che permettono di elaborare, archiviare e memorizzare dati grazie all’utilizzo di risorse hardware e software distribuite nel Web senza dover ricorrere a grandi super-computer.

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Come il sistema precedente, ODIN – nome dato dagli antichi germanici al loro dio, significa “totalmente Altro” – assicurerà addestramento, pianificazione delle missioni, supporto logistico, stesura e aggiornamento dei manuali e quant’altro serve a velivolo ed equipaggi, ma in maniera semplificata in qualche modo più elastica.

La notizia è del 14 gennaio, ma è da almeno un anno che il Pentagono e il costruttore dell’aereo come pure di questa sorta di suo alter ego informatico pensano di dover realizzare un sistema interamente nuovo, per assicurare alle flotte di F-35 un sistema logistico davvero in grado di garantirne la prontezza operativa e l’efficienza ai livelli richiesti.

The first Royal Australian Air Force F-35A Lightning II jet arrived at Luke Air Force Base Dec. 18, 2014. The jet’s arrival marks the first international partner F-35 to arrive for training at Luke. (U.S. Air Force photo by Staff Sgt. Staci Miller)

L’allarme sulle numerose inefficienze di ALIS, che obbligano da anni i manutentori a bypassare in certi casi il sistema applicando vecchie, lunghe e costose procedure, è stato ufficializzato giusto un anno fa da un rapporto del Director of Operational Test and Evaluation del Dipartimento della Difesa americano, e poi certificato a marzo dal Government of Accountability Office.

Il nuovo ODIN, ha dichiarato la responsabile degli acquisiti del Pentagono Ellen Ford, non costerà un centesimo in più ai contribuenti e dovrà essere pronto entro la fine del 2022. Un annuncio che, intanto, contraddice notizie del gennaio 2019 che davano per lanciato un meno impegnativo “ALIS Next”, per il quale erano però previsti non due ma cinque anni di lavoro.

Quel “Next” era stato affibbiato secondo la moda un po’ sfacciata di designare così (o con “Advanced”, o ancora “New Generation”) ciò che prima era obsoleto o, peggio, non funzionava. Due mesi or sono si parlò di renderlo disponibile addirittura nel novembre di quest’anno. Uno o due anni appaiono comunque un arco di tempo insufficiente, dati i difficili trascorsi del programma, e nella fattispecie, di un sistema logistico così complesso i cui problemi vennero evidenziati da Analisi Difesa già nel lontano 2013.

 

ODIN sarà più al riparo dai cyberattack?

Se si è arrivati alla decisione di rottamare ALIS dopo più di due decenni di sforzi e miliardi di dollari profusi per svilupparlo e farlo andare a regime, è evidentemente perché, a causa della sua enorme complessità, le cure somministrategli attraverso il classico rilascio periodico di successive “release” e “patch” di software, possibilmente da ravvicinare nel tempo (su base trimestrale e non più ogni anno e mezzo), non hanno funzionato.

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Nel febbraio 2019 il segretario all’Air Force Heater Wilson se ne uscì con questa affermazione: “Nessuno fra i nostri specialisti battezzerà mai la sua bambina col nome di Alice (la pronuncia di ALIS – ndr)”.

Il sistema sviluppato da Lockheed Marin doveva semplificare e far risparmiare sulla logistica, ma in realtà l’ha complicata e resa più onerosa, con il risultato finale di rendere molto più costosa di quanto promesso l’ora di volo del velivolo, attestata al momento sui 45.000 dollari. Insomma, il classico passo più lungo della gamba.

“Uno dei nostri reparti” ha spiegato la Ford, “ha stimato che ci sono volute più di 45.000 ore di lavoro all’anno per operazioni extra-ALIS, ore necessarie per ovviare ai problemi posti dal sistema”. Decine di milioni di dollari spesi in aggiunta a quelli preventivati e, a questo proposito, sarebbe interessante sapere che cosa succede ad Amendola, che schiera da quattro anni i primi dei 60 F-35 a decollo convenzionale attesi all’Aeronautica Militare.

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L’ultima release è (o si deve dire era?) la ALIS 3.5, attesa ai reparti di volo nel novembre scorso. Contiene da sola 300 modifiche a varie funzionalità, a partire da quelle più strettamente di base.

Sviluppate e implementate da uno stuolo di softweristi assunti ad hoc dal costruttore texano per rimediare ai problemi del sistema, che ancora per buona parte dell’anno appena trascorso non lo rendevano fruibile neppure per l’addestramento di piloti, specialisti e istruttori sulla base di addestramento di Eglin.

Le numerose modifiche ai software di ALIS dovevano anche andare di pari passo con tutte le modifiche e migliorie che l’aeroplano ha ricevuto durante la lunga fase di sviluppo e dimostrazione.

Un lavoro di continua implementazione di nuovi software che non è mai cessato e ora ha di fronte l’importantissima scadenza del radicale aggiornamento dell’aereo (il famoso Block-4). Un lavoro, per giunta, che non ha impedito che a un certo punto arrivassero ai reparti dei Marines e della US Navy montati sull’F-35 alcuni pezzi di ricambio inutilizzabili in quanto prodotti prima che si fossero decise le modifiche da apportarvi. Come è stato possibile?

 

La questione della proprietà intellettuale

Modifiche e migliorie al sistema esistente dovevano poi ridurre il più possibile i rischi in termini di cybersecurity tanto a livello centrale (la “centrale” di ALIS è operativa dal 2007 a Forth Worth nel complesso industriale di Lockheed) quanto a livello operativo presso le linee di volo che impiegano le tre versioni del Joint Strike Fighter. Ma ci si chiede: chi potrà garantire gli utenti che il nuovo sistema basato sulla “nuvola” sarà più al riparo da intrusioni cibernetiche di quello precedente?

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Altra questione cruciale: il passaggio a un sistema basato sul cloud computing risolverà finalmente, o invece complicherà ancora di più la annosa battaglia per il trasferimento dal costruttore all’utilizzatore della proprietà intellettuale di ciò che il primo svilupperà?

ODIN dovrà essere anche più “userfriendly” di ALIS, descritto a suo tempo da Lockheed come un mega-smartphone con 65 applicazioni che svolgono e risolvono tutta la logistica. Tra i suoi requisiti di base ci saranno i comandi vocali, impartiti tanto dai piloti quanto dagli specialisti a terra allo scopo di ridurre i tempi di reazione del sistema e quelli – oggi troppo lunghi – della “amministrazione” della manutenzione.

First Royal Australian Air Force F-35A Lightning II Arrives at Luke AFB, AZ, 18 December 2015

Si affiderà ancora a dei server, ma con molte meno costose e ingombranti (specie in teatro operativo) infrastrutture dihardware.

Dovrà ovviare tra gli altri al principale problema che affligge ALIS da sempre, e cioè il cattivo funzionamento del fondamentale sotto-sistema di base che monitora senza sosta lo stato di funzionamento di tutto il velivolo: dall’efficienza di ogni apparato e componente ai parametri di volo, dalle sollecitazioni della struttura al livello di calore nelle aree più a rischio.

PHMS, così si chiama questo sotto-sistema, rileva eventuali malfunzionamenti, elabora diagnosi, prognosi e persino previsioni di eventi futuri. Poi trasmette i suoi dati ai terminali ALIS nazionali (quello italiano si trova nello stabilimento di Cameri) i quali a loro volta li rimbalzano al centro operativo americano.

Tutto il traffico di dati si svolge in tempo reale. Spetta al “grande fratello” di Fort Worth il compito di elaborare e mandare a destinazione la risposta più adeguata all’input partito dalla linea di volo, segnalando come intervenire e dove e come far arrivare l’eventuale necessario pezzo di ricambio.

E’ troppo presto per capire se, come e quanti elementi di hardware e software e funzionalità di ALIS il nuovo ODIN incorporerà. Bisognerà poi stabilire come avverrà il “passaggio di consegne” fra il vecchio sistema e quello nuovo, con quali misure transitorie, e se queste funzioneranno o metteranno ancora di più i bastoni fra le ruote del programma più incasinato di tutta la storia dell’aviazione.

Foto Lockheed Martin

 

 

Silvio Lora LamiaVedi tutti gli articoli

Nato a Mlano nel 1951, è giornalista professionista dal 1986. Dal 1973 al 1982 ha curato presso la Fabbri Editori la redazione di opere enciclopediche a carattere storico-militare (Storia dell'Aviazione, Storia della Marina, Stororia dei mezzi corazzati, La Seconda Guerra Mondiale di Enzo Biagi). Varie collaborazioni con riviste specializzate. Dal 1983 al 2010 ha lavorato al mensile Volare, che ha anche diretto per qualche tempo. Pubblicati "Monografie Aeree, Aermacchi MB.326" (Intergest) e con altri autori "Il respiro del cielo" (Aero Club d'Italia). Continua a occuparsi di Aviazione e Difesa.

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