Ascesa e declino del drone turco Bayraktar TB-2 in Ucraina

 

L’Ucraina ha perso quasi tutti i droni d’attacco Bayraktar TB-2 di fabbricazione turca: lo ha riferito il 28 maggio il portale Business Insider citando Samuel Bendett, un esperto dell’American Center for Naval Analysis (CNA).

Secondo Bendett, i russi hanno abbattuto quasi tutti i Bayraktar a disposizione di Kiev e i pochi esemplari rimasti vengono utilizzati solo a scopo di ricognizione e sorveglianza. Gli UAV della turca Baykar operano con successo in assenza di una struttura di difesa aerea e di guerra elettronica.

«In quanto UAV relativamente lento che vola a bassa quota, il Bayraktar può diventare un bersaglio per sistemi di difesa aerea ben organizzati» – ha aggiunto l’esperto.

Il “mito” del Bayraktar TB-2 nasce con la guerra in Libia (utilizzati dalle forze di Tripoli con il supporto dei consiglieri militari turchi contro le forze dell’esercito Nazionale Libico del generale Khalifa Haftar) e si consolida nella seconda guerra in Nagorno-Karabakh (settembre-novembre 2020) quando i generali azeri studiarono una particolare tattica d’impiego della massiccia flotta di sempiterni biplani da trasporto Antonov An-2 “Colt” (nella foto sotto).

Velivoli  che venivano pilotati fino a poco prima di entrare nelle zone di difesa aerea di Erevan dopodiché i piloti si lanciavano col paracadute lasciando il velivolo con i comandi bloccati nel suo volo solitario.

Una volta agganciati dalle difese aeree armene erano i Bayraktar TB-2 a passare all’azione sulla postazione oramai localizzata. Con questa tattica gli azeri indussero gli armeni a sprecare i pochi e costosi missili 9M9331 (Sa-15) dei sistemi Tor-M2KM.

I Bayraktar fecero così strage di sistemi di difesa aerea e pezzi di artiglieria mostrando l’evidente potenzialità di un sistema senza pilota e dal costo notevolmente inferiore rispetto ad un aereo d’attacco. Già allora gli analisti russi capirono le incongruenze e le difficoltà della difesa aerea armena.

D’altra parte nel 2019 in Libia e nel 2021 in Siria erano stati mostrati anche dai media i relitti di Bayraktar TB2 abbattuti dal sistema missilistico di difesa aerea russo Pantsir-S1 gestito dai contractors della PMC Wagner ma fornito all’Esercito Nazionale Libico dagli Emirati Arabi Uniti.

Con lo scoppio del conflitto in Ucraina le forze di Kiev mostrarono con orgoglio i primi colpi messi a segno dal Bayraktar TB2 esaltandone  le gesta con la realizzazione di gadget, peluche, vodka e persino aiuole dedicate al drone turco.

Già il 28 febbraio i russi dichiararono di aver abbattuto due Bayraktar, seguirono dapprima i video delle azioni dei sistemi di difesa aerea, ma soprattutto le prime immagini dei rottami dei TB2 abbattuti già nei primi mesi di guerra, come quelle apparse il 17 marzo 2022, il 30 marzo, il 3 aprile, il 25 aprile, ben due esemplari il 27 aprile, il 28 aprile, il 30 aprile, il 1 maggio, il 7 maggio, il 23 maggio e ancora il 23 giugno 2022, senza contare i casi di “fuoco amico” e i droni turchi distrutti in volo dai piloti da caccia russi menzionati nelle motivazioni delle decorazioni.

Dopo quasi cinque mesi di guerra secondo Foreign Policy che citava alcuni piloti ucraini, l’uso del drone turco era etichettato come inutile per via del rafforzamento della difesa aerea russa che non lasciava alcuna possibilità al Bayraktar TB2- «Nel nostro caso è molto pericoloso utilizzare droni così costosi a causa della difesa aerea nemica. Questo non è l’Afghanistan» dichiarò una fonte.

I Bayraktar TB2, nonostante le numerose collette organizzate da Lituania, Lettonia, Canada, Turchia, Norvegia e Polonia per rimpinguare le scorte, vennero utilizzati solo per operazioni limitate principalmente nell’area dell’Isola dei Serpenti, nel Mar Nero mentre nel corso del conflitto gli abbattimenti proseguivano con tanto di prove fotografiche: il 10 luglio, il 23, il 24, il 25 e il 26 luglio, il 10 agosto e ancora il 4 settembre.

Come se non bastasse il 7 settembre 2022 un operatore ucraino fece atterrare deliberatamente un Bayraktar TB2 nel territorio controllato dai russi – un regalo notevole dietro un onorevole compenso – che probabilmente consentì di carpirne le frequenze per il pilotaggio facilitandone l’abbattimento con i disturbi elettronici che inibiscono il controllo del velivolo utilizzati dai sistemi C/UAS russi.

Così i russi, che avevano già abbattuto molti TB-2 in Libia con i Pantsir S1, hanno neutralizzato i droni turchi oggi ormai quasi scomparsi dal fronte. Gli abbattimenti divennero numerosi e un esemplare con numero di coda “403” venne esposto al Forum Army-2022 come trofeo di guerra assieme ad altre decine di armamenti terrestri e diverse tipologie di droni.

Ancora a gennaio 2023, a quasi un anno dall’inizio del conflitto continuavano ad arrivare le foto dei Bayraktar abbattuti. Appena un anno dopo i pochi Bayraktar residui operavano praticamente nei pressi dei confini occidentali con la Polonia, ben distanti dalla difesa aerea russa.

Ad aprile, il tenente generale Andrei Demin, Comandante delle Forze di difesa aerea e vice comandante in capo delle Forze Aerospaziali, affermava che più di 100 droni Bayraktar erano stati distrutti dall’inizio dell’Operazione Militare Speciale, numeri probabilmente gonfiasti dalla propaganda ma forse non poi così distanti dalla realtà.

Lo scorso maggio infine, le immagini di un drone in volo su Kiev rabbiosamente preso di mira da numerosi armi (incluse quelle di alcuni cittadini convinti che si trattasse di un velivolo russo) e infine abbattuto da un missile antiaereo spalleggiabile ucraino lanciato da un terrazzo. La stampa occidentale ne esaltò per questo motivo l’azione fino a quando le stesse Forze Armate ucraine dovettero ammettere che si trattava nientemeno che di un Bayraktar totalmente fuori controllo e per questo soppresso in volo.

Foto: Baykar, Ministero Difesa Ucraino, Esercito Nazionale Libico e Defense Express

Grafica: Clashreport

 

Maurizio SparacinoVedi tutti gli articoli

Nato a Catania nel 1978 e laureato all'Università di Parma in Scienze della Comunicazione, ha collaborato dal 1998 con Rivista Aeronautica e occasionalmente con JP4 e Aerei nella Storia. Dal 2003 collabora con Analisi Difesa occupandosi di aeronautica e industria aerospaziale. Nel 2013 è ospite dell'Istituto Italiano di Cultura a Mosca per discutere la propria tesi di laurea dedicata a Roberto Bartini e per argomentare il libro di Giuseppe Ciampaglia che dalla stessa tesi trae numerosi spunti. Dall'aprile 2016 cura il canale Telegram "Aviazione russa - Analisi Difesa" integrando le notizie del sito con informazioni esclusive e contenuti extra provenienti dalla Russia e da altri paesi.

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