Nuove missioni in Libia, Niger e Tunisia

da Libero Quotidiano dell’11 gennaio 2018

Nonostante le Camere siano già state sciolte, il Parlamento riaprirà i battenti il 17 gennaio per votare il decreto che rinnova le missioni militari all’estero, solitamente approvato anche da parte dell’opposizione. In tutto 33 operazioni effettuate in 22 Stati di tre continenti (Europa, Asia e Africa) con l’impiego di circa 7mila militari che nel 2018 saliranno a 35 operazioni ma con una riduzione dei militari mobilitati di almeno 500 unità.

Le novità sono rappresentate dal varo delle nuove missioni in Niger e Tunisia e dal rafforzamento di quella esistente in Libia. In Niger verranno schierati inizialmente 120 militari per istituire una base logistica e iniziare l’addestramento delle forze locali nell’ambito di un accordo bilaterale ma anche degli sforzi europei tesi a sostenere i paesi del Sahel nel contrasto ai movimenti jihadisti e ai traffici illeciti.

Nel secondo semestre dell’anno le truppe in Niger saliranno a 256 con punte fino a 470 (con un costo previsto di 49,5 milioni di euro nel 2018) ma è evidente che gli impegni in quel settore verranno decisi da nuovo governo.

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Pure la nuova missione in Tunisia, in ambito Nato con l’impiego di 60 militari e un costo previsto di 5 milioni,, sarà di addestramento e consulenza per costituire un comando interforze quanto mai necessario ai tunisini che sempre più spesso integrano militari, polizia e Guardia nazionale per gestire l’ordine pubblico e la minaccia jihadista.

La presenza in Libia verrà invece ristrutturata raggruppando l’attuale operazione Ippocrate (267 militari con un ospedale da campo a Misurata) con le diverse componenti italiane che curano l’addestramento e il supporto tecnico alle forze fedeli al governo di Fayez al-Sarraj.

Si tratta della manutenzione delle motovedette libiche impegnate a contrastare i flussi migratori illegali garantita dalla nave officina Capri (nella foto d’apertura) nel porto di Abu Sittah, delle attività dei tecnici dell’Aeronautica che stanno rimettendo in sesto gli aerei cargo C-130H libici e di un nuovo contingente di istruttori e consiglieri dell’esercito che addestreranno le milizie di Tripoli.

Quest’anno schiereremo in Libia 375 militari, un centinaio in più dell’anno scorso, per una spesa prevista di 34 milioni nei primi nove mesi dell’anno.

A quelle citate si aggiunge l’invio di appena 5 militari nelle missioni ONU nel Sahara Occidentale e Ue in Repubblica Centrafricana oltre al mantenimento degli impegni già assunti dall’Italia in altre aree del continente africano tra cui i 12 istruttori assegnati alla missione europea EUTM che addestra le truppe del Malì, i 123 militari schierati con gli stessi compiti in Somalia e i 90 a Gibuti.

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Le nuove missioni confermano la tendenza a concentrare gli sforzi militari alle “porte di casa”, nell’area tra Mediterraneo, Nord Africa e Sahel in cui jihadismo e traffici di esseri umani rappresentano le maggiori minacce per la sicurezza dell’Italia. Non sembrano infatti previste riduzioni delle missioni che vedono oltre 500 militari italiani schierati in ambito Nato in Kosovo (“culla” del jihadismo balcanico) e altri 1.100 dislocati con la forza Onu in Libano, lungo il confine sempre più caldo con Israele, né alle operazioni navali in atto nelle acque di fronte alla Libia come Mare Sicuro ed Eunavfor Med.

Semmai occorrerebbe che le forze navali italiane ed europee venissero impiegate per cooperare con la Guardia costiera di Tripoli (addestrata ed equipaggiata dall’Italia) nel riportare in Libia, invece di sbarcarli in Italia, i migranti illegali soccorsi in mare scoraggiando così ulteriori esodi dalla Libia e dal Sahel e favorendo i rimpatri dei clandestini a cura delle agenzie dell’Onu ampiamente finanziate da Roma.

Le nuove missioni italiane in Africa verranno bilanciate dal progressivo ritiro di forze schierate in Iraq e Afghanistan, che sono anche le missioni a maggior costo rispettivamente 301 e 174 milioni nel 2017 a cui sui aggiungono 120 milioni donati ogni anno a Kabul come contributo per sostenere le forze armate afghane.

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La sconfitta dello Stato Islamico sui campi di battaglia consentirà di dimezzare i 1.500 militari schierati tra Iraq e Kuwait lasciando a Baghdad ed Erbil un contingente di istruttori più 200 fanti a presidio della Diga di Mosul con il supporto di elicotteri e droni. Il ritiro riguarderà buona parte della quindicina di velivoli e la chiusura della base aerea in Kuwait tagliando così in modo considerevole i costi della missione.

Riduzione parziale, da 900 a 700 militari, anche per il contingente in Afghanistan Occidentale che addestra e appoggia le forze di Kabul grazie all’arrivo a Herat di altri contingenti della Nato.

Nel 2017 l’Italia spese per le missioni all’estero 1,43 miliardi inclusi i fondi per la cooperazione allo Sviluppo della Farnesina. Per il 2018 il decreto prevede 1,5 miliardi ma il 17 gennaio il Parlamento approverà le missioni all’estero solo fino a settembre poichè manca al momento la copertura finanziaria per l’intero anno.

Entro la fine dell’estate il fabbisogno finanziario potrebbe ridursi poiché i risparmi sulle missioni in Iraq e Afghanistan, da cui ritireremo 900 militari e molti mezzi, dovrebbero compensare ampiamente i 125 milioni necessari a finanziare le nuove missioni, inclusa quella che orevede l’invio di 8 caccia Typhoon a pattugliare lo spazio aereo dei Paesi Nato privi di jet da combattimento.

@GianandreaGaian

Foto: Difesa,it e Ansa

 

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Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal 1991 al 2014 ha seguito sul campo i conflitti nei Balcani, Somalia, Iraq, Afghanistan, Sahara Occidentale, Mozambico e Sahel. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche. Ha scritto diversi libri tra cui "Iraq Afghanistan, guerre di pace italiane", “Immigrazione, la grande farsa umanitaria” e "L'ultima guerra contro l’Europa". Presso il Ministero dell’Interno ha ricoperto dal 2018 l’incarico di Consigliere per le politiche di sicurezza di due ministri e un sottosegretario.

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