Dal Famas all’AIF: un nuovo fucile per l'Armèe

La notizia circola ormai da tempo. Il FAMAS (Fusil d’assaut de la manufacture d’armes de Saint-Étienne) avrà un successore e per la prima volta nella storia dell’Armée potrebbe essere un’arma made in Europe, non più francese tout court.

Oggi l’autonomia d’oltralpe nella produzione di armi da fuoco individuali, corte o lunghe, e in munizioni è tutt’altro che garantita. Eppure i francesi hanno avuto una grande scuola di manifattura nel settore. Dal fucile di fanteria del 1717 al FAMAS, si sono avvicendati nell’Armée il Modello 1777 di Gribeauval, il famosissimo Chassepot (1866), il Lebel, il MAS 36, il MAS 49 e la sua variante 49/56.

Tutti avevano un padre francese, come l’ideatore del FAMAS, generale Paul Tellié, scomparso poco meno di un anno fa. In quarant’anni di servizio, il suo fucile d’assalto è stato prodotto in 400.000 esemplari. Ha seguito ovunque le forze armate francesi, aggiornandosi col tempo.

La professionalizzazione dell’Esercito ha modificato i requisiti e il FAMAS si è adeguato. L’abbiamo visto evolvere prima in versione G2, fra i commando e i fucilieri della Marina, poi in FAMAS Valorisés e FAMAS FELIN (Fantassin à équipements et liaisons intégrés).

Ma non si poteva chiedere altro a un fucile concepito nel 1978. La manutenzione stava diventando sempre più problematica e costosa. Difficile correggere alcune vulnerabilità tecniche dell’arma o procurarsi celermente la componentistica necessaria. I francesi hanno tagliato corto e deciso di trovargli un successore, ribattezzato mediocremente come AIF (Arme individuelle future).

L’ultima legge di programmazione militare (LPM) 2014-2019 ha previsto l’acquisizione di 90.000 esemplari per le tre componenti di Forza Armata. E il bando pubblicato il 14 maggio 2014 ha definito meglio i requisiti di una gara finalmente europea.

Tutto si volge sotto lo sguardo vigile della Direzione Generale dell’Armamento (DGA) e in particolare dell’Ufficio centralizzato per le acquisizioni della direzione per le operazioni, in sigla DGA/DO/SCA. A luglio 2015, la revisione della LPM ha alzato addirittura l’asticella.

Gli AIF in requisito saranno 101.000 anziché 90.000. Con i fondi previsti fino al 2019, 21.340 AIF sono già coperti. Il bando prevede la fornitura di un fucile in calibro 5,56 NATO, sia in versione standard per le unità di fanteria, sia in versione corta per gli altri utilizzatori.

Il pacchetto comprende 38 milioni di cartucce da 5,56×45 mm e un gran numero di granate, fra cui 51.000 da 40×46 mm a bassa velocità, sia antipersonale che antiveicolo (AP/AV 40), 13.000 fumogene e 28.000 AC 58. Il vincitore della gara si conoscerà nella seconda metà del 2016 e le prime consegne dovranno partire nel 2017.

Dovrà operare sul territorio dell’Unione e avere una cifra d’affari media di 80 milioni di euro l’anno, fatturata negli ultimi tre esercizi, con una produzione già esistente.

Le due clausole estromettono ipso facto le piccole e medie imprese francesi, come la Verney-Carron che sta cimentandosi nel segmento militare, dopo essersi affermata nei fucili da caccia. Il ministero dell’Economia, a Parigi, sembra non demordere. Vorrebbe che il made in Francia primeggiasse tous azimuts.

Ma a questo giro, ha le ‘armi’ davvero spuntate. L’F-90 di Thales, appena uscito vincitore in Australia, ha pochissime chance. Come il FAMAS, ha una configurazione Bullpup, poco versatile. Nella gara in corso, si tratta di fornire un’arma comune a tre componenti, che ne faranno ovviamente un uso differente. I fanti hanno esigenze ad hoc, non sempre coincidenti con quelle di un fuciliere di marina o di altri.

Il tenente colonnello Stéphane Gouvernet lavora al programma FELIN alla sezione tecnica dell’Armée de Terre. Dalle colonne del Fantassins, la rivista della scuola di fanteria di Draguignan, spiega che: «l’AIF risponde anche al progetto di arma da difesa ravvicinata (ADR), un concetto di fucile corto, leggero e poco ingombrante, destinato agli equipaggi e alle unità di supporto».

Se ne deduce che le esigenze di massima precisione di un fante dovranno conciliarsi con la miniaturizzazione auspicata da un combattente imbarcato. Un altro dogma ineludibile per l’AIF è quello della ‘felinizzazione’ delle unità a terra.

L’arma deve potersi integrare con l’optronica, l’alimentazione, il sistema di visione e i requisiti di peso generali. Un fante FELIN ha un carico di equipaggiamento minimo di 45 chili, che scenderanno a 40 nello standard di prossima generazione V1.3.

E siamo già al limite del sopportabile in combattimenti ad alta intensità, come quelli avvenuti in Afghanistan o in Mali, se solo si pensi alle difficoltà operative nel massiccio dell’Ifoghas.

L’AIF avrà il suo ruolo operativo principale nel trattare obiettivi debolmente protetti fino a 400 metri, ma dovrà anche essere in grado di sparare le granate che abbiamo citato. Il cerchio si stringe e, nonostante le 11 candidature, i potenziali vincitori si contano sulle dita di una mano.

Si sa già che sono 5 i concorrenti selezionati per la gara: l’italiana Beretta, la tedesca HK, la belga FN, la svizzera SIG e l’azienda croata HS Produkt, che si è associata al rivenditore specializzato Sunrock. HS realizza il 98% della sua attività negli Stati Uniti, producendo per la più famosa Springfield. Nel suo portafoglio spiccano alcune pistole semiautomatiche e, soprattutto, il fucile d’assalto VHS-2.

Difficile possa spuntarla. A darsi battaglia vera saranno Heckler and Koch (HK), con la sua famiglia di HK416, FN Herstal che proporrà le molteplici varianti dello SCAR, e Beretta con l’ARX-160A3, già impiegato in Afghanistan con l’Esercito Italiano e le forze speciali albanesi.

Vale la pena ricordare che Beretta ha una filiale in Francia, la famosa Humbert a Veauche.E il duo Beretta -Humbert potrebbe farcela.

Gli ARX subiranno una fase di test in Francia e oltremare, perché i francesi vogliono provare il ‘nostro’ sia in unità, sia in scenari estremi, dal deserto al mare, dalla neve alla sabbia, al combattimento urbano, che significa massima versatilità dell’arma, resistenza agli shock, precisione del tiro e robustezza.

Il gioco vale la candela, visto che il contratto varrà almeno 400 milioni di euro e il fucile sarà adottato da una forza armata di primissimo rango mondiale. La pubblicità sarebbe garantita. Ma bisogna tenere conto che FN e HK sono molto agguerrite.

La prima ha piazzato le mitragliatrici M3M proprio in Francia, equipaggiando i commando della Marina e gli incursori del 4° reggimento elicotteri per operazioni speciali.

Il suo SCAR è imbracciato dalle forze speciali del 13° dragoni parà e dalle unità di polizia che proteggono le ambasciate.

Anche HK equipaggia già alcune unità francesi, con l’HK417, o G27P, utilizzato dall’élite della Polizia (RAID), dal GIGN della Gendarmeria, da alcuni commando della Marina e da quelli dell’Aeronautica (CPA), oltre che dalla Brigata delle forze speciali terrestri.

Inutile dire che l’azienda tedesca parte forse in vantaggio, anche se le forze speciali hanno esigenze diverse da quelle della fanteria classica, e non sono nemmeno dotate di sistemi FELIN. L’HK417 è già multinazionale, servendo come fucile di precisione in Olanda e in Regno Unito.

Lo usano le forze speciali tedesche stesse e l’arma comincerà ad equipaggiare anche le unità della Bundeswehr impiegate in missione, dopo lo smacco del fucile d’assalto G36, prodotto sempre da H&K.

Vista l’incapacità del G36 di reggere l’umidità e le temperature elevate, garantendo la precisione richiesta, il ministero della Difesa tedesco è corso ai ripari.

Il sottosegretario alla Difesa Katrin Suder ha appena annunciato l’acquisto di 600 HK417, camerati in calibro 7,62×51 NATO, per un ammontare di 18 milioni di euro (il contratto include anche 600 mitragliatricii MG 4) . Un primo lotto di 60 fucili sarà consegnato entro novembre, mentre i restanti 540 seguiranno da qui a metà 2016.

A fine anno, la Germania sceglierà fra un upgrade del G36 o un nuovo fucile d’assalto. Ma questa è un’altra storia.

Foto EMA, Getty Images,  Le Figaro, La Stampa, US DoD, G. Gaiani

Francesco PalmasVedi tutti gli articoli

Nato a Cagliari, dove ha seguito gli studi classici e universitari, si è trasferito a Roma per frequentare come civile il 6° Corso Superiore di Stato Maggiore Interforze. Analista militare indipendente, scrive attualmente per Panorama Difesa, Informazioni della Difesa e il quotidiano Avvenire. Ha collaborato con Rivista Militare, Rivista Marittima, Rivista Aeronautica, Rivista della Guardia di Finanza, Storia Militare, Storia&Battaglie, Tecnologia&Difesa, Raid, Affari Esteri e Rivista di Studi Politici Internazionali. Ha pubblicato un saggio sugli avvenimenti della politica estera francese fra il settembre del 1944 e il maggio del 1945 e curato un volume sul Poligono di Nettuno, edito dal Segretariato della Difesa.

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