Il ministro Mauro vuole più F-35

Il ministro della Difesa vuole aumentare il numero di F-35 par riportarlo vicino ai 131 esemplari inizialmente previsti anche se “sarà il Parlamento a decidere il numero di F35 da acquistare per l’aviazione militare, con un’asticella da collocare tra 90 e 131 aerei”. Lo ha affermato il ministro della Difesa, Mario Mauro, in visita al Salone aerospaziale parigino di Le Bourget, dopo la mozione presentata alla Camera da oltre 160 deputati per bloccare l’acquisto dei nuovi caccia Jsf. “Il Parlamento – ha detto – è impegnato per 131 aerei, è il ministero che ha proposto la riduzione a 90. Vedremo nel dialogo con il Parlamento dove si collocherà questa asticella. Sul piano strategico e del ritorno economico – ha sottolineato – l’ordine ha un senso sopra una certa soglia”. “La domanda da fare al ministro della Difesa  è se all’Italia serve un’aviazione militare. Io penso di sì, e con 90 aerei faremo il lavoro di 250. Ni rifaccio alla storia del Parlamento negli ultimi vent’anni: mi rifiuto di pensare che il Parlamento ha sempre sbagliato.

Il Parlamento è sovrano e spetta a me come ministro spiegare le buone ragioni di questo programma, che negli anni è stato più volte reiterato, anche con i voti del Pd. Questo programma  può riservare molte opportunità, mi auguro che il il dialogo parlamentare possa servire ad approfondire queste potenzialità”. Anche gli Eurofighter, ha aggiunto poi il ministro della Difesa dopo aver visto un caccia esposto al salone di Le Bourget, sono “egli aerei”  anche se l’ordine per la terza tranche fatto dal governo italiano è stato congelato nel 2010. E su questo Mauro non si è sbilanciato, affermando che se l’ordine sarà sbloccato” lo scopriremo vivendo, dipenderà da cosa faremo con gli altri. È un aereo del tutto diverso dall’F35”.

Le dichiarazioni di Mauro sono stsate accolte con entusiasmo da Lockheed Martin “Siamo onorati” del sostegno arrivato agli F-35 dal ministro della Difesa Mario Mauro, un programma che all’Italia oltre ai “12 miliardi” già previsti può produrre in futuro altri ritorni industriali “miliardari” e “benefici di lungo periodo” ha detto il capo del programma F-35 Steve O’Bryan, esprime la sua soddisfazione per la piega che sta prendendo la questione in Italia e ribadisce che per il Paese è un’ottima occasione di sviluppo industriale e tecnologico.

Circa lo stabilimento di Cameri (FACO), costato allo Stato italiano 800 milioni di euro e dove verranno prodotte le ali dei caccia e saranno assemblati dal 18 luglio gli F-35 italiani, O’Bryan sottolinea che “sarà anche l’hub logistico per il supporto in Europa e nella regione del Mediterraneo”. Un aspetto quest’ultimo che non rientra tra i ritorni economici attualmente previsti per l’industria italiani e quantificati in “12 miliardi di dollari”. Ritorni che, secondo il vice president F-35 program integration and business development del gigante della difesa statunitense, potranno significativamente aumentare “a partire dal 2017 quando ci sarà il ramp up produttivo” e “allora ci saranno opportunità per miliardi di dollari”.

Finora da parte italiana non c’è stata molta soddisfazione sui ritorni industriali e tecnologici soprattutto nel campo dell’elettronica per la difesa. Sul tema O’Bryan non si scompone e dice che “c’è assolutamente spazio perché’ il contributo italiano sull’avionica cresca. Noi abbiamo un accordo quadro strategico con Finmeccanica che comprende questa possibilità”. Quando ci sarà nel 2017 l’incremento per arrivare alla produzione seriale saranno scelti “i secondi fornitori” per l’avionica, che finora non sono stati scelti “in nessun altro Paese”.  Pià in generale sul programma O’Bryan dice di essere “consapevolmente ottimista”. “Dopo i problemi avuti tre anni fa ci siamo rimessi in carreggiata. Abbiamo già fatto 8000 ore di volo, abbiamo 65 aerei che volano, ne abbiamo realizzati oltre 85 aerei e stiamo costruendo il 125esimo” F-35. Inoltre, quest’anno ne consegneremo “almeno 36″. Siamo in un’ottima fase” dello sviluppo del programma in cui “stiamo accelerando i test sui sistemi d’arma e sull’avionica”. E poi un punto cruciale e che ha creato enormi polemiche, i costi: “Li stiamo tagliando.Dal primo anno di produzione al quinto – dice il top manager di Lockheed Martin – il costo si è ridotto di oltre il 50% e ci aspettiamo che questo trend continui. Dagli aerei che consegneremo dal 2020 ci aspettiamo che il prezzo dell’aereo sia di 85 milioni di dollari per un aereo completo, che equivalgono, tenendo conto dell’inflazione futura, a 75 milioni di oggi”.

Al Bourget anche Alenia Aermacchi ha riaffermato la strategicità del programma degli F35, al quale partecipa con la realizzazione di componenti del velivoli nei siti produttivi di Nola, Foggia, oltre che di Cameri. ”Credo che per Alenia Aermacchi non ci sono possibilità di non rimanere con un ruolo attivo nel programma degli F35”, ha messo in chiaro l’ad Giordo. Stare fuori ”sarebbe sbagliato, è troppo importante per il futuro dell’aeronautica militare. Bisogna stabilire meglio le condizioni di contorno ma i margini ci sono”. Sul tema è tornato anche il generale Claudio Debertolis, segretario generale della Difesa affermando che “dobbiamo darci da fare per aver più lavoro possibile, le polemiche che leggo sui giornali sono suicide”.

Con fonti Radiocor, Ansa e TMNews

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