Ucraina: lo scontro fra “infedeli” galvanizza i jihadisti

 

 

Quando gli infedeli si combattono fra loro, per la comunità islamica è una buona notizia. Quanto meno, questo è il giudizio diffuso da diverse voci dell’universo jihadista sullo scontro in Ucraina. Una “guerra benedetta”, la definisce Voice of Khurasan: “Questa volta le vittime non erano i musulmani della Cecenia, dell’Afghanistan, della Siria: la guerra è combattuta sulle ‘pacifiche terre d’Europa’, come gli infedeli cercano di far credere al mondo”.

La rivista è pubblicata dalla fondazione Al Azaim, considerata il ramo mediatico ufficiale dell’Isis-Khorasan, sezione del sedicente Stato islamico radicata in Afghanistan. In questo conflitto “si combattono crociati contro crociati”, gli infedeli “si uccidono a vicenda, si invadono, dissacrano la santità dei popoli della croce”. E dunque, come recita la sura Al Ma’idah del Corano, “lasciamo che l’ostilità e l’inimicizia sorga tra loro fino al Giorno del Giudizio”.

L’Isis-K interpreta lo scontro in Ucraina come una prima tappa di una conflagrazione molto più grande, dove “l’intero Occidente berrà dallo stesso amaro calice” offerto agli islamici: “Attacchi aerei, fosse comuni, grida di feriti, cadaveri insepolti, donne in lutto… tutto questo è tornato a essere uno spettacolo normale in Europa, anche se gli europei cercano, con tutte le forze, di evitare una ripetizione dell’Olocausto della seconda guerra mondiale. Ma ritornerà”.

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Il massacro andrà avanti, dice la rivista jihadista, perché è un segno della volontà di Dio. Si realizza la profezia del defunto leader Abu Bakr al-Baghdadi (nella foto a sinistra), secondo cui “tutti coloro che partecipano a questa guerra contro lo Stato Islamico pagheranno sicuramente un prezzo alto, e se ne pentiranno”.

“Vediamo i chiari segni di una grande guerra all’orizzonte: una guerra non solo tra i crociati qui e i crociati là, ma piuttosto tra l’est e l’ovest! La Cina ha iniziato a minacciare pesantemente Taiwan, pronta ad attaccare come ha fatto la Russia con l’Ucraina. La Corea del Nord ha anche in programma di rovesciare il burattino occidentale miscredente dal trono della Corea del Sud. Tutti radunano le forze e firmano nuovi trattati di alleanza”.

Al di là delle profezie, l’editoriale di Voice of Khurasan segue la strategia abituale di Isis-K. Caduto l’Afghanistan in mano ai talebani, per l’ala locale dell’Isis la strada obbligata era quella di un rilancio sulla via del radicalismo, a suon di attentati (soprattutto contro la minoranza Hazara, di credo sciita e quindi eretica).

E ogni occasione è buona per rivestire un ruolo da ultra-integralisti. Questo vale ancora di più visto che il regime di Kabul ha confermato la tradizionale linea talebana di non ingerenza negli affari di altri Stati, arrivando a esprimere “preoccupazione per i civili” e a invitare Mosca e Kiev alla moderazione e al dialogo.

L’Isis-K ha colto l’occasione per rivendicare la supremazia dell’area jihadista, sottolineando che gli “studenti coranici” hanno “credenze corrotte e sporche”. Kabul – scrive Voice of Khurasan – ormai ha abbracciato l’idolo del nazionalismo e ha imposto leggi nazionali anziché applicare la sha’ria.

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Anche Al-Naba, la newsletter settimanale dell’Isis che ha ripreso le pubblicazioni interrotte dopo il crollo del Califfato, ha preso in esame lo scontro in Ucraina, sottolineando che “quello che accade oggi nella guerra diretta e sanguinosa tra i crociati ortodossi non è che un esempio della punizione loro inflitta per l’affronto all’Onnipotente”, costituito dalle imprese militari lanciate in terra musulmana. L’articolista di Al-Naba è d’accordo sul fatto che lo scontro sia solo l’inizio, cioè, “un preludio a ulteriori scontri fra crociati-crociati”. Questo fa parte della “punizione inflitta ai cristiani perché non credono in Dio Onnipotente”.

E i credenti si devono tenere lontani dai combattimenti: “Non importa quanto sia complessa la situazione, la vera fede dell’Islam è nel dovere del monoteismo e nella dissociazione dai non credenti”.

La newsletter condanna soprattutto le “milizie apostate cecene” di Ramzan Kadyroz (nella foto sotto), il presidente-signore della guerra. Secondo Al-Naba i ceceni schierati con i russi sono “traditori della fede, non migliori dell’ex presidente afghano Hamid Karzai”. Gli “orrori delle guerre, non importa quanto grandi”, dice la newsletter, “non sono paragonabili agli orrori del Giorno della Resurrezione”. I musulmani “che si perdono nei sentimentalismi terreni, schierandosi quando infuria una guerra tra infedeli, se ne accorgeranno nell’altro mondo. Dovrebbero invece affrettarsi a pentirsi, in modo da poter ottenere la salvezza”.

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Una posizione più pragmatica è quella di Hay’at Tahrir al-Sham, il gruppo jihadista siriano in passato allineato sulle posizioni di Al Qaeda. In Siria, nei combattimenti attorno a Idlib, i miliziani di HTS si sono trovati ad affrontare le truppe governative sostenute dall’aviazione russa. E l’attacco in Ucraina per loro è stato “un’opportunità e una boccata d’ossigeno”.

Gli ideologi dell’organizzazione, sostiene l’analista Mina al-Lami, hanno incitato i credenti a combattere in Ucraina a sostegno del governo di Kiev, anche per distogliere l’impegno russo dalla Siria. Mosca, che ha messo fuori legge HTS, in primavera ha avviato un giro di vite sui militanti dell’organizzazione in diverse regioni russe, con una dozzina di arresti. Secondo fonti locali, Hay’at Tahrir al-Sham ha anche approfittato della guerra in Ucraina per aumentare artificialmente i prezzi dei beni di prima necessità nella zona che controlla, in provincia di Idlib.

Al Qaeda finora non ha preso posizione in modo ufficiale, ma gruppi e figure all’interno della sua orbita sembrano propensi a favorire l’Ucraina, sperando nella vendetta contro i russi per la politica del Cremlino in Cecenia e in Siria. Ma in linea di massima i fondamentalisti vedono l’Ucraina come parte dell’Occidente infedele, e pochi jihadisti hanno abbracciato la causa di Kiev partendo come foreign fighters.

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Sui social network, qualcuno ha ricordato che l’Ucraina aveva un robusto contingente nella coalizione anti-Califfato, e c’è stato anche chi non si sentiva di sostenere il presidente Volodymyr Zelensky in quanto ebreo.

Qualche gruppo jihadista, dice la al-Lami, ha però tentato di approfittare dell’occasione per ottenere risultati specifici contro obiettivi “crociati”: è il caso del magazine qaedista Wolves of Manhattan, che ha invitato i credenti ad andare in Ucraina, utilizzando l’opportunità per riunirsi in piccole cellule, addestrarsi e magari colpire in Ucraina, oppure obiettivi russi, o infine applicare in patria le nuove conoscenze.

Nella galassia jihadista gli osservatori sono propensi a considerare che l’Occidente è costretto a ritirarsi dai paesi islamici: è il caso dell’Afghanistan, ma anche del progressivo sganciamento delle forze francesi dal Sahel. Gli USA in particolare, nella visione degli integralisti, appaiono impegnati ancora a lottare contro la pandemia e i disordini razziali interni, entrambi fattori che gli esponenti dell’Islam radicale considerano punizione divina per gli infedeli. In altre parole, sottolinea Mina al-Lami, la “distrazione” occidentale su altre crisi, compresa quella ucraina, permetterà ai gruppi jihadisti di ricompattarsi e crescere.

A riassumere i diversi elementi positivi, individuati nello scontro fra Russia e Ucraina, ha pensato Abu Shu’aib al-Masri, un religioso egiziano radicale, in passato schierato con HTS. Secondo al-Masri quale che sia il risultato della guerra, la comunità islamica ne avrà dei vantaggi, perché l’Occidente si sgancia dai paesi musulmani, perché i paesi infedeli avranno la priorità di combattersi fra loro, ma soprattutto perché questa non può che essere la volontà di Dio.

Foto: ISIS, MEMRI e RIA Novosti

 

 

 

Giampaolo CadalanuVedi tutti gli articoli

Giornalista e saggista, esperto di Politica internazionale e Difesa. Come inviato del quotidiano La Repubblica, per oltre 25 anni ha seguito i conflitti e le crisi in tutto il mondo, dall'Afghanistan al Medio Oriente, dal Maghreb ai Balcani, dall'Africa all'Est europeo, spesso "embedded" con le Forze armate italiane. E' autore del libro "Skinheads" sul neonazismo in Europa. Ha tenuto corsi e conferenze fra l'altro all’università UNINT, alla Scuola di applicazione militare di Torino, alla base NATO di Solbiate Olona, al corso IASD di Roma. Fra gli altri premi, ha ottenuto nel 2005 il "Boerma internationale award" della FAO per la copertura dei temi Fame e Sviluppo e nel 2015 la "Colomba d'oro" dell'IRIAD per la copertura delle guerre. Si interessa di Terrorismo internazionale.

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