Mille dollari, casa e moglie: la paga del soldato del Califfo

AdnKronos/Aki – Mille dollari al mese, o poco meno. Più benefit come auto, case, bonus sotto forma di denaro o cibo per le festività religiose e persino mogli. Questa la paga di un mujahedin che accetta di arruolarsi sotto il cosiddetto Stato islamico (Is), la formazione jihadista che controlla parti della Siria e dell’Iraq e contro la quale si è mobilitata la comunità internazionale. Uno stipendio allettante rispetto agli standard dei paesi della regione, monarchie del Golfo escluse, dove gran parte della popolazione guadagna poche centinaia di dollari e in molti lavorano saltuariamente o sono disoccupati. Il re giordano Abdullah II è stato tra i primi a lanciare l’allarme sul rischio che l’IS, oltre ad attirare gli estremisti per il mito del ‘califfato’, avvicini a sé anche persone più moderate, non necessariamente vicine all’ideologia jihadista, ma spinte dalla fame o dalla prospettiva di una paga regolare.

“I militanti dell’IS pagano i combattenti stranieri mille dollari al mese, l’equivalente di uno stipendio della classe medio-alta in Giordania”, ha affermato il monarca hashemita intervenendo di recente alla Clinton Global Initiative. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, un’ong vicina all’opposizione con sede a Londra, ogni combattente straniero riceve 800 dollari. Cifre inferiori in ‘busta paga’ invece per i combattenti siriani single che, sempre stando all’ong, guadagnano 400 dollari al mese. Qualcosa in più se il jihadista è sposato e ha figli e quindi deve badare al mantenimento della famiglia.

Anche l’autoproclamato califfato di Abu Bakr al-Baghdadi ha dunque un suo welfare. Per l’Eid al-Adha, la più importante festività islamica che si è celebrata la scorsa settimana, ogni combattente ha ricevuto in regalo un bonus in denaro e un agnello da sacrificare. “Molti dei nostri giovani di Raqqa (la capitale dell’IS in Siria, ndr) si sono uniti all’IS o per paura o per il salario che ricevono, circa 400 dollari. E’ un salario molto buono per noi qui”, spiegava di recente un negoziante di Raqqa, Abu Mohammed, in un’intervista al The Guardian.

Secondo la Banca Mondiale, il reddito pro-capite annuale in Siria è, infatti, di circa duemila dollari, poco più di 150 dollari al mese. Lo stipendio dell’IS è molto più sostanzioso e vicino agli standard occidentali per chi abbraccia la causa del califfato ma non presta il suo lavoro sul campo di battaglia, bensì dietro una scrivania o davanti a un pc. E’ il caso, ad esempio, di quanti si occupano della propaganda del califfato. “Mi hanno offerto 1.500 dollari al mese, più un’automobile, una casa e tutte le telecamere di cui ho bisogno”, ha spiegato al Financial Times un giovane siriano di circa 30 anni.

L’uomo non ha accettato il lavoro – ritiene la Siria un paese troppo pericoloso – ma la storia dimostra chiaramente il livello di risorse economiche a disposizione dell’IS. Le fonti di questa montagna di denaro? In prima battuta la vendita illegale di petrolio, attraverso oleodotti clandestini, in Turchia. Poi i riscatti originati dai rapimenti, il pizzo pagato dai commercianti nelle zone della Siria e dell’Iraq occupate e le donazioni con assegni a sette zeri di singoli simpatizzanti del Golfo. Secondo Gunter Meyer, docente dell’università di Magonza e tra i massimi esperti europei sul Medio Oriente, l’IS è “al momento l’organizzazione terroristica più ricca al mondo, con un patrimonio di circa due miliardi di dollari”.

Foto: Stato Islamico,

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