Donbass: la guerra prima della guerra

 

 

Nel febbraio del 2022 l’Unione europea e il mondo occidentale sembrano essersi destati dalla disattenzione rispetto alla situazione Ucraina, quella di un paese che vive un conflitto interno da 8 lunghi anni, quasi che le guerre esistano nella “nostra parte di mondo” solo quando i media decidono di parlarne: purtroppo non è così la guerra in Ucraina è un conflitto reale ed esistente dal 2014.

Guerra che dalla primavera del 2014 ha visto contrapporsi nell’Ucraina orientale le forze armate di Kiev e le milizie separatiste provocando oltre 14.000 morti. La crisi armata in Ucraina dunque ha avuto inizio il 20 febbraio 2014 (vedi Council of Foreign Relations, “Global Conflict Tracker – Conflict in Ukraine”, aggiornato al 3 gennaio 2020 e il Dipartimento di Stato USA (USDOS), in “2014 Country Reports on Human Rights Practices – Ukraine”, 25 giugno 2015).

La Russia infatti nel febbraio del 2014 – come risposta al cosiddetto. “Euromaidan”– aveva ripristinato il controllo sullo stretto di Kerch e sulla penisola di Crimea nel sud dell’Ucraina. Nel novembre 2013 la decisione del presidente ucraino Viktor Yanukovych di abbandonare i piani per la stipulazione di un accordo di libero scambio con l’UE aveva spinto decine di migliaia di manifestanti a radunarsi nella Piazza dell’Indipendenza di Kiev (in ucraino, piazza “Maidan”), chiedendo il ripristino dell’accordo e l’allontanamento di Yanukovich.

Il governo aveva risposto con la violenza e i manifestanti, alcuni dei quali armati, si erano difesi. Almeno 100 persone sono morte durante gli scontri. Altre manifestazioni si tennero in dicembre.

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Alla fine di febbraio, Yanukovich – sfiduciato dal Parlamento – fuggiva in Russia. Subentrava dunque un nuovo governo ad interim guidato da Arseniy Yatsenyuk (vedi ICG, “Rebels without a Cause: Russia’s Proxies in Eastern Ukraine”, 16 luglio 2019).

A partire dall’aprile 2014 l’epicentro dello scontro si concentrò negli Oblasts (Divisioni amministrative caratteristiche di diversi paesi dell’area balcanica – asiatica paragonabili alle Regioni Italiane) di Donetsk e di Luhansk, il cosiddetto “Donbass” nell’Ucraina orientale.

La rivolta del Maidan a Kiev aveva portato alla cacciata del presidente Viktor Yanukovich e una revisione completa del sistema politico dell’Ucraina. Venne annunciata una legge che avrebbe impedito l’utilizzo della lingua russa in Ucraina che provocò disordini nel sud-est dell’Ucraina tra manifestanti a favore e contro tale legge.

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All’epoca rarissime furono le analisi circa la discriminazione e delle norme internazionali in materia di tutela delle minoranze. L’Unione Europea non si soffermò in nessun modo su questi aspetti e non ne conseguì nessuna valutazione sulla necessaria tutela delle minoranze linguistiche e culturali russe presenti in Ucraina. Gli scontri di maggio nella sola Odessa causarono 46 morti.

Dopo l’occupazione russa della Crimea in marzo, gli insorti armati appoggiati dalla Russia presero il controllo di molte città nelle regioni di Donetsk e Luhansk, con conseguente conflitto armato con le forze ucraine. Entrambe le parti violarono il diritto internazionale umanitario nel conflitto che entro ottobre 2014 aveva già causato la morte di oltre 4.000 combattenti e civili e ferito oltre 9.000 persone.

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Feroci battaglie nel 2014-2015 si sono concluse con un terzo del territorio delle regioni, la sua parte più urbanizzata, nelle mani delle auto-definite Repubbliche Popolari di Donetsk e Luhansk. Tra settembre 2014 e febbraio 2015, Russia, Ucraina, Francia e Germania firmarono diverse iterazioni dei cosiddetti accordi di Minsk, che alla fine hanno fermato le offensive e controffensive e ridotto significativamente i combattimenti.

Gli accordi non furono mai attuati in modo completo e i combattimenti si trasformarono in una guerra di trincea, con circa 75.000 soldati che si fronteggiavano lungo una linea del fronte di circa 500 chilometri che attraversava aree densamente popolate. La guerra ha rovinato l’economia e le industrie pesanti della zona, ha costretto milioni di persone a trasferirsi e ha trasformato la zona di conflitto in una delle aree più contaminate da mine anti uomo del mondo come ha riportato l’International Crisis Group ,

Il governo ucraino impose via via restrizioni alla libertà dei media, anche vietando i canali televisivi russi e impedendo ai giornalisti stranieri di entrare nel paese. Tra aprile 2014 e settembre del 2015, intensi combattimenti portarono al completo collasso della legge e dell’ordine in diverse aree controllate dai ribelli.

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Mentre continuavano le operazioni di contro-insurrezione, i servizi di sicurezza ucraini e i battaglioni di volontari pro-Kiev imprigionarono oltre mille persone sospettate di coinvolgimento nell’insurrezione, a volte trattenendole per oltre 14 giorni e sottoponendole a maltrattamenti. A settembre 2014, le autorità di Kiev hanno aperto un’indagine penale sui presunti crimini del Battaglione Aydar, che avrebbero incluso detenzione arbitraria, sparizioni forzate e tortura.

Sullo sfondo dell’occupazione russa e dell’annessione della Crimea nel 2014 e del conflitto in corso nel Donbass, dalla fine del 2014 e per tutto il 2015  i media percepiti come portatori di opinioni filo-russe o filo-separatiste hanno dovuto affrontare delle molestie. Nel 2015 le emittenti 112 Ukraine e Inter TV hanno ricevuto avvertimenti formali dal Consiglio Nazionale della Televisione e della Radio per contenuti come interviste e servizi dalle zone controllate dai separatisti, che presentavano persone locali che esprimevano sostegno ai separatisti. Tre avvertimenti consecutivi avrebbero comportato l’annullamento delle loro licenze di trasmissione.

Il giornalista Oles Buzina, noto per le sue opinioni filorusse e seguito da oltre 25.000 persone su Facebook, è stato ucciso da due uomini armati mascherati davanti alla sua casa il 16 aprile 2015. Dopo l’arresto di due sospetti il 18 giugno 2015, il ministro dell’Interno Arsen Avakov ha annunciato su Facebook che il caso era stato “risolto”. Entrambi gli uomini hanno protestato la loro innocenza e si sono lamentati della pressione fisica e psicologica degli investigatori.

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La guerra in Ucraina dal febbraio del 2014 non si è mai fermata, e quanto accaduto a febbraio 2022 è solo una naturale conseguenza di un conflitto estenuante che i media europei ed internazionali hanno così a lungo dimenticato.

Secondo i dati raccolti dall’ Alto Commissariato Onu per i Diritti Umani – OHCHR e dall’ International Crisis Croup – ICG, la guerra nelle regioni del Donbass è costata la vita a più di 13.000 persone, di cui 3.344 civili, e un numero imprecisato di feriti, nell’ordine delle decine di migliaia.

Il cessate il fuoco e le misure di disimpegno previste dai protocolli di Minsk, anche se mai implementate del tutto, hanno comunque provocato una significativa riduzione del numero di vittime civili nei primi due anni dalla loro stipulazione e un impatto positivo di lungo termine nel corso dei sei anni di guerra.

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Secondo i dati riportati dall’ OHCHR e da un report dell’ONU   i primi dieci mesi del conflitto (da metà aprile 2014 a metà febbraio 2015) hanno visto l’81,9 per cento di tutte le morti civili (2.713), mentre i quattro anni successivi all’adozione dei protocolli si sono registrati solo il 18,1 per cento dei decessi civili (608)

L’Alto Commissariato ONU per i diritti Umani ha notato una sensibile riduzione del numero di civili coinvolti nel conflitto anno dopo anno. Secondo i suoi dati i morti civili – che erano 2082 nel 2014 – si sono più che dimezzati nel 2015, registrandone 26 nel 2019 (ultimo aggiornamento novembre 2019).

 

La violazione dei diritti umani in Ucraina dal 2014 ad oggi

Dall’inizio del conflitto nella primavera 2014 sono state documentate numerose violazioni dei diritti umani nella zona di conflitto, sia nelle aree sotto il controllo del governo ucraino sia nel territorio delle Repubbliche popolari di Donetsk e di Luhansk.  Secondo i rapporti annuali pubblicati da Human Rights Watch relativi al 2018 e 2019 e i rapporti periodici dell’Alto Commissariato ONU per i Diritti Umani, negli anni 2017 e 2018 persiste da entrambe le parti belligeranti la totale impunità per gli abusi relativi al conflitto, alimentando un clima di insicurezza e impunità.

Sono stati documentati ancora casi di sparizioni forzate e detenzioni arbitrarie da parte dei servizi di sicurezza governativi e dei separatisti, nonché casi di tortura, maltrattamenti e minacce anche nei confronti di civili, al fine di ottenere informazione o confessioni. La libertà di movimento tra le diverse aree rimase fortemente limitata fin dal 2014.

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Numerosi incidenti sono stati segnalati nei punti di attraversamento lungo la Linea di confine con l’area del Donbass. Gli organismi internazionali di monitoraggio operanti in Ucraina, tra cui l’OSCE, l’OCHA e l’OHCHR, evidenziano già nel 2019- 2020 che, nonostante il sensibile calo delle vittime civili, dopo sei anni di conflitto le condizioni di vita dei residenti nelle zone del Donbass conteso e lungo la linea di contatto erano precarie, come certificato anche dall’OSCE e dall’OHCHR,

Le pesanti offensive fin dai primi due anni di guerra e il conflitto a bassa intensità che ne è poi scaturito hanno gravemente danneggiato l’economia della regione, un tempo la più fiorente dell’Ucraina sul piano industriale, ridottasi di circa i due terzi dall’inizio delle ostilità ad oggi.

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Oltre 50.000 abitazioni situate lungo la linea del fronte sono state danneggiate o distrutte fin dai primi anni di guerra. Le scuole, gli ospedali e altre infrastrutture civili sono state danneggiate, distrutte o utilizzate dai combattenti per scopi militari. Gran parte degli impianti e delle infrastrutture industriali è stata danneggiata, saccheggiata o distrutta dai bombardamenti; la stessa sorte è toccata ai terreni agricoli, in parte lasciati incolti o abbandonati.

Il sistema bancario è crollato e la regione è stata tagliata fuori dal sistema finanziario internazionale. La “linea di contatto” non è mai stata una cortina di ferro chiusa, dal 2014 infatti circa 36.000 persone, per lo più sfollati, l’hanno attraversata. Lo sfollamento interno dell’Ucraina si avvicinava nel 2015 a circa 1 milione di persone mentre i combattimenti si intensificano nella regione di Donetsk, nel 2015 il numero di sfollati interni registrati era di oltre 980.000.

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Inoltre, 600.000 ucraini solo nel 2015 avevano già richiesto asilo o altre forme di soggiorno legale nei paesi vicini.  Migliaia di persone dal 2014 attraversavano i cinque punti di controllo tra le aree controllate dal governo (GCA) e le aree controllate dal governo orientale dei separatisti (NGCA). Le persone andavano avanti e indietro per visitare le loro famiglie, controllare le loro case o proprietà, acquistare cibo e forniture o accedere ai loro benefici sociali.

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Il passaggio attraverso la Linea tuttavia non è mai stato semplice, basti pensare che il controllo dei documenti imponeva lunghe attese. Per attraversare la Linea è stato messo in atto un vero e proprio sistema continuativo di controlli e perquisizioni, con liste di cose ammesse e non ammesse.

Questi passaggi attraverso la Linea sono stati spesso accompagnati da una lunga sequenza di casi di pestaggi, rapine e perfino abusi sessuali ai danni dei civili.

Il report di International Displacement Monitoring Center del 2017 raccoglie le storie delle persone che cercavano di attraversare la Linea.

Riportiamo un breve brano  relativo alla descrizione quotidiana di un posto di blocco pedonale a Stanytsia Luhanska;  un racconto tratto dalle  testimonianze degli operatori sul posto dell’International Displacement Monitoring Center .

“Una madre nervosa con un bambino piccolo si fa strada per avanzare. Un anziano coperto di polvere viene trasportato attraverso il parcheggio su una sedia a rotelle, dopo aver attraversato il confine dalla parte del governo orientale dei separatisti. Una donna anziana incredibilmente fragile passa i soldi a un uomo più giovane che aveva portato la sua borsa per lei. La lunga fila di persone si snoda intorno a un bunker improvvisato, scavato nel terreno, un bunker che potrebbe ospitare fino a 100 persone in caso di bombardamenti improvvisi. Nonostante questi rischi al posto di blocco, la gente semplicemente non ha altra scelta: i campi, le foreste e le rive del fiume che avvolgono il resto della linea di contatto sono pieni di mine antiuomo e ordigni inesplosi, quindi questi passaggi sono l’unico modo sicuro per le persone di attraversare da una parte all’altra della Linea: dall’area controllata dal governo a da quella controllata dai separatisti e viceversa”.

Nel 2017 l’International Displacement Monitoring Center aveva raccolto questi dati rispetto alle persone internal displaced, cioè alle persone costrette a spostarsi e a lasciare le proprie case internamente a quello che era il proprio territorio di origine, ma all’interno del confine Ucraino.

Foto: Donbass 2014/2015  di Valentina Cominetti ed Eliseo Bertolasi

 

 

Claudia PrettoVedi tutti gli articoli

Dottorato di ricerca in Istituzioni e Politiche Comparate all'Università di Bari nel 2011 e laurea in Giurisprudenza all'Università di Trento. Ha maturato diversi anni di esperienza in materia di protezione dei diritti umani e monitoraggio dell'effettività delle norme e delle policies in tale ambito. Ha lavorato con diverse organizzazioni nazionali e internazionali (Alto Commissariato ONU per i Rifugiati, Organizzazione Internazionale per le Migrazioni). Ha insegnato diritto dell'immigrazione all'Università Lumsa di Roma. Attualmente è docente presso Unidolomiti.

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