Forse ucciso il "vice califfo" al-Afri

Se trovasse conferma la notizia dell’uccisione del numero due dello Stato Islamico, Abu Ala al Afri, potrebbe rappresentare un duro  colpo per il Califfato dopo il grave ferimento due mesi or sono di Abu Bakr al-Baghdadi.

Al afri sarebbe morto nel raid aereo che ha colpito la “moschea dei martiri” nella zona di Tal Afar, situata nell’area desertica di Akram Qrbah, al confine tra Iraq e Siria a400 chilometri a nordovest di Baghdad: la regione è stata una delle prime a finire nelle mani degli jihadisti sunniti, il 9 giugno dello scorso anno.  Ad annunciare la morte di al Afri è stato il ministero della Difesa iracheno che ha citato “accurate informazioni di intelligence”, ma il Pentagono non ha tuttavia confermato la notizia smentendo incursioni aeree della Coalizione contro la moschea di Tal Afar. Oltre ad al Afri nel raid sarebbero rimasti uccisi alcuni comandanti dell’IS.

La scorsa settimana, la radio nazionale iraniana aveva annunciato la morte di al-Baghdadi, sostenendo che i membri dello Stato Islamico avessero già giurato fedelta’ ad al- Afri, predicatore ex insegnante di fisica, ma tale notizia non è mai stata confermata. Tuttavia, la possibile transizione ha spinto gli Stati Uniti a inserire alo-Afri nell’elenco delle persone ricercate con taglie milionarie, sotto il nome di Abd al Rahman Mustada al Qaduli. Secondo le testimonianze dei disertori dello Stato islamico raccolte dall’attivista e fondatore della rete Eye on the Homeland, Ahmad Abdulkader, sono inesatte sia le voci di una probabile morte di al-Baghdadi, sia quelle della nomina di Abu Ala al-Afri come suo sostituto. Secondo le autorità irachene, al-Baghdadi sarebbe rimasto gravemente ferito in un precedente attacco aereo.

Le cautele sono d’obbligo. Anche la recente notizia dell’uccisione dell’ex vice di Saddam Hussein, Ezzat al Douri, annunciata da milizie sciite, non è stata confermata ufficialmente ed in modo definitivo, visto che non sono stati resi noti i risultati dell’esame del Dna della vittime.

Tuttavia,  se la notizia della morte di al-Afri venisse confermata si tratterebbe di un innegabile colpo durissimo per il Califfato nero. E questo perché, a poche ore dall’annuncio della morte, circolano sui media arabi voci che fanno pensare ad un colpo ancora più pesante: la decimazione del vertice dell’organizzazione.

L ‘IS dal canto suo, ha reso pubblica una debole smentita. Una fonte, definita responsabile del Califfato in Siria, ha dichiarato al sito egiziano “Dotmasr” che “la fotografia mostrata dalle autorità irachene non è di al-Afri”. Una smentita definita “debole” dallo stesso sito egiziano. Sui social media jihadisti totale sconcerto e nessuna risposta alle numerose domande di sostenitori del Califfato sulla veridicità del “martirio di al Afri”.

Una altra notizia è stata riferita  dalla tv satellitare curda secondo la quale “nella notte, i peshmerga”, le forze regionali curde, hanno “arrestato 10 esponenti dell’Isis vestiti in borghese” in un villaggio vicino ad Ayaizia, la località dove era in corso il meeting colpito dal raid Usa.

Terzo elemento sottolineato  dai media iracheni, è che le immagini diffuse dal ministero della Difesa mostrano chiaramente che il missile lanciato da un caccia ha praticamente disintegrato la grande moschea al “Shuhada” (dall’arabo “Martiri”), dentro la quale si stava tenendo, secondo Baghdad, il meeting jihadista.

Il Comando centrale statunitense (CentCom), tuttavia, ha negato che un aereo della coalizione abbia colpito oggi una moschea nell’attacco in cui sarebbe stato ucciso Abu Alaa al Afari. Non ci sono notizie su cosa stavano discutendo  i leader jihadisti nel luogo di culto che sarebbe stato distrutto. Ma nei giorni scorsi molti media internazionali hanno parlato di una riunione del “Consiglio della Shura” dell’Isis, da tenersi questa settimana, per scegliere “un successore” del califfo al Baghdadi. Al-Afri, oltre ad essere stato indicato come il più probabile successore, è il presidente di questo Consiglio. O lo era.

A complicare ulteriormente la situazione ha provveduto l’ultimo messaggio audio di al-Baghdadi diffuso ieri che confermerebbe le cautele con cui il Pentagono aveva accolto le notizie sul suo grave ferimento diffuse da fonti di Baghdad.

Nell’audio il ‘califfo’ afferma tra l’altro che l’Islam “è una religione di guerra” e raccomanda “ai leoni del Califfato a Raqqa, Mosul, Aleppo e eroi dell’Islam” di essere “pazienti e determinati, e cauti perché i nemici di Allah si stanno mobilitando, crescono, e minacciano la gente di Mosul. Pensiamo che muoveranno prima verso Raqqa e Aleppo, poi Mosul. Siate cauti”.   Il messaggio, che  accenna ai principali teatri d’azione dell’IS, dallo Yemen alla Libia passando per Iraq e Siria, contiene minacce ai “crociati” e agli ebrei.

L’audio è accompagnato da traduzioni di testo in inglese, russo, turco, francese e tedesco.  Il messaggio è stato rilanciato anche dal SITE, il sito di monitoraggio del web islamico.

(con fonti ANSA, AGI e Askanews)

foto: TMNews, US DoD, UK MoD  e Stato Islamico

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