Contractors russi: tutti i guai del Gruppo Wagner

Il primo dicembre 2020 Marat Gabidullin, presunto ex comandante di un’unità di ricognizione del Gruppo Wagner, è balzato all’onore delle cronache per aver rilasciato un’intervista in cui annunciava la pubblicazione della sua autobiografia.

Oltre alla dettagliata descrizione dell’esperienza di combattimento in Siria, Gabidullin ( ella foto sotto) ha esposto tutta una serie di problematiche che gravano sulla compagnia militare privata – o meglio, ibrida – di Yevgeny Prigozhin, lo “chef di Putin”: pesanti perdite in battaglia e loro occultamento, personale inesperto e male addestrato, affarismo estremo, armi ed equipaggiamenti scadenti, demotivazione e rapporti conflittuali con le Forze Armate sia russe che dei Paesi ospitanti.

Nonostante la stampa pro-Cremlino l’abbia accusato di falsità ed incongruenze, le tragiche notizie giunte da diversi teatri operativi paiono confermare quanto raccontato dall’ex “wagneriano”, avvicinando anche l’esperienza russa a quelle delle PMSC occidentali che l’hanno preceduta.

 

 “Due volte nello stesso fiume”

 “Due volte nello stesso fiume” è il titolo dell’autobiografia di Marat Gabidullin, primo contractor del Gruppo Wagner a raccontare le sue vicissitudini senza utilizzare pseudonimi.

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Soprannominato “Nonno Martin” per essere stato il più vecchio della sua unità, Gadibullin, classe 1966, si è arruolato nella Wagner nel 2015 dopo aver servito nelle forze aviotrasportate russe per circa un lustro. Nello specifico, per quattro anni ha lavorato per la Evro Polis – società russa collegata a Yevgeny Prigozhin e presumibile copertura della sua compagnia militare – che aveva stipulato un contratto con il Governo siriano per riconquistare e proteggere i campi petroliferi dall’ISIS.

In questi anni “Nonno Martin” ha operato come soldato semplice risalendo, poi la scala gerarchica fino a comandare un plotone di esploratori prima che una mina vicino a Palmyra, nel marzo 2016, gli provocasse seri danni ad un rene e al fegato.

Rientrato in servizio, nel 2018 si è dedicato all’addestramento dell’unità siriana “Cacciatori di ISIS” e, l’anno successivo, anche della gestione dei caduti della Wagner che giungevano alla base aerea di di Khmeimim. Dopo esser stato addirittura consigliere speciale di Prigozhin ed insignito dell’Ordine del Coraggio, si è ritirato a scrivere le sue memorie.

La sua autobiografia avrebbe dovuto essere pubblicata dalla casa editrice siberiana Nayemnik – Mercenario – con una prima tiratura di 50 copie. Tuttavia, il 2 dicembre 2020, giorno successivo all’intervista rilasciata da Gabidullin a Meduza, la casa editrice ha fatto sapere che l’autore aveva deciso di sospenderne l’uscita.

Pur essendo ancora disponibile la scheda del libro sul sito di Litres.ru, non è stato più possibile pre-ordinarlo e l’immagine della copertina e l’indice sono stati rimossi.

Gabidullin e famiglia, infatti avrebbero ricevuto minacce, così come accuse dalla stampa pro-Cremlino che, suffragando articoli dello scrittore russo-canadese Vladimir Lorchenko, l’hanno definito un impostore e le sue memorie piene d’“incongruenze e falsità”.

 

I problemi del Gruppo Wagner

Da quando il Gruppo Wagner ha iniziato ad operare, prima nel Donbass e poi in Siria, il suo impegno si è progressivamente esteso ad altri Paesi e conflitti locali un po’ in tutto il mondo: Libia, Sudan, Repubblica Centrafricana, Madagascar, Mozambico, Venezuela, ecc.

Una maggior esposizione in teatri operativi ad alta intensità – Siria e Libia in primis – comporta inevitabili perdite. Tuttavia, il bilancio sarebbe molto pesante, avendo superato già da tempo le diverse centinaia di caduti. Nella sola notte tra il 7-8 febbraio 2018 sarebbero stati addirittura oltre 200 gli uomini della Wagner uccisi o feriti da un raid aereo dell’USAF nei pressi di Deir Ezzor, in Siria.

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Tuttavia, parlare di dati precisi, afferma Gabidullin, è impossibile a causa di minacce e ritorsioni delle autorità. Dalla base area di Khmeimim, le salme che rientravano dal fronte venivano portate in un ospedale di Latakia per essere ripulite con un idrante e riposte in bare di zinco e casse di legno. Ovviamente nessuno le ricomponeva e, nell’impossibilità di una degna sepoltura, l’unica soluzione era quella di ricorrere temporaneamente a celle frigorifere. 

Il crescente numero di caduti e feriti avrebbe causato la perdita di operatori esperti ed una conseguente riduzione di professionalità dell’unità.

Dmitry “Wagner” Utkin, ex tenente colonnello del GRU e storico comandante del Gruppo, disponeva di “una squadra di gladiatori”; tutti ex operatori delle forze speciali russe, veterani delle guerre in Cecenia, Georgia, Afghanistan, Serbia, ecc.

Ora, invece schiera un “esercito di schiavi”. A causa dell’eccessivo impegno operativo, sia a livello di truppa che di comando, i rimpiazzi sarebbero stati introdotti in tutta fretta, con un addestramento approssimativo e senza alcuna esperienza di combattimento. Gabidullin racconta di come la Wagner abbia smesso di preparare adeguatamente i propri uomini per i “viaggi d’affari” all’estero, per non parlare del numero particolarmente elevato d’incompetenti al comando, spiegabile solo con “una qualche forma di clientelismo”.

Secondo l’ex contractor, inoltre i recenti fallimenti della Wagner sarebbero da attribuire ad una sua eccessiva deriva affaristica. I comandanti si sarebbero trasformati in businessmen, assecondando qualunque richiesta dei committenti. Contro ogni logica e buon senso, a scapito dei propri uomini che, trattati ormai come carne da cannone, vengono lanciati al massacro per compiere le missioni assegnate ed intascare i bonus promessi. Ricompense che, per la maggior parte, finiscono ai vertici, lasciando alla truppa solo le briciole.

Un meccanismo perverso che avrebbe interessato anche il procurement di armi, munizioni ed equipaggiamenti vari rivelatisi scadenti, con dolorosi sprechi di vite umane e denaro. Basti pensare alle ginocchiere “da giardinaggio” distribuite agli operatori sul campo, al posto di quelle tattiche richieste. Spacciate per un affare, erano praticamente inutilizzabili.

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Per non parlare poi dei rapporti tra la Wagner e le Forze Armate russe, deterioratisi nel corso degli anni. In Siria talvolta il coordinamento sarebbe minimo o addirittura nullo e almeno in un caso, nel 2016, le posizioni della Wagner sarebbero state erroneamente colpite da un cacciabombardiere russo.

Nonostante l’osservatore avanzato della Wagner abbia cercato di avvisare il pilota, una variazione dei codici di comunicazione all’insaputa dei contractors avrebbe impedito di fermare l’attacco.

Più in generale, mentre gli uomini di Prigozhin combattono duramente e riempiono ospedali ed obitori, Gabidullin accusa i soldati russi di essersi rintanati nelle proprie basi, con ogni genere di comfort (aria condizionata, strutture sportive, bar ecc.), prendendosi tutti i meriti della Wagner.

Il veterano non ha risparmiato critiche nemmeno alle forze armate siriane, definite di estrema incapacità ed i cui uomini si sono spesso rifiutati di combattere. Una lancia viene spezzata, tuttavia, a favore dei “Cacciatori di ISIS” che Gabidullin aveva addestrato e conosciuto e per cui provava un certo rammarico nel vederli trattare come pedine sacrificabili.

Trasferite alcune aliquote in Libia, infatti un collega in loco gli avrebbe telefonato per chiedere se potevano essere impiegati in attacchi suicidi.

A fronte delle problematiche sperimentate sulla propria pelle, gli operatori della Wagner avrebbero perso fiducia nei propri comandanti e, in preda ad una demotivazione abbastanza diffusa, affermano che l’obiettivo principale, ormai non è più vincere, ma sopravvivere.

 

Conferme dal fronte

 Pur dichiarato falso e pieno d’incongruenze da Mosca, gran parte del contenuto dell’autobiografia di Marat Gabidullin pare trovare numerose conferme nelle notizie provenienti dai diversi teatri operativi in cui il Gruppo Wagner è impegnato:

Donbass: Secondo un ex combattente, le perdite riportate dalla Wagner nel Donbass sarebbero elevate ed attribuibili ad una leadership incapace, oltre a tattiche datate ed inefficaci, da Seconda Guerra Mondiale. “[…] fuori Debaltseve ci venne dato l’ordine di appiedamento in campo aperto e di attaccare un posto di blocco fortificato. E avanti, come carne da cannone! Iniziarono a colpirci con i [mortai] 120 mm, RPG contro i veicoli, persone… essi semplicemente ci vomitavano addosso [fuoco].”

Siria: Nella notte tra il 7 e l’8 febbraio 2018 un battaglione filogovernativo siriano  – 300-500 uomini – composto da miliziani locali e contractors russi ha attaccato un’installazione delle milizie curdo-arabe SDF a Khusham, Deir Ezzor. La presenza di forze speciali statunitensi ha provocato l’intervento di artiglieria, cacciabombardieri F-15E, droni MQ-9, bombardieri B-52, cannoniere volanti AC-130 ed elicotteri Apache che hanno annichilito il convoglio nemico.

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In circa tre ore di battaglia sarebbero rimasti sul campo un centinaio di morti e 200-300 feriti; tra di essi un numero imprecisato di russi. Alcune fonti hanno parlato addirittura dell’annientamento di due unità tattiche a livello compagnia (più di 200 uomini); altre hanno minimizzato a meno di una decina di contractors russi.

Indipendentemente dal bilancio finale, la debaclé subita dal Gruppo Wagner è da attribuirsi ad una completa mancanza di appoggio aereo e di difesa contraerea e da un’iniziativa assunta probabilmente senza consultarsi con Mosca e il comando russo in Siria.

Esponenti dell’entourage di Assad avrebbero infatti incaricato i contractors di conquistare il giacimento gasifero presidiato da SDF e statunitensi: quegli stessi oligarchi di Damasco che dal 2017 sarebbero diventati gli unici committenti e responsabili del pagamento del Gruppo Wagner, seppur con ritardi cronici, controversie e un crescente malumore tra i contractors.

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Dagli iniziali attacchi frontali che conduceva per dimostrare le proprie capacità, utilizzando le risorse migliori, sia in termini di armi ed equipaggiamenti che di uomini, la Wagner si è infatti gradualmente evoluta, passando ad operazioni meno convenzionali come la cattura e presidio di infrastrutture energetiche in Siria come in Libia.

Ciò ha portato ad un aumento dei caduti e ad una diminuzione di professionalità del personale (attualmente il Gruppo Wagner starebbe arruolando anche molti giovani siriani) della qualità di armi ed equipaggiamenti e ad un peggioramento dei meccanismi di pagamento e benefits.

Il tutto presumibilmente dovuto ad un conflitto tra il ministro della Difesa russo, Sergej Shoigu e Prigozhin, patron della Wagner per la redistribuzione delle risorse economiche ma forse anche sulla base di una più banale e reciproca antipatia tra i due.

 

Libia: In Libia gli uomini della Wagner sono stati schierati in supporto a Khalifa Haftar e al suo Esercito Nazionale Libico. Nel settembre 2019 due squadre di contractors che avrebbero dovuto guidare l’assalto a Tripoli sono state attaccate da droni turchi che appoggiavano il Governo di Accordo Nazionale di al-Sarraj. Le fonti più accreditate hanno parlato di 35 caduti russi.

Tragica vicenda a parte, nel Paese il Gruppo Wagner ha sofferto serie difficoltà. Diversamente dalla Siria, in Libia non vi sono soldati russi su cui appoggiarsi e, solo in un secondo momento, gli uomini di Prigozhin hanno ricevuto supporto o armamenti pesanti.

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Dal 26 maggio 2020, infatti la Russia ha dispiegato 14 Mig-29 e Su-24, senza livree, presso la base aerea di al-Jufra e, dal 24 luglio, veicoli blindati e batterie antiaeree. Il The Times ha parlato di sistemi Pantsir-S1 russi acquistati dagli Emirati Arabi Uniti per le forze di Haftar. Proprio come quello di cui sono recentemente entrati in possesso gli Stati Uniti, catturato dalle forze del GNA nella base aerea di al-Watiya, Tripoli.

Alla consueta riduzione di professionalità provocata dalla perdita di personale esperto e dagli inadeguati rimpiazzi si è aggiunta uno scarso coordinamento con l’LNA.

L’11 gennaio 2020 l’agenzia di stampa turca Anadolu ha, così parlato di un ritiro degli uomini della Wagner dalla linea del fronte di Tripoli. Sia esso dovuto ad un accordo tra Putin e Erdoğan o alle sopraccitate condizioni non è stato appurato, ma nessuna delle due ipotesi può essere completamente esclusa.

 

Mozambico: Per fronteggiare l’insurrezione dello Stato Islamico dell’Africa Centrale (IS-CAP) che insanguina la provincia settentrionale di Cabo Delgado dal 2017, a settembre 2019 circa 200 russi del Gruppo Wagner sarebbero atterrati all’aeroporto di Nacala. Dispiegati in tre caserme nei distretti di Nampula, Mueda e Macomia, la loro missione – affiancare le Forze Armate di Difesa del Mozambico o FADM nella neutralizzazione degli insorti – è iniziata il 5 ottobre con diversi successi salvo rivelarsi ben presto molto più complicata e dolorosa del previsto.

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Gli insorti, infatti hanno contrattaccato colpendo due delle tre basi in cui erano presenti i contractors, uccidendone tre. Successivamente, due uomini della Wagner sarebbero morti in un’imboscata il 10 ottobre ed altri cinque il 27 dello stesso mese. Nell’ultimo attacco, in cui sono caduti anche 20 soldati mozambicani e sono stati distrutti tre veicoli militari, si sono verificate diverse morti per fuoco amico.

Questi ed altri fallimenti sul campo avrebbero generato tensioni tali da portare all’interruzione delle pattuglie congiunte tra russi e FADM e, addirittura, al ritiro dell’intero contingente della Wagner dal Paese. Se si sia trattato di un ritiro definitivo o di un temporaneo ripiegamento resta ancora da capire. Tuttavia, nel Paese hanno trovato spazio contractors di altre società e nazionalità (sudafricani in primis) e recentemente sono arrivate le forze speciali statunitensi dell’Africa Command per addestrare i fucilieri di Marina mozambicani.

Da parte russa, i sudafricani hanno rilevato un’evidente sottovalutazione del lavoro, una mancanza di intelligence, addestramento e di conoscenza del Mozambico, sia della sua politica che del suo territorio. In un’intervista a The Moscow Times, Al Venter, rinomato esperto di mercenari in Africa, ha dichiarato che “il Mozambico è uno dei più ostici teatri operativi del mondo” e che il Gruppo Wagner, oltre a non avere praticamente esperienza di guerra nel bush (boscaglia), non ha compreso il contesto locale.

Per non parlare delle “crescenti tensioni” con le Forze Armate locali, con le quali non riuscivano nemmeno a comunicare. Secondo Eeben Barlow, proprietario della STTEP e fondatore della più nota ex compagnia militare privata, Executive Outcomes il tentativo dei contractors russi di “applicare un approccio strategico europeo o russo ad un conflitto africano è il preludio di un disastro.” E sottolinea come il bush abbia neutralizzato il loro vantaggio tecnologico.

Repubblica Centrafricana: Dal gennaio 2018 sarebbero presenti nel Paese, a seconda delle stime, tra 175 ad oltre 1.000 uomini della Wagner per addestrarne le forze locali, presidiare le miniere di diamanti concesse a società russe e proteggere e consigliare il presidente Faustin-Archange Touderà.

In un Paese afflitto da una lunga guerra civile, per impedire la rielezione di Touadéra ad un secondo mandato, diversi gruppi di ribelli si sono coalizzati e hanno lanciato l’ennesima serie di attacchi. Dopo aver sopraffatto i militari supportati dalla Wagner, a fine 2020 i ribelli sono riusciti a prendere il controllo delle aree a sud e a ovest della capitale Bangui, considerate tra le più sicure del Paese.

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Solo dopo il dispiegamento di ulteriori 300 consiglieri militari (o contractors?) con elicotteri russi e centinaia di soldati ruandesi, molti villaggi sono tornati in mano governativa a gennaio di quest’anno e diversi nuovi attacchi sono stati respinti.

Nonostante l’addestramento delle forze armate centrafricane da parte della Wagner, oltre l’80% del Paese resta in mano ai ribelli ed anche sul restante 20% il controllo governativo è mantenuto a fatica. Oltre alla mancanza di vittorie decisive – molti ribelli restano ancora alle porte della capitale – traspare anche un livello addestrativo insufficiente ed equipaggiamenti di scarsa qualità. Centinaia di soldati sono fuggiti immediatamente o hanno disertato, deludendo le aspettative di quanti credevano che i russi sarebbero riusciti a trasformare le truppe locali in una forza professionale, in grado di riconquistare il Paese.

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Secondo Viola Giuliano del Center for Civilians in Conflict i “tre mesi di addestramento [standard] non sono abbastanza, essi non sono pronti per andare al fronte”, inoltre “ci sono due forze di difesa”. La prima è la Guardia presidenziale, con accesso privilegiato a mezzi ed equipaggiamenti. La seconda – forze convenzionali – è dispiegata fuori Bangui, operando in condizioni d’indigenza estrema: senza carburante per le pattuglie, rotazioni rimandate e stipendi non pagati.

Recentemente, Courbeau News ha riferito di diversi caduti della Wagner nella sub-prefettura di Bambari. Nel contrattacco lanciato dai ribelli verso il 10 febbraio sarebbe stato fatto prigioniero anche un contractor russo.

 

Occultamento delle perdite

 Per far apparire le proprie operazioni all’estero meno gravose in termini di perdite di vite umane, Mosca ricorre al Gruppo Wagner e ad un sistema ben rodato.

Con una stretta sui media e sui parenti dei caduti mediante appositi decreti presidenziali, accordi di riservatezza, risarcimenti (circa 40.000 euro) ed inviando addirittura funzionari a casa loro, per settimane, per “proteggerli” da reporter e curiosi, non si lasciano trapelare notizie al riguardo. Così come l’utilizzo di una clinica di San Pietroburgo, connessa a figure dell’entourage e parenti del presidente Putin, scongiura fughe di notizie accogliendo i contractors feriti.

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Tuttavia, con il crescente numero di vittime sempre più dettagli stanno emergendo: sia per incongruenze di atti ufficiali che proteste innescate da segretezza o depistaggi sulla sorte di propri congiunti o commilitoni.

“Non abbandoniamo i russi” ha detto una volta Putin “Io ci ho creduto. Ora ho capito che erano tutte menzogne. Maledetta la Wagner e tutti loro” ha riferito un reclutatore profondamente deluso ai microfoni di France24 qualche anno fa.

Il contractor “pentito” ha parlato anche di “150 cadaveri nelle celle frigorifere della base della Wagner in Russia.”

Sul Cremlino sono piovute anche le critiche dell’opposizione. Grigory Yavlinsky del partito Yabloko ha dichiarato: “se ci sono stati numerosi cittadini russi caduti in Siria, le autorità competenti, tra cui lo Stato Maggiore delle Forze Armate, hanno il dovere di informare il Paese e di assumersene le responsabilità.”

Nonostante media alquanto compiacenti, propaganda interna e una buona dose di patriottismo, anche in Russia le guerre stanno diventando impopolari. Il ricordo dei 14.000 caduti della guerra russo-afgana o in Cecenia è ancora molto vivo e come sostiene Mark Galeotti dell’Institute of International Relations di Praga “i russi non sono molti entusiasti all’idea di un impero che restituisca i propri ragazzi in sacchi di plastica. Perciò, da Mosca si ammettono le morti di cittadini russi all’estero ma si nega plausibilmente qualunque collegamento al Gruppo Wagner o a qualunque altra organizzazione che persegue, malcelatamente ormai, gli obiettivi di politica estera dello Stato.”

I caduti vengono così inumati con cerimonie sottotono, segrete, senza o quasi onori militari (come accade cel resto per i contractors di altri Stati), sulle sobrie lapidi solo date di nascita e decesso, senza località di morte, gradi o eventuali onorificenze ricevute.

 

Qualche Considerazione

 Nonostante le accuse di essere un impostore intenzionato a screditare Mosca, Marat Gabidullin (nella foto sotto) si è sempre definito un vero mercenario, soldato e patriota convinto che la Russia debba perseguire i suoi obiettivi in tutto il mondo; anche con la forza se necessario. Il sito ucraino Myrotvorets, specializzato nel tracciamento dei mercenari russi, conferma che Gabidullin abbia effettivamente militato nel Gruppo Wagner con il numero di matricola M-0346.

Un’informazione apparentemente comprovata anche da due fonti vicine al Gruppo Wagner, così come dalla presenza sui social di fotografie di Gabidullin con combattenti, soldati e funzionari siriani ritenute autentiche da chi ha operato nell’area. Le uniche cose inventate sarebbero solamente i nomi dei protagonisti, per questioni di riservatezza.

Per quanto riguarda le motivazioni, oltre alla volontà di non scordare nulla di quella che è stata l’esperienza più significativa della sua vita, guadagnare denaro con il libro e magari un film, Gabidullin ha dichiarato di aver scritto la sua autobiografia per spingere il Cremlino a riformare la Wagner e riportarla alla professionalità iniziale, riconoscerne l’esistenza, nonché la morte dei suoi effettivi.

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Secondo l’autore – e non solo – quella di occultare i caduti in battaglia è una tradizione russa ben consolidata. Una consuetudine che oggi, grazie alle PMC, ha subito un’evoluzione garantendo una maggior possibilità di negazione plausibile e, praticamente, un azzeramento del bilancio ufficiale delle perdite. Perlomeno all’interno dei propri confini, visto che agli occhi del resto del mondo l’arcano appare ormai svelato.

I commilitoni di Gabidullin, in particolare quelli più sensibili al calo di professionalità della compagnia e più esposti ai pericoli da esso derivanti, hanno appreso positivamente la notizia della pubblicazione del libro. Anche lo stesso Prigozhin ha mostrato un certo entusiasmo per poter conoscere molto di quello che è successo sul campo e che, perfino lui, ignorava; soprattutto in merito a coloro che orbitavano attorno alla sua PMC e le sottraevano denaro.

Nonostante la lunga tradizione di ricorso a mercenari, il primo esperimento russo in fatto di PMC è stato la creazione della Slavonic Corps Limited ed il suo impiego in Siria.

Registrata nel 2012 ad Hong Kong, la Slavonic nasce come un tentativo della società russa Moran Security Group di accrescere il suo posizionamento sul mercato, formando un esercito privato di ex militari e professionisti di altissima qualità.

Il suo dispiegamento in Siria nel 2013, in supporto al regime di Assad, si è caratterizzato fin da subito da diverse lacune, tra cui armamenti ed equipaggiamenti scadenti e ultra-datati, in alcuni casi risalenti addirittura agli anni 30 del 900!

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Mancava, inoltre un coordinamento con le forze armate siriane non solo sul campo, ma anche nella condivisione di informazioni e sulla definizione degli obiettivi: i contractors russi erano stati incaricati di presidiare e proteggere infrastrutture che, tuttavia, si trovavano ancora nelle mani dei ribelli. Dovevano, quindi essere riconquistate prima, missione per la quale i contractors russi non erano né preparati né equipaggiati.

Nel primo scontro serio, avvenuto nei pressi di Homs, gli uomini della Slavonic Corps non hanno potuto far altro che ritirarsi, non solo dall’imboscata, ma dalla loro avventura siriana. Una ritirata che, tuttavia, ha mostrato la loro grande preparazione tattica: usciti praticamente illesi – solo sei feriti – da un agguato molto pericoloso.

Il Gruppo Wagner rappresenta un erede di successo della Slavonic, inquadrando molti dei suoi ex membri, tra cui Dmitry Utkin stesso. Attraverso la partecipazione alle operazioni militari in Ucraina e Siria, la Wagner ha maturato una maggior esperienza e modernizzazione della sua struttura organizzativa, creando un modello che Mosca sta replicando ed esportando in altri teatri operativi.

La compagnia di Prigozhin (nella foto sopra), ha dimostrato di poter essere impiegata efficacemente in operazioni militari tradizionali (perlomeno contro nemici non troppo potenti), di poter operare con truppe regolari, di proteggere infrastrutture critiche ed addestrare personale militare locale. Un incarico, questo che, solitamente affidato a società occidentali, fa pensare ad un’evoluzione della compagnia russa verso le concorrenti americane ed europee.

Pur non essendone direttamente collegata, la Wagner resta un flessibile strumento della politica estera del Cremlino, consentendogli di espandere la propria influenza – reale e percepita – in Paesi strategicamente importanti.

Tuttavia, le sue diverse problematiche che, al netto di quelle sopraccitate, possono riassumersi in minori possibilità economiche, equipaggiamenti inferiori ed una scarsa legittimità internazionale rispetto ai competitors occidentali. A differenza delle compagnie di sicurezza private occidentali, che ricorrono alle armi esclusivamente per proteggere i propri clienti o per legittima difesa, il Gruppo Wagner partecipa direttamente ad operazioni militari anche di tipo offensivo: una condotta assimilabile al mercenariato e ritenuta illegale dalla comunità internazionale.

Secondo l’esperto americano, David Isenberg essa rappresenterebbe infatti l’unica Compagnia Militare Privata esistente dai tempi della Executive Outcomes.

Da un punto di vista strategico, le sconfitte tattiche della Wagner possono portare ad una serie di ripercussioni negative pregiudicando l’immagine di onnipotenza ed invincibilità che circonda Mosca e la sua PMC. Tutto ciò fornendo spiragli ed opportunità che Stati Uniti ed alleati possono sfruttare per avviare collaborazioni con i governi della regione, bilanciando così la propria influenza con quella di Mosca e del suo rinnovato e rivisitato Scramble for Africa.

Foto: web, Twitter, AFP, CSIS e Marat Gabidullin

 

Nato nel 1983 a Brescia, ha conseguito la laurea specialistica con lode in Management Internazionale presso l'Università Cattolica effettuando un tirocinio alla Rappresentanza Italiana presso le Nazioni Unite in materia di terrorismo, crimine organizzato e traffico di droga. Giornalista, ha frequentato il Corso di Analista in Relazioni Internazionali presso ASERI e si occupa di tematiche storico-militari seguendo in modo particolare la realtà delle Private Military Companies.

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