L’ISIS estende il controllo sul Nord Iraq

I jihadisti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante hanno allargato il loro controllo in altre zone dell’Iraq settentrionale, compresa la provincia di Salahuddin e quella di Kirkuk, dopo che ieri hanno conquistato Mosul, capoluogo della provincia di Niniveh. Lo riferiscono fonti di polizia all’agenzia di stampa Anadolu, spiegando che oggi l’esercito si è ritirato da Tikrit, capoluogo della provincia di Salahuddin a 150 chilometri a nord di Baghdad e citta’ natale di Saddam Hussein, dopo che i miliziani dell’Isis avevano preso il controllo di alcune cittadine vicine. ”L’esercito si è ritirato rapidamente”, ha detto il capitano Omar al-Jabouri all’Anadolu. Il funzionario Taleb al-Biati da Suleiman Bek, cittadina nella provincia di Salahuddin, ha inoltre detto che i miliziani dell’Isis sono entrati dopo che la polizia ha abbandonato le sue postazioni. Al-Biati ha anche detto che diversi poliziotti sono rimasti uccisi o feriti negli scontri con i miliziani sulla via che collega Baghdad a Kirkuk.

L’emittente al-Arabiya aveva invece riferito di 15 soldati iracheni giustiziati da uomini dell’Isis nella provincia settentrionale di Kirkuk. ”I miliziani hanno preso il controllo del consiglio municipale di al-Shurqat, 300 chilometri a nord di Baghdad, e di diversi edifici della polizia”, ha detto il poliziotto Omar al-Jabouri all’Anadolu. Intanto una fonte della sicurezza nella vicina provincia di Kirkuk ha detto che uomini armati hanno preso il controllo di diverse sedi governative e della sicurezza. “Gli uomini della sicurezza hanno abbandonato le loro postazioni permettendo ai miliziani dell’Isis di avanzare nella provincia senza combattere e di prendere il controllo dei palazzi della polizia e dell’amministrazione locale”, ha detto una fonte all’Anadolu a condizione di anonimato. Anche il sindaco di Hawija, a circa 70 chilometri a sud ovest di Kirkuk, ha detto che la cittadina è nelle mani dell’Isis.

”Abbiamo abbandonato la città di notte – ha raccontato il primo cittadino Hussein al-Jabouri all’Anadolu. La polizia e l’esercito stavano difendendo i palazzi del governo, ma poi è arrivato l’ordine di ritirarsi, dando agli uomini dell’Isis la possibilità di catturare facilmente la città e tenere parate per le strade. Decine di miliziani dell’Isis hanno innalzato le loro bandiere sulle caserme della polizia e gli edifici del governo in città”. Anche altre zone della provincia di Kirkuk sono finite sotto il controllo dell’Isis, ha aggiunto.

Un aiuto al debole governo di Baghdad scendono in campo il regime siriano e i ribelli cosiddetti “moderati”  uniti per una volta dopo tre anni di guerra civile per combattere lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante. Damasco “è pronta a collaborare con l’Iraq per combattere il terrorismo, nostro nemico comune”, ha annunciato in una nota il ministero degli Esteri siriano, riaffermando l’asse tra la setta alauita di Assad e il governo sciita di Baghdad. Da parte loro, i ribelli dell’Esercito libero siriano, per lo più laici e sunniti moderati, hanno rivolto un appello alla comunità internazionale, e in particolare ad Arabia Saudita, Giordania, Emirati Arabi e Turchia, affinché li aiutino a combattere l’Isis nella provincia orientale di Deir Ezzor, al confine con l’Iraq.

Alla battaglia contro i qaedisti si è unito il potente imam sciita Moqtada al Sadr, che ha chiesto la formazione di “unità di pace” per difendere i siti religiosi in Iraq. Sadr, un tempo fiero oppositore all’invasione militare americana dell’Iraq con il suo temuto esercito Mahdi, ha detto di essere pronto a collaborare con il governo nella formazione delle unità “per difendere i luoghi santi” di musulmani e cristiani.

Il suo appello arriva dopo che il premier iracheno, Nuri al-Maliki, ha annunciato che il governo armerà i cittadini che si offrono volontari per combattere i miliziani qaedisti. Gli jihadisti dell’Isis mirano alla creazione di uno stato islamico al confine tra Siria e Iraq, un traguardo a cui si stanno pericolosamente avvicinando: “La perdita della provincia di Ninive crea un corridoio tra Anbar, Mosul e il confine siriano che renderà più facile il passaggio di armi, fondi e miliziani tra i diversi fronti di battaglia”, ha sottolineato John Drake, analista di sicurezza del gruppo “Ake”.
Abu Bakr al Baghdadi, leader dei jihadisti di Isis è il verop protagonista di questa offensiva in Iraq il cui successo senza precedenti minaccia di oscurare la fama di Osama bin Laden e dell’attuale capo di al-Qaeda, Ayman al-Zawahiri. Al-Baghdadi  è stato definito “il più potente leader jihadista”, “il nuovo Bin Laden” e anche “l’uomo più pericoloso al mondo”, ma l’uomo che comanda i miliziani dell9Isis rimane una figura poco conosciuta ed enigmatica. Come scrive oggi il Washington Post, molte delle cose che si sanno su al Baghdadi non sono attendibili e spesso è impossibile distinguere i fatti dalla nascente leggenda. A parte il fatto che sia lui a comandare l’Isil, risulta che sia uno stratega scaltro, uno spietato assassino e un uomo capace di raccogliere finanziamenti. Ma anche un uomo che, nell’arco di soli 12 mesi, è riuscito probabilmente a conquistare maggiore prestigio e influenza internazionale del leader di al Qaida, Ayman al Zawahiri. Gli Stati Uniti hanno posto sulla sua testa una taglia da 10 milioni di dollari.

“Il vero erede di Osama bin Laden potrebbe essere il leader di Isil, Abu Bakr al Baghdadi”, ha sottolineato David Ignatius del Wp, dopo aver appreso da un alto funzionario dell’intelligence Usa di quanto sia “più violento, più astioso e più anti-americano” rispetto ad al Zawahiri, più cauto e meno carismatico, tanto da strappargli combattenti in Yemen e Somalia. Nato a Samarra nel 1971 con il nome di Awwad Ibrahim Ali al Badri al Samarrai, di fede sunnita, al Baghdadi sostiene di essere un discendente in linea diretta del profeta Maometto. Stando a una biografia circolata tra i jihadisti, “è un uomo appartenente a una famiglia religiosa. Tra i suoi fratelli e i suoi zii figurano imam e docenti di arabo, retorica e logica”. Sempre stando alla biografia, al Baghdadi avrebbe conseguito lauree in studi islamici e storia; all’epoca dell’invasione statunitense in Iraq, nel 2003, faceva il predicatore nell’est del Paese, ma il caos seguito alla guerra lo spinse a dare vita a un proprio gruppo armato nella provincia di Diyala, che ha lasciato però poche tracce.

Le notizie su quello che è stato anche definito “il jihadista invisibile” cominciano a farsi più certe a partire dal 2005, anno in cui venne catturato dagli americani. Alla cattura seguono quattro anni di detenzione nel sud dell’Iraq dove, con molta probabilità, incontra e si addestra al fianco di combattenti di al Qaida. Nel 2010, a seguito dell’uccisione di diversi leader di al Qaida in Iraq, assume il comando dell’organizzazione, fiaccata dagli omicidi e dalla fine della guerriglia di matrice sunnita. Ma poi scoppia la guerra in Siria, che favorisce la riaffermazione dei jihadisti, anche se al Baghdadi preferisce tenere un basso profilo.

Nessuno sa dove si trovi e, si racconta, nella rare occasioni in cui incontra i prigionieri preferisce indossare una maschera. “L’ascesa di Isil a spese del movimento di Zawahiri segnala che dall’incubatrice terroristica siriano sta emergendo un nuovo e più pericolo ibrido che punta a far nascere uno stato spazzando via tutto quello che incontra sul proprio cammino – ha scritto Theodore Karasik dell’Istituto di analisi militare in Medio Oriente e Golfo – Isil punta a creare uno stato islamico da dove lanciare una guerra santa mondiale. Forse la guerra sta iniziando ora che l’Isil di Baghdadi ha eclissato al Qaida di Zawahiri”.

Con fonti Adnkronos, AGI e TMNews

Foto: AFP, web

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