Immigrazione illegale: gli europei litigano, i trafficanti incassano

 

 

 

La svolta del governo italiano sul fronte sempre caldo dell’immigrazione clandestina e il braccio di ferro in atto con Ong e Parigi la dicono lunga sulle possibilità che l’Europa possa trovare oggi quella risposta comune alla sfida posta da trafficanti e lobby dei soccorsi e dell’accoglienza che non è riuscita a trovare negli ultimi anni.

Come sempre è accaduto da quando è iniziata l’emergenza dei flussi migratori illegali nel Mediterraneo, invece di difendere i confini comuni l’immobilismo della Ue ha costretto i singoli stati ad erigere propri “muri”, interni all’Unione.

I successi conseguiti con i primi atti del Governo Meloni sono ancora lontani dal ridurre in modo sensibile gli sbarchi ma hanno mostrato discontinuità rispetto ai porti spalancati dei governi Conte 2 e Draghi, hanno evidenziato un approccio severo verso le Ong ma che sembra destinato a irrigidirsi ulteriormente in futuro fino a portare auspicabilmente alla messa al bando delle loro navi dalle nostre acque.

L’approccio del nuovo governo italiano ha indotto una nave appartenente a una Ong spagnola a rinunciare (per ora) a raggiungere le acque di fronte alla Libia e un’altra, la Ocean Viking, a puntare la prua su Tolone cioè verso un porto non italiano.

 

Braccio di ferro con Parigi

Aspetto quest’ultimo che ha determinato in Francia dure reazioni contro il presidente Emmanuel Macron, che in Parlamento ha un governo di minoranza, scatenando critiche dalle opposizioni di destra, come quelle guidate da Marine Le Pen e Eric Zemmour.

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“Quando è troppo è troppo: l’immigrazione in Francia non è un diritto incondizionato. I francesi vogliono una politica migratoria molto più ferma e molto più efficace” ha scritto il presidente del Rassemblement National, Jordan Bardella, intervenendo sul caso Ocean Viking.

“L’isola di Lampedusa, la Porte de la Chapelle (zona di Parigi dove sono recentemente ricomparsi accampamenti di migranti, ndr) saranno il futuro dell’Europa se non riprendiamo già da ora il controllo della nostra politica migratoria. Bisogna chiudere il rubinetto!”

Critiche a Macron sono giunte in realtà non solo da destra. “Al di là dell’emozione sul destino delle persone, l’accoglienza in Francia dell’Ocean Viking segna una svolta nella politica sull’immigrazione in Francia” ha scritto su twitter l’ex ministro dell’Interno francese, Gerard Collomb.

Socialista, Collomb che da ministro aveva varato il piano per riprendere il controllo delle banlieues denominato “Reconquete Republicaine”, ha ricordato che “quando nel 2018 era stata presa in considerazione la creazione di un hot-spot a Tolone, mi ero opposto con tutte le mie forze e mi ero dimesso”.

Curioso che sia stato sufficiente che una sola delle navi che le Ong impiegano per traghettare quasi ogni settimana in Italia immigrati illegali approdasse in un porto francese per far scoprire ai cugini d’Oltralpe che esiste una minaccia migratoria che dal mare si riversa soprattutto sulle coste italiane mandando ogni settimana in tilt gli hot-spot, soprattutto quello di Lampedusa.

E mentre in Italia molti media e diversi ambienti politici si schierano con la Francia e con la Ue contro il Governo Meloni (da noi abbondano sempre i filo-stranieri, a scarseggiare semmai sono i filo-italiani), Parigi attua “rappresaglie” stizzite che tradiscono il nervosismo dell’Eliseo.

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Dallo stop ai ricollocamenti dei migranti illegali sbarcati in Italia (peraltro in numeri minimi, come hanno lamentato Italia, Grecia e Malta, esposte in prima linea agli sbarchi) ai controlli estenuanti ai lavoratori italiani transfrontalieri fino ai minacciosi schieramenti di poliziotti e gendarmi nei valichi di frontiera con la Penisola.

Come hanno osservato alcuni esponenti del governo italiano (ma solo pochi media) i toni eccessivi che si alzano da Parigi sono determinati essenzialmente da ragioni politiche interna. Macron deve affrontare con un governo debolissimo scioperi a catena, proteste popolari, una crisi senza precedenti nei rapporti con la Germania che si riverbera sulla precaria tenuta della Commissione Ue, la più inconsistente e discussa della storia europea, incapace persino di varare misure di contenimento di una spaventosa crisi energetica di cui la Commissione stessa è in parte artefice.

Difficile poi per l’Italia accettare paternali e “lezioni di umanità” da chi ributtava di notte in Italia i clandestini fermarti in Francia o sgombrava con le ruspe gli accampamenti degli immigrati illegali a Calais. Meglio sarebbe se tutti i partner Ue si mobilitassero per impedire che trafficanti e organizzazioni private, quali sono le Ong, sostituiscano nazioni e governi nel determinare chi possa o meno attraversare i confini europei.

 

L’Europa (di nuovo) al bivio

Ma al di là delle beghe tra confinanti in un’Europa al collasso, il vero dato politico è che gli unici a guadagnarci dalle liti tra europei sono i trafficanti di esseri umani, gli immigrati clandestini, Ong e lobby dell’accoglienza.

Dovremmo essere uniti contro una minaccia comune, considerato che le ridistribuzioni dei migranti illegali costituiscono un regalo a clandestini e trafficanti: invece di discutere (litigando) come suddividere tra le diverse nazioni coloro che violano leggi e confini, gli europei dovrebbero preoccuparsi di vietare loro di accedere all’Europa.

Solo i tifosi di interessi diversi da quelli nazionali possono fingere di non sapere che tra i finanziatori delle Ong le cui navi battono bandiere dei paesi del Nord Europa, vi sono privati, enti religiosi e amministrazioni pubbliche di Francia, Germania e altre nazioni Ue.

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Tutti concordi nel sostenere organizzazioni impegnate a traghettare in Europa clandestini africani e asiatici ma a patto che li sbarchino solo in Italia: se Roma avrà il coraggio di andare fino in fondo e bloccare gli accessi ai nostri porti alle navi delle Ong l’intero business verrà meno e cesseranno pure i finanziamenti poiché nessuna nazione europea è pronta ad accettare che i clandestini vengano sbarcati nei suoi porti.

“Penso che Italia e Francia debbano trovare una visione comune di fronte alla grande sfida che abbiamo davanti e che tutti noi dobbiamo dare una risposta all’immigrazione” ha detto il presidente del PPE, Manfred Weber, uscendo da palazzo Chigi dopo l’incontro con il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. “Abbiamo bisogno di una soluzione europea, che deve comprendere due aspetti: la protezione dei confini e la solidarietà europea, perché l’Italia non deve essere lasciata sola”, ha sottolineato Weber.

Affermazioni certo non nuove, pronunciate da decine di esponenti dell’Unione Europea negli ultimi anni ma finora rimaste lettera morta mentre il premier Meloni ha detto che “serve una missione europea per difendere i confini esterni europei” e “aprire in Africa gli hot-spot”.

 

Le opzioni sul tavolo

Temi anch’essi non nuovi ma sui quali sarebbe utile chiarirsi le idee. O si convince la Libia e la Tunisia a riprendersi immediatamente i migranti illegali salpati verso le coste italiane, oppure una missione navale europea sarà destinata a imbarcare clandestini e a sbarcarli in Europa.

L’Operazione Sophia venne di fatto sospesa nel 2019 perché la sua Fase 3, che Giorgia Meloni ha recentemente citato, non poteva venire attuata perché prevedeva l’ingresso delle navi Ue nelle acque libiche e l’impiego di truppe europee contro i trafficanti sulle coste della Tripolitania.

Azioni definite da Tripoli violazioni della sua sovranità e per questo mai autorizzate e che i libici non autorizzerebbero certo oggi che l’influenza turca in quella regione ha assunto anche una precisa e massiccia connotazione militare.

Libya Coast Guard

Libia e Tunisia non hanno mai accettato che gli hot-spot dove concentrare i migranti per esaminare le richieste di asilo in Europa venissero aperti sul loro territorio, per non trasformarsi da “paese di transito” dei flussi migratori illegali a “punto di arrivo”.

Non c’è quindi nessuna ragione per ritenere che Tripoli e Tunisi possano oggi cambiare idea. Meglio quindi puntare su accordi con questi due paesi che prevedano aiuti economici, il respingimento dei migranti illegali salpati dalle loro coste e il loro immediato rimpatrio nei paesi di origine con aerei messi a disposizione anche dalle agenzie dell’ONU. Meglio non dimenticare che nel 2011, durante il conflitto libico, un milione di lavoratori stranieri fuggiti in Tunisia vennero rimpatriati nei paesi d’origine con un ponte aereo gestito dalle Nazioni Unite.

 

E’ tempo di politiche nazionali

L’inettitudine della Ue impone le singole nazioni a elaborare soluzioni per la difesa dei confini cozza col nuovo boom di flussi illegali diretti verso il Vecchio Continente registrato recentemente da Frontex, l’agenzia europea delle frontiere che ha “certificato” come le navi delle Ong costituiscano un “pull factor”, cioè incoraggino i migranti illegali a salpare dalle coste libiche foraggiando così il giro d’affari dei trafficanti.

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Al tempo stesso l’impasse europea evidenzia quanto la politica dei singoli stati europei possa influire sui traffici di esseri umani. Da quando Malta ha siglato nell’agosto 2020 un accordo con Libia e Turchia i flussi di immigrati illegali verso il piccolo stato della Ue sono crollati e le imbarcazioni vengono riportate in Libia dalle motovedette di Tripoli.

Da quando la Grecia applica respingimenti verso le coste turche ha registrato il crollo dei flussi di clandestini, determinando così il boom delle partenze di imbarcazioni ben più grandi dirette sulle coste ioniche dell’Italia che dalla caduta del primo Governo Conte ha ripreso a spalancare porte e porti a trafficanti e Ong.

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Dall’inizio dell’anno all’11 novembre in Italia sono sbarcati poco più di 90 mila immigrati clandestini per buona parte provenienti da Egitto, Tunisia e Bangladesh, quindi migranti illegali ed economici che non fuggono né da guerre né da carestie o pestilenze, che non hanno alcun titolo per essere accolti in Italia.

L’anno scorso, nello stesso periodo erano 57.812, nel 2020 erano sbarcati in 30.981 ma il confronto più rilevante va fatto con il 2019.

A fine ottobre di quell’anno erano giunti in Italia in 9.648, un numero molto ridotto rispetto agli anni successivi ma più che doppio rispetto a metà agosto, quando cadde il governo giallo-verde e Matteo Salvini lasciò il Viminale. Da gennaio al 15 agosto infatti erano arrivati appena 4.269 clandestini e di questi molti erano stati fatti sbarcare in seguito a pressioni europee che avevano avuto buon gioco nell’indurre il premier Giuseppe Conte a dare la luce verde.

Il confronto tra questi numeri dimostra che una politica determinata a difendere i confini nazionali e a impedire a chi viola la legge di attraversarli ottiene ottimi risultati ma che appena questa determinazione viene meno l’Italia torna ad essere assalita dai flussi illegali gestiti dai trafficanti e dalle Ong che fanno capo (in termini di nazionalità, bandiere e finanziamenti) ai nostri “partner” europei.

Le iniziative del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi (nella foto sotto), e più in generale del governo italiano necessitano di tempo per consolidarsi specie dopo che il governo Conte 2 ha abrogato i Decreti Sicurezza varati da Salvini, ma i segnali della svolta sono già ben misurabili dalle reazioni scomposte che si registrano tra i nostri “partner” europei e in quelle organizzazioni che hanno incassato miliardi nel corso degli anni col business dei soccorsi e dell’accoglienza.

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Oltre alla fermezza con le Ong, i passi su cui il governo italiano sarà chiamato a consolidare la svolta nella lotta ai traffici di esseri umani saranno tesi a raggiungere maggiori intese con i paesi di partenza delle imbarcazioni per rafforzarne le capacità di intercettare le imbarcazioni appena salpate o di impedirne la partenza (la polizia tunisina ha bloccato in mare 15 barche  la notte tra il 2 e il 3 novembre con a bordo 354 clandestini, di cui 253 di vari paesi africani e 101 tunisini) ma anche per potenziare e velocizzare le espulsioni, ridotte ai minimi termini negli ultimi anni.

Un’iniziativa efficace a livello nazionale e ancor di più se venisse adottata da tutta la Ue, dovrebbe riservare l’accoglienza solo a chi presenti regolare domanda di asilo presso sedi diplomatiche italiane o della Ue nei paesi di residenza o limitrofi.

In caso di buon esito della domanda i migranti autorizzati verrebbero trasferiti senza rischi in Europa. Stabilire questa “via esclusiva all’asilo” consentirebbe al tempo stesso di vietare il diritto di presentare domanda di asilo o protezione a chiunque raggiunga le coste europee rivolgendosi a organizzazioni criminali o comunque in modo illecito.

@GianandreaGaian

Foto: Governo.it, Marina Militare, Guardia Costiera Libica e SOS Mediterranèe

 

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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